15/06/2022

CHANTAL CHIUSANO: UN COMMISSARIO CON LA PASSIONE PER L’ARTE

Letizia Triches, Roma classe 1949, è una scrittrice e storica dell’arte. Laureata nel 1972 in Lettere Moderne con specializzazione in Storia dell’arte, fino alla fine degli anni Novanta ha svolto la sua attività professionale in ambito storico-artistico, ha insegnato e ha curato cataloghi per importanti esposizioni di arte contemporanea. A partire dal 2000 inizia a scrivere romanzi gialli con protagonista Giuliano Neri, un restauratore che collabora con le forze dell’ordine. Si tratta sicuramente di un personaggio originale e interessante…e non appena leggerò uno dei libri della sua “serie” ve ne parlerò in modo specifico. Oggi, invece, voglio parlarvi di  un altro personaggio, il commissario Chantal Chiusano, creato dalla Triches quasi vent’anni dopo, nel 2019. Di origini ischitane, vedova di un pittore, il commissario Chiusano ha ereditato dal suo defunto marito la passione per l’arte e una modalità che si può definire “artistica” nel condurre le indagini criminali. Trasferitasi a Roma per fare i conti con un oscuro passato, nel primo romanzo che la vede protagonista, “Delitto a Villa Fedora”, si ritrova ad indagare sul brutale omicidio di Liliana Fusco, componente di una ricca e nota famiglia di cineasti. La villa (Fedora appunto) si trova nell’esclusivo quartiere Coppedè e da set cinematografico, allestito per girare un film sul famoso sceneggiatore Alberto Fusco, bruscamente si trasforma nella scena di un delitto, perpetrato con ferocia non comune.
Il commissario Chiusano, affiancata dall’ispettore Ettore Ferri e dall’anatomopatologo Giovanni Pozzi, sarà costretta a scavare nel passato della famiglia Fusco, scoperchiando un vaso di Pandora tenuto chiuso da tutti i suoi membri, ciascuno dei quali custodisce un segreto e serba rancore nei confronti degli altri. La narrazione diventa quasi “doppia”, così come le indagini e si sviluppa su due livelli temporali…si passa dall’oggi della morte di Liliana (la vicenda si svolge nel 1992) al 1974, anno della morte di Alberto. Come per un misterioso disegno, il punto di partenza e di arrivo di tutte le piste è sempre la villa. Ed è proprio lì che la Chiusano troverà la chiave per risolvere il caso e chiudere finalmente il sipario su una storia che si trascina da quasi due decenni e che, in un modo o nell’altro, ha influenzato la vita dei Fusco. Il libro ha uno stile molto particolare e, nonostante la complessità della
trama e i continui flashback, è scorrevole e coinvolgente. Voglio assolutamente approfondire la “conoscenza” del commissario Chiusano e incontrare il dottor Neri…ciò significa che cercherò di leggere anche le altre opere di Letizia Triches…ovviamente vi aggiornerò non appena l’avrò fatto e vi invito a fare altrettanto! Nel frattempo vi assicuro che a Villa Fedora non si può proprio parlare di gusto o di piatti particolari…e se non fosse per le zuppe o i dolci che le prepara la sua vicina di casa, la stessa Chantal salterebbe spesso i pasti… A volte apre il freezer e si prepara un piatto surgelato, altre volte l’affascinante Pozzi la invita in una delle tante trattorie e salva il suo stomaco dal digiuno o dai cibi improponibili…Per il resto, almeno in questo primo romanzo, l’unico piatto di cui si parla a parte una pasta con la pajata che però, chiedo scusa, non vi proporrò mai!!!) è una frittata accompagnata da spinaci lessati…che mi assale una tristezza enorme solo a pensarci!!!! Così, per reagire all’atmosfera cupa che pervade Villa Fedora e non ammazzare del tutto il gusto e il mio palato, ho deciso di utilizzare gli stessi ingredienti dando però loro una forma e, quindi, un sapore decisamente diversi…ho preparato delle semplici e gustose crespelle con ricotta e spinaci. Provatele e fatemi sapere se vi sono piaciute!

CRESPELLE RICOTTA E SPINACI

Ingredienti per 4 persone (12 crespelle) – per le crepes: 125 gr di farina 00 – 300 ml di latte – 2 uova –

un pizzico di sale – 40 gr di burro

Per il ripieno: 250 gr di ricotta - 50 g di grana padano grattugiato – 350/400 gr di spinaci - noce moscata – sale – pepe

Per la besciamella: 50 gr di burro – 50 gr di farina 00 – 500 ml di latte – noce moscata – sale – pepe

