26/01/2025

VANINA GUARRASI, UN VICEQUESTORE A CATANIA

Come sapete, solitamente prima leggo i libri di una “serie” e poi, spesso solo per curiosità, guardo la fiction che ne viene tratta…Nel caso di “Vanina – Un vicequestore a Catania”, invece, ho fatto il contrario. Avevo già, infatti, sui miei scaffali il primo libro di Cristina Cassar Scalia, pronto per essere letto ma i palinsesti televisivi hanno i loro tempi e hanno mandato in onda la serie prima che io potessi aprirlo! Beh! Sarà per gli attori, tutti bravissimi, fra i quali spiccano la bellissima Giusy Buscemi e l’affascinante Claudio Castrogiovanni (adoro entrambi e li ho apprezzati in tutti i film/serie in cui hanno recitato!!!), sarà per l’ottima regia di Davide Marengo, sarà per la capacità di farti sentire parte della scena, in una delle amene viuzze o piazze di Catania…fatto sta che la fiction mi è molto piaciuta. Inutile dire che, dopo aver visto il primo episodio, mi sono buttata a capofitto nella lettura di “Sabbia nera” e…l’ho divorato in tre giorni feriali (lo specifico perché se lo avessi letto nel fine settimana avrei impiegato molto meno!!!). Ma partiamo dall’inizio...Da un po’ di tempo leggevo 
qua e là recensioni molto positive sull’autrice, Cristina Cassar Scalia. Siciliana, classe 1977, medico oftalmologo, ha esordito come scrittrice una decina di anni fa, scrivendo romanzi ambientati nella “sua” incantevole Sicilia. Il vero successo, però, arriva nel 2018, quando si dedica al giallo-poliziesco e crea il personaggio che la renderà famosa: Giovanna Guarrasi, detta Vanina, vicequestore a Catania. Vanina è siciliana doc, molto “tosta”, e si è dovuta far strada e imporre, non senza fatica, in un ambiente notoriamente maschilista. All’età di quattordici anni ha assistito all’omicidio dell’amatissimo padre, l’ispettore Giovanni Guarrasi, da parte di un commando mafioso e, successivamente, è entrata in Polizia per vendicarlo; una volta presi i colpevoli e chiuso il caso, decide di lasciare Palermo, sua città natale, ed il suo ex fidanzato, Paolo Malfitano, magistrato impegnato contro la mafia. Forte, determinata, intelligente e testarda, a volte irruenta e un po’ scontrosa, Vanina è sempre “vera”, passionale e sa essere simpatica ed empatica e questo la aiuta moltissimo nello svolgimento del suo lavoro. Si sforza quotidianamente di non mostrare la sua sensibilità e le sue fragilità e di “tenere a bada” le ferite profonde del suo passato, che ancora le fanno
male e che, spesso, le impediscono di dormire. Attorno a lei gravitano una serie di personaggi, più o meno “secondari”, che occupano ciascuno un posto ben preciso e contribuiscono a rendere più ricca ogni pagina. C’è l’amica del cuore, l’avvocato Giuli De Rosa, festaiola e perennemente alla ricerca dell’anima gemella, la vicina di casa, Bettina, sempre attenta e premurosa nei suoi confronti, che le prepara spesso dei piatti della cucina siciliana per non farle saltare la cena, e si arriva, poi, ai componenti della sua squadra alla Mobile. E qui troviamo l’esperto Carmelo Spanò, ispettore capo e braccio destro di Vanina, profondo conoscitore di Catania e di tutto ciò che si “muove” al suo interno, il sovrintendente Domenico Nunnari, detto Mimmo, sempre disponibile per tutti e per tutto, appassionato di marines, tanto da vestirsi come loro, e segretamente innamorato della collega, Marta Bonazzoli, ispettrice motociclista e vegana, trasferitasi da Brescia a Catania per amore (non di Mimmo, ovviamente!) ed infine Salvatore Lo Faro, intraprendente agente che cerca sempre di mettersi in mostra e di fare colpo su Vanina(…senza riuscirci in alcun modo!). A completare il “gruppo” ci sono Tito Macchia, dirigente della Squadra Mobile di Catania, soprannominato il “Grande capo”, sia per i gradi che per la statura, Adriano Calì, l’elegantissimo medico legale e grande amico di Vanina e Giuli, e Biagio Patanè, commissario in pensione che spesso offre un prezioso contributo alle indagini, con “l’archivio storico” che ha in testa! Non so se faranno un’altra stagione della fiction (ed in tal caso la guarderò) ma sicuramente leggerò anche gli altri libri di questa autrice che ha inserito un’altra grande protagonista nelle pagine dei suoi romanzi: Catania! Sì, perché la città non è solo uno sfondo…diventa un vero e proprio personaggio, con la sua voce, il suo carattere, le sue abitudini e perfino i suoi “capricci”. E Vanina, a poco a poco, impara a conoscerla e a viverci, a sentire il suo cuore, ad ascoltare i suoi rumori e i suoi umori, a captare i suoi odori e, soprattutto, a gustare i suoi sapori! Già, avete capito bene: gustare! Finalmente! Finalmente una protagonista che ama mangiare, che mangia praticamente sempre, che ha sempre fame! Un personaggio degno di questo blog! Vanina fa colazione al bar o arriva
in ufficio mangiando una mega brioche, fa un break per gustarsi un cannolo o un gelato, in pausa pranzo va in trattoria e mangia primo, secondo, contorno e dolce, fra un interrogatorio e l’altro mangia un pezzo di focaccia, mentre torna a casa la sera si ferma in una rosticceria e prende qualcosa di goloso per cena…e quando non ci riesce trova Bettina ad aspettarla con una pasta alla Norma o una scaccia calda, pronta da mangiare. Insomma, è una persona che ama mangiare e lo fa con gusto…basta non chiederle di cucinare, perché in quello è proprio negata! Non è stato facile scegliere quale dei tanti appetitosi piatti che lei consuma, e che sono citati nel libro o mostrati nella fiction, proporre in questo post (…del resto si parla di cucina siciliana e l’imbarazzo della scelta è normale…). Alla fine, però, ho optato per le scacce ragusane preparate da Bettina. Sì, ragusane…non catanesi. Pare che ogni città abbia la propria versione e io ho scelto, come Bettina, quella ragusana. Eccovela!

RICETTA SCACCE RAGUSANE

Ingredienti per due scacce: 500 g semola di grano duro - 220 g acqua - 50 g olio evo - 7 g lievito di birra - 6 g sale - 250 g passata di pomodoro - 200 g caciocavallo - basilico, olio evo, sale e pepe     

Prepariamo l’impasto: in una ciotola, o in planetaria, mettiamo la semola di grano duro e gran parte dell’acqua e mescoliamo con un cucchiaio. Copriamo e lasciamo riposare per 20 minuti. A questo punto, aggiungiamo il lievito sbriciolato e ancora un pochino d’acqua. Impastiamo, quindi inseriamo il sale e l’acqua rimasta e lavoriamo per qualche minuto. Infine, aggiungiamo l’olio evo e lavoriamo fino a farlo assorbire all’impasto. Copriamo e lasciamo lievitare per 12 ore in frigorifero. Dividiamo l’impasto in due parti e lasciamo riposare per mezz’ora a temperatura ambiente. Con il matterello, stendiamo un panetto sul piano infarinato, fino ad ottenere una sfoglia sottile di forma rotonda (dev’essere sottile come fosse pasta all’uovo). Spalmiamo un velo di passata di pomodoro sulla sfoglia, lasciando pulito 1 cm dal bordo. Distribuiamo sopra del caciocavallo a dadini e pieghiamo
i lembi esterni, sue due lati, verso il centro. Spalmiamo con altra passata e distribuiamo del caciocavallo. Pieghiamo ancora a libro e ancora condiamo con passata e caciocavallo. Ripieghiamo a metà e finiamo con abbondante olio evo in superficie. Lasciamo lievitare per 1 ora, quindi cuociamo in forno caldo a 220° per 25 minuti. 
Sfornate e servite, accompagnandole con una birra ghiacciata, come fa Vanina, o con un bicchiere di buon vino. Mi raccomando, però, lasciatele raffreddare un pochino prima di gustarle, perché all’interno sono bollenti! Se volete potete anche provare la versione catanese, che prevede un ripieno di acciughe, olive e “tuma”, un formaggio tipico locale. In ogni caso fate attenzione: pare che creino dipendenza! Buona degustazione e alla prossima!