Anzitutto preparate le crepes. Sbattete le uova e aggiungetevi il latte e un pizzico di sale sempre sbattendo. Unite la farina, precedentemente setacciata, un poco per volta, mescolando con una frusta per evitare che si formino grumi. Mescolate fino ad ottenere una pastella liscia e fluida. Coprite la ciotola con della pellicola per alimenti e lasciatela riposare in frigorifero per almeno 30 minuti. Trascorso il tempo di riposo, scaldate una padella

antiaderente (io utilizzo un pentolino del diametro di 20 cm perché così le crespelle non sono enormi e si gustano meglio) e ungetela accuratamente con una noce di burro. Versate un mestolino di pastella e inclinate e ruotate la padella in modo da distribuirla in maniera uniforme. Lasciate cuocere per qualche minuto a fuoco medio-basso. Con una spatola girate la crepe e continuate la cottura sull'altro lato. Dovrà risultare leggermente dorata. Continuate fino ad esaurire tutto l'impasto, ricordandovi di ungere di burro la padella di tanto in tanto e impilando le crepes una sopra l'altra affinché restino calde (per evitare che diventino secche). Passate ora al ripieno. Lavate e lessate gli spinaci in poca acqua bollente salata, scolateli e fateli raffreddare. Tritateli al coltello quindi aggiungete la ricotta, il grana grattugiato e
mescolate bene. Aggiustate di sale, aggiungete la noce moscata e il pepe. Spalmate su ogni crepe uno strato di ripieno e richiudete piegando a fazzoletto. Dedicatevi ora alla besciamella. In un pentolino fate sciogliere il burro e unite la farina, mescolandoli fino a creare il roux (una sorta di crema color “noisette”). A questo punto aggiungete il latte pian piano, continuando a mescolare con una frusta o un cucchiaio, facendo attenzione che non si formino dei grumi. Non appena inizierà a rapprendersi, aggiungete un po’ di noce moscata, sale e pepe. Ponete le crepes in una pirofila leggermente imburrata, copritele con la besciamella e con il formaggio grattugiato. Fate gratinare in forno a 180° per 15/20 minuti, fino a quando si formerà una crosticina dorata, servitele e gustatele…sono certa che le apprezzerete. E se volete potete anche apportare delle modifiche al ripieno, per esempio utilizzando i carciofi, il radicchio o le zucchine, anziché gli spinaci. L’importante è che sia una scelta di gusto…Buon appetito e alla prossima! (P.S. noterete che manca la foto delle crespelle pronte e impiattate...la fotografa non ha fatto in tempo...sono finite prima che riuscisse a immortalarle...la forchetta è stata più veloce del click!!!)

08/06/2022

IL COMMISSARIO ADALGISA CALLIGARIS TORNA A RIVOROSSO

Alessandra Carnevali è nata nel 1960 a Orvieto, dove attualmente vive, ed è laureata in Lingue. Ha partecipato, in veste di autrice, al Festival di Sanremo 2002 con il brano “All’infinito” eseguito da Andrea Febo. Nel 2007 è stata la prima blogger accreditata al Festival di Sanremo. Ha curato il blog Festival, sulla musica italiana e Sanremo, per il network Blogosfere. Si occupa di promozione web per eventi e artisti emergenti. Nel 2016 ha pubblicato “Uno strano caso per il commissario Calligaris”, con il quale ha vinto il Premio “ilmioesordio”. A questo sono seguiti “Il giallo di Villa Ravelli”, “Il giallo di Palazzo Corsetti”, “Delitto in alto mare”, “Il mistero del cadavere nella valigia” e “Lo strano caso del maestro di violino”. Durante una delle mie “incursioni” in libreria, mi è capitato di trovare una raccolta dei suoi primi tre romanzi e ho deciso subito di acquistarla. Meno male che il mio “fiuto” ancora una volta ha funzionato! La Carnevali, infatti, scrive in modo fluido e accattivante e ha creato un personaggio che mi ha conquistato fin dalla prima pagina: il commissario Adalgisa Calligaris. La sua autrice dice di lei che “…È bruttina, sgraziata, cicciottella e non si ama. A scuola ha sofferto, bullizzata per il suo aspetto, invidiata per la sua intelligenza e innamorata senza speranza del più bello della classe: Carlo Petri…dopo aver studiato e lavorato lontano dal paese natale, ci torna per un incarico tranquillo, per riprendersi da una ferita da arma da fuoco durante una sparatoria, alla quale è miracolosamente sopravvissuta”. E così, all’inizio del primo romanzo che la vede protagonista, la incontriamo mentre torna a Rivorosso Umbro, dove
ancora vive la madre vedova e dove sono rimasti i tanti (e per lo più brutti) ricordi della sua giovinezza. Adalgisa nel tempo è diventata tosta, ruvida e si è costruita una forte corazza contro tutto e tutti, compresi i sentimenti e la felicità. Nonostante tutto il tempo passato da quando andava al liceo, vacillare giusto un attimo quando scopre che il medico legale, con cui dovrà confrontarsi e lavorare, è proprio “quel” Carlo Petri, il più bello della scuola. Attorno a lei, oltre a Carlo, troviamo una serie di personaggi davvero ben riusciti, che si ritrovano a lavorare con questo nuovo ed esigente commissario ma che, dopo l’iniziale scompiglio e disagio, imparano a conoscerla, giorno dopo giorno, e ad apprezzare la sua arguzia, le sue innate capacità investigative e anche la sua malcelata umanità. Ci sono l’ispettore Matteo Corvo, jazzista mancato eternamente in ritardo, gli agenti Fava e Ritagli, semplici e non proprio “veloci” quanto a intuito, ma sempre pronti e disponibili, Monica Bellucci, unica agente donna e omonima della cugina attrice, Angiolo Castoro, esperto informatico e ritrattista di identikit, con il sogno segreto di diventare stilista di moda. Chiude il “gruppo” il PM Gualtiero Fontanella, galantuomo gourmet che si innamora perdutamente del commissario al primo sguardo. Oltre a loro e alla madre di Adalgisa, che spera sempre che la figlia si “sistemi” mettendo su famiglia, non mancano anche i simpatici siparietti con Celestino, gestore del bar vicino al commissariato che ama vestirsi sempre con colori sgargianti e abbinati a caso, e le incursioni della Banda della Maglina, un quintetto di signore che condividono con Adalgisa la passione dei mercatini di abiti usati. I tre racconti che ho letto mi hanno coinvolto moltissimo e li ho letteralmente divorati! Come vi dicevo, la protagonista mi è piaciuta subito…sarà che abbiamo molto in comune (la passione per Agatha Christie e per il buon cibo e la conseguente eterna lotta con le calorie, i travagli adolescenziali, l’amore-odio con lo specchio, la testardaggine…) sarà che è bravissima a risolvere i casi…sta di fatto che Adalgisa Calligaris ha occupato un posto speciale nell’elenco dei miei investigatori preferiti e sono sicura che leggerò anche gli altri libri della Carnevali che la vedono protagonista. Per quanto riguarda il gusto poi…direi che ci siamo. Al commissario piacciono la buona tavola e il buon vino e accetta volentieri gli inviti a cena del PM Fontanella, buongustaio che la corteggia palesemente e spera di conquistarla prendendola per la gola. Per questo personaggio, però, ho dovuto mio malgrado fare una scelta diversa. Già…perché, nonostante l’ottimo gusto, il commissario e i suoi uomini, dovendo seguire diverse piste per risolvere degli efferati omicidi, spesso non hanno proprio il tempo di fermarsi a pranzare…e così fanno una “toccata e fuga” al bar di Celestino, dove mangiano un tramezzino e bevono un’aranciata (beh! Essendo in servizio…). Quindi ho scelto di proporvi proprio questo tipico “spuntino” tutto italiano che può piacere o meno ma che, nonostante l’apparente semplicità, se fatto bene può diventare un piatto gourmet di tutto rispetto. Le varianti sono tantissime e, in base alla zona ed agli ingredienti, ci si può sbizzarrire negli abbinamenti…io ho optato per il più classico dei classici e ve lo propongo molto volentieri. Sta a voi replicarlo o farne varianti a vostro piacimento: l’importante è non strafare e rispettare il gusto…altrimenti commetterete un delitto!!!!

TRAMEZZINO

Il tramezzino “è un panino triangolare o rettangolare costituito da due o tre fette di pancarré - alle quali spesso si è tolta la crosta - farcite con salumi, formaggio, verdure o altro; le sue origini sono torinesi e la ricetta più comune lo prevede freddo” ... Pare che debba il suo nome nientemeno che a Gabriele D’Annunzio, il quale, dovendo sostituire la parola inglese “sandwich”, optò per tramezzino, da “tramezzo”, ossia spuntino fra la colazione e il pranzo. Il tramezzino nasce nel 1925 a Torino, dove i signori Angela e Onorino Nebiolo, di ritorno dagli Stati Uniti, decidono di acquistare il Caffè Mulassano, in Piazza Castello. Volendo proporre un’alternativa italiana al “tea sandwich” d’Oltreoceano, creano i primi tramezzini, fatti per uno spuntino e comodamente consumabili in un paio di bocconi. Il tramezzino, però, raggiunge la sua fama a Venezia, dove viene preparato in diverse versioni e proposto nei locali più chic. Nel 1936 anche la famosa rivista “La Cucina Italiana” ne parla e riporta la prima ricetta ufficiale di quello che ancora oggi è uno degli spuntini più diffusi.

La sua versione più classica vede spuntare fra le fette di pane uova sode, tonno e verdura...ecco come l’ho realizzato io.

Scolate una scatola di tonno dall’olio (se usate quello al naturale conditelo con un po’ di sale e qualche goccia di olio) e lavoratelo insieme a due cucchiai di maionese, fino a creare una crema. Tagliate a fettine sottili un uovo sodo e tritate a coltello alcuni capperi sott’aceto. Prendete tre fette di pane a cassetta senza crosta. Sulla prima spalmate la crema di tonno e maionese e poi adagiatevi le fettine di uovo e qualche foglia di spinaci freschi. Prendete la seconda fetta e sovrapponetela alla prima, spalmate la crema e aggiungete il trito di capperi e qualche altra foglia di spinaci. Prima di chiudere con l’ultima fetta, spalmate con la crema anche questa. Una volta terminato, avvolgete il tramezzino nella pellicola e lasciatelo riposare in frigorifero per almeno un’oretta prima di consumarlo. N.B. il commissario Calligaris lo accompagna con un’aranciata perché è in servizio…io l’ho accompagnato con una panaché fresca…e vi assicuro che è decisamente meglio!!!! Buon pranzo e alla prossima.