      

17/11/2024

LA SQUILLO E IL DELITTO DI LAMBRATE – LA PRIMA INDAGINE DI MARGHERITA GRANDE

Classe 1939, Dario Crapanzano è uno dei più famosi giallisti italiani. Dopo una laurea in Giurisprudenza e un diploma all'Accademia di Arte Drammatica (compagno di corso di Mariangela Melato) lavora in campo pubblicitario per poi esordire come scrittore nel 1967, con la guida sentimentale “A Milano con la ragazza...e no”. Il successo, però, insieme alla notorietà arriveranno solo nel 2011, quando Crapanzano decide di creare il personaggio del commissario Mario Arrigoni, che sarà protagonista di nove indagini in altrettanti romanzi. Nel 2018, invece, scrive il primo dei due libri che raccontano le vicende e le indagini di Margherita Grande, personaggio decisamente originale. Entrambi, Arrigoni e Margherita, si muovono nella Milano degli Anni Cinquanta, quelli della ricostruzione, dove ci si muove ancora con poche macchine nella nebbia che avvolge tutto e tutti. Milano è la protagonista principale di tutti i romanzi di Crapanzano a partire dai titoli e ci si ritrova all’ombra della Madonnina in ogni pagina. Vi parlerò in un’altra occasione del commissario Arrigoni, perché ho deciso di presentarvi prima la figura di Margherita Grande. Sono solo due i romanzi che la vedono protagonista: “La squillo e il delitto di Lambrate”, e “Una contessa a Chinatown”. Crapanzano, infatti, morto nel 2020 nella sua abitazione milanese, non ha potuto scriverne altri. Io ho letto il primo, per ora, ed è di questo che vi scrivo oggi. Siamo nel 1951 e la bella Margherita sbarca il lunario facendo la cameriera. La guerra le ha portato via i genitori e lei si ritrova, appena ventenne, a dover mantenere i due fratellini più piccoli e l’anziana nonna. La sua intelligenza, la sua vivacità, la sua bellezza e la sua innata eleganza, però, non passano inosservate e ben presto le viene proposto qualcosa di diverso e molto ben remunerato...quello che viene chiamato “il lavoro più vecchio del mondo” … E così, tenendolo
nascosto alla famiglia ed ai tanti amici e conoscenti, Margherita diventa una squillo d’alto bordo, in una lussuosa casa di via Monte Rosa. La signora che l’ha assunta ha capito subito le sue potenzialità e la trasforma, in poco tempo, in una delle ragazze più ambite dai clienti altolocati che frequentano la sua esclusiva casa di appuntamenti. Margherita, inizialmente titubante, mette a tacere la sua ritrosia e la sua coscienza davanti ai primi guadagni, che le permettono non solo di vivere meglio ma di far studiare i suoi fratellini, garantendo alla sua famiglia una vita tranquilla e dignitosa. Un giorno scopre che una delle sue amiche d’infanzia è accusata dell’omicidio del fidanzato, capo di una banda della ligera, la malavita milanese. Convinta della sua innocenza, si imbarca senza alcun indugio in un’indagine che la porterà a scoprire segreti di persone losche e di altre apparentemente “per bene”. Fra un appuntamento e l’altro, Rita (come viene chiamata dagli amici) riesce così a sbrogliare un’intricata matassa, fatta di tradimenti, bugie e sottili abusi di potere. Grazie alle sue conoscenze altolocate, arriva a sottoporre il risultato delle accurate e solitarie indagini al vicequestore, che rimane sbalordito dalle sue capacità investigative e dal suo acume…oltre che dalla sua bellezza, ovviamente! Il libro mi è piaciuto molto e vi confesso che l’ho letto tutto in un pomeriggio: ve lo consiglio proprio! La scrittura è scorrevole e “leggera”, coinvolge dall’inizio alla fine e sicuramente Margherita, al centro di alcuni divertenti siparietti, è capace di conquistare il lettore fin dalle prime righe. Ogni personaggio, anche quello che compare solo brevemente, è ben caratterizzato e occupa un suo specifico spazio. Per quanto riguarda il gusto, vengono citati qua e là dei piatti e delle bevande ma nulla di particolare…quindi ho deciso di proporvi una ricetta che è proprio solo milanese. Un dolce che parla in meneghino: il pan mejno o pan de mej (pane di miglio in dialetto milanese).

Conosciuto anche come pane dei poveri, è un dolce tipico lombardo, in particolare della cucina milanese. Si tratta di fragranti biscotti a base di farina 00 e farina di mais, aromatizzati con fiori di sambuco essiccati, che conferiscono loro un aroma fresco e leggermente erbaceo. L'origine del dolce non è certa, ma pare che il nome derivi dal miglio, cereale largamente utilizzato nell'antichità per produrre il pane. La leggenda narra che, con il passare del tempo, il "pane di miglio" si sia trasformato in una sorta di focaccina dolce, preparata tradizionalmente il 23 aprile per celebrare San Giorgio, protettore dei lattai, i quali offrivano per l'occasione tazze di panna da accompagnare al pan de mej. Un'altra versione racconta, invece, che il pan meino venne inventato nel XIV secolo nelle campagne milanesi per festeggiare la vittoria di Luchino Visconti sui briganti. Qualunque sia la sua origine, sta di fatto che da secoli non c’è giorno di San Giorgio in cui un vero milanese non mangi almeno un pan mejno inzuppato nella panna fresca (…anche se, a mio avviso, non è necessario limitarsi a gustarlo solo una volta all’anno)!!! Nel tempo molti pasticceri e fornai hanno apportato delle modifiche alla ricetta, mettendo l’anice o utilizzando solo la farina gialla, facendoli più grandi o più piccoli, togliendo lo zucchero a velo e aggiungendo del cacao…La ricetta che vi propongo è quella originale, che vuole tassativamente i fiori di sambuco. Io ho faticato un pochino a trovarli ma poi è venuta in mio aiuto la mitica signora Betty, che me li ha procurati e alla quale dedico questa preparazione, ringraziandola di cuore!

RICETTA DEL PAN DE MEJ

Ingredienti (per 18/20 biscotti): 200 gr farina 00 – 300 gr farina di mais (meglio se fioretto) – 150 gr burro – 150 gr zucchero semolato – 3 uova – 16 gr lievito per dolci – 1 cucchiaino di estratto di vaniglia (o una bustina di vanillina) – un pizzico di sale – zucchero a velo e semolato – fiori di sambuco essiccati

In una ciotola lavorate uova, zucchero ed estratto di vaniglia con le fruste elettriche fino a ottenere una massa gonfia e spumosa. Unite il burro, precedentemente sciolto e lasciato raffreddare, e un pizzico di sale. In un altro recipiente unite le farine e il lievito, mescolatele insieme e poi setacciate il tutto direttamente nella ciotola con gli ingredienti liquidi.  Amalgamate il tutto fino ad ottenere un impasto compatto e poco appiccicoso. Coprite con pellicola e riponete in frigorifero per una mezz'ora. Trascorso il tempo necessario, prelevate delle porzioni di impasto e formate delle palline di circa 60 grammi ciascuna. Appiattite ogni sfera per ottenere dei dischi di circa 9 cm di diametro e adagiateli su una leccarda rivestita di carta forno, facendo attenzione a tenerli distanziati. Cospargete ogni biscotto con un pochino di zucchero semolato, una spolverata di zucchero a velo e dei fiori di sambuco. Cuocete in forno statico, preriscaldato, a 180° per 15/20 minuti. Una volta sfornati, lasciateli raffreddare e, al momento di servirli, cospargeteli con altro zucchero a velo (se conservati in un contenitore ben chiuso si possono mantenere fino a 4 o 5 giorni…se resistete!!!).

Come vi dicevo, tradizione vuole che si gustino con la panna fresca ma c’è chi li preferisce nel latte o con il vino…decidete voi come e quando ma vi consiglio di provarli in qualsiasi stagione e magari leggendo un bel libro! Buona degustazione e alla prossima!


  

27/10/2024

IL CLUB DEL CRIMINE E IL COMPLICATO CASO DEI CIOCCOLATINI AVVELENATI

 Grazie ad una carissima amica, che me lo ha regalato, è arrivato nelle mie   mani il libro “Il caso dei cioccolatini avvelenati”, pubblicato da “Polillo   editore” nella serie “I bassotti – Mystery Collector’s Edition” e scritto da   Anthony Berkeley Cox, scrittore britannico di libri gialli, nato nel 1893.   Berkeley Cox iniziò a scrivere nel 1925, quasi per gioco e con uno dei suoi   tanti pseudonimi ma, dopo il successo ottenuto, decise di dedicarsi alla   letteratura gialla, sia come scrittore che come critico. Nel 1928 fondò a   Londra il celebre Detection Club, al quale aderirono giallisti del calibro di G.   K. Chesterton, Agatha Christie, Dorothy L. Sayers, Freeman Wills Crofts e negli anni Trenta lavorò come recensore sulle pagine del Daily Telegraph. Nel 1939   Berkeley cessò la sua attività letteraria, limitandosi a quella di critico per The Sunday Times. Il suo nome, però, resterà per sempre legato a quella che viene detta “Età d’oro dei libri gialli”. Nel panorama di questo genere letterario, infatti, è considerato uno degli autori più importanti, insieme al suo personaggio più famoso, Roger Sheringham, protagonista di dieci romanzi, il più conosciuto e apprezzato dei quali è “The Poisoned Chocolates Case” (1929), in Italia intitolato, appunto, “Il caso dei cioccolatini avvelenati”. 

La trama è interessante…Il presidente dell'esclusivo Club del Crimine, Roger Sheringham, ha un’idea per vivacizzare le assemblee, ultimamente un po' noiose. Perché non indagare su un caso vero, un caso reale che ha scosso l'opinione pubblica…un caso di omicidio? Tramite le sue conoscenze altolocate, è riuscito ad avere il permesso per fare questa “esercitazione” direttamente da Scotland Yard e, dopo aver riunito tutti i soci, presenta l'ispettore capo Moresby, il quale si mette a raccontare come sono avvenuti i fatti. “Il 15 novembre Sir Eustace Pennefather ha ricevuto una scatola con un biglietto di accompagnamento. Nel biglietto c'era scritto che l'importante ditta di dolci Mason & Sons voleva un parere, da lui, a proposito di nuovi cioccolatini appena creati. Sir Pennefather odia i cioccolatini, per cui li regala al socio del suo circolo ricreativo, il giovane e ricco Graham Bendix. (N.B. Il biglietto accluso alla scatola di cioccolatini e la confezione che l'avvolgevano, vengono gettati nel cestino dell'immondizia). Bendix porta la scatola di cioccolatini a casa da sua moglie e mentre lui ne assaggia solo un paio, sua moglie ne mangia otto o nove. Dopo poco l’uomo torna al circolo, e si sente male, mentre sua moglie, a casa da sola, muore. Il sospetto cade immediatamente sui cioccolatini che, dopo accurate analisi, si confermano essere stati avvelenati. Chi è stato? E perché? E a chi erano destinati?”
Moresby lascia tutte queste domande in sospeso, risvegliando la curiosità dei membri del club. Afferma, inoltre, che Scotland Yard ha ufficialmente chiuso il caso, dichiarando che i dolci sono stati avvelenati da un pazzo sconosciuto e che fu solo la “sorte avversa” ad averli fatti finire nelle mani (e nello stomaco) dei coniugi Bendix, provocando la tragica morte della giovane donna, colpevole solo di troppa golosità. In realtà l’ispettore non è convinto che la soluzione possa essere così “banale” e decide di svelare al Club tutti i particolari, compresi quelli non ufficiali, confidando nell’acume dei vari soci per poter risolvere il complicatissimo caso. Il Club del Crimine è composto da menti brillanti: Sir Charles Wildman, avvocato di vecchia scuola, Mabel Fielder-Flemming, commediografa, Morton Harrogate Bradley, scrittore di gialli, Alicia Dammers, scrittrice di romanzi, Ambrose Chitterwick, ometto anonimo e timidissimo e Roger Sheringham, scrittore e presidente del Club. Congedato Moresby e rimasti soli, i soci si accordano su come affrontare e risolvere questo “affascinante” caso di omicidio. Le regole sono semplici: ognuno potrà lavorare a questa esercitazione come meglio crede e, a turno, esporre le proprie teorie e conclusioni al resto dei soci. Tutti loro, uno alla volta, portano a termine il compito e ciascuno  espone la propria teoria, basata su quanto acquisito da Moresby e da ulteriori indagini svolte personalmente e segretamente. Le teorie sono tutte diverse e portano a diverse possibili soluzioni con altrettanti colpevoli…chi ha ragione? Chi è stato ad avvelenare i cioccolatini? Ovviamente non posso svelarvi niente! Se volete scoprire la soluzione e capire chi è il colpevole, dovrete leggere il libro. Vi avverto, però, non è facile da trovare e non è un genere che può piacere a tutti. Il racconto, infatti, risulta per certi versi un po’ statico…pagina dopo pagina si “ascoltano” le varie versioni dei soci, le loro indagini, i ragionamenti e le intuizioni che li hanno portati a puntare il dito contro questa o quella persona…non ci sono pedinamenti, inseguimenti, sparatorie, colpi di scena…solo ed esclusivamente le riunioni del Club in ciascuna delle quali, uno alla volta, i soci espongono le loro teorie. Se vi piace il genere o se siete semplicemente curiosi di conoscerlo, allora vi consiglio vivamente questa lettura…naturalmente sarebbe ottimale, mentre si sfogliano le pagine e si avanza nella trama, avere a portata di mano una tazza di tè caldo e una bella scatola di cioccolatini. Fate attenzione, però: comprateli voi e verificate che la confezione sia integra…è sempre meglio stare tranquilli e non correre rischi!!!!

Buona lettura, allora, e alla prossima!!!