17/11/2024

LA SQUILLO E IL DELITTO DI LAMBRATE – LA PRIMA INDAGINE DI MARGHERITA GRANDE

Classe 1939, Dario Crapanzano è uno dei più famosi giallisti italiani. Dopo una laurea in Giurisprudenza e un diploma all'Accademia di Arte Drammatica (compagno di corso di Mariangela Melato) lavora in campo pubblicitario per poi esordire come scrittore nel 1967, con la guida sentimentale “A Milano con la ragazza...e no”. Il successo, però, insieme alla notorietà arriveranno solo nel 2011, quando Crapanzano decide di creare il personaggio del commissario Mario Arrigoni, che sarà protagonista di nove indagini in altrettanti romanzi. Nel 2018, invece, scrive il primo dei due libri che raccontano le vicende e le indagini di Margherita Grande, personaggio decisamente originale. Entrambi, Arrigoni e Margherita, si muovono nella Milano degli Anni Cinquanta, quelli della ricostruzione, dove ci si muove ancora con poche macchine nella nebbia che avvolge tutto e tutti. Milano è la protagonista principale di tutti i romanzi di Crapanzano a partire dai titoli e ci si ritrova all’ombra della Madonnina in ogni pagina. Vi parlerò in un’altra occasione del commissario Arrigoni, perché ho deciso di presentarvi prima la figura di Margherita Grande. Sono solo due i romanzi che la vedono protagonista: “La squillo e il delitto di Lambrate”, e “Una contessa a Chinatown”. Crapanzano, infatti, morto nel 2020 nella sua abitazione milanese, non ha potuto scriverne altri. Io ho letto il primo, per ora, ed è di questo che vi scrivo oggi. Siamo nel 1951 e la bella Margherita sbarca il lunario facendo la cameriera. La guerra le ha portato via i genitori e lei si ritrova, appena ventenne, a dover mantenere i due fratellini più piccoli e l’anziana nonna. La sua intelligenza, la sua vivacità, la sua bellezza e la sua innata eleganza, però, non passano inosservate e ben presto le viene proposto qualcosa di diverso e molto ben remunerato...quello che viene chiamato “il lavoro più vecchio del mondo” … E così, tenendolo
nascosto alla famiglia ed ai tanti amici e conoscenti, Margherita diventa una squillo d’alto bordo, in una lussuosa casa di via Monte Rosa. La signora che l’ha assunta ha capito subito le sue potenzialità e la trasforma, in poco tempo, in una delle ragazze più ambite dai clienti altolocati che frequentano la sua esclusiva casa di appuntamenti. Margherita, inizialmente titubante, mette a tacere la sua ritrosia e la sua coscienza davanti ai primi guadagni, che le permettono non solo di vivere meglio ma di far studiare i suoi fratellini, garantendo alla sua famiglia una vita tranquilla e dignitosa. Un giorno scopre che una delle sue amiche d’infanzia è accusata dell’omicidio del fidanzato, capo di una banda della ligera, la malavita milanese. Convinta della sua innocenza, si imbarca senza alcun indugio in un’indagine che la porterà a scoprire segreti di persone losche e di altre apparentemente “per bene”. Fra un appuntamento e l’altro, Rita (come viene chiamata dagli amici) riesce così a sbrogliare un’intricata matassa, fatta di tradimenti, bugie e sottili abusi di potere. Grazie alle sue conoscenze altolocate, arriva a sottoporre il risultato delle accurate e solitarie indagini al vicequestore, che rimane sbalordito dalle sue capacità investigative e dal suo acume…oltre che dalla sua bellezza, ovviamente! Il libro mi è piaciuto molto e vi confesso che l’ho letto tutto in un pomeriggio: ve lo consiglio proprio! La scrittura è scorrevole e “leggera”, coinvolge dall’inizio alla fine e sicuramente Margherita, al centro di alcuni divertenti siparietti, è capace di conquistare il lettore fin dalle prime righe. Ogni personaggio, anche quello che compare solo brevemente, è ben caratterizzato e occupa un suo specifico spazio. Per quanto riguarda il gusto, vengono citati qua e là dei piatti e delle bevande ma nulla di particolare…quindi ho deciso di proporvi una ricetta che è proprio solo milanese. Un dolce che parla in meneghino: il pan mejno o pan de mej (pane di miglio in dialetto milanese).

Conosciuto anche come pane dei poveri, è un dolce tipico lombardo, in particolare della cucina milanese. Si tratta di fragranti biscotti a base di farina 00 e farina di mais, aromatizzati con fiori di sambuco essiccati, che conferiscono loro un aroma fresco e leggermente erbaceo. L'origine del dolce non è certa, ma pare che il nome derivi dal miglio, cereale largamente utilizzato nell'antichità per produrre il pane. La leggenda narra che, con il passare del tempo, il "pane di miglio" si sia trasformato in una sorta di focaccina dolce, preparata tradizionalmente il 23 aprile per celebrare San Giorgio, protettore dei lattai, i quali offrivano per l'occasione tazze di panna da accompagnare al pan de mej. Un'altra versione racconta, invece, che il pan meino venne inventato nel XIV secolo nelle campagne milanesi per festeggiare la vittoria di Luchino Visconti sui briganti. Qualunque sia la sua origine, sta di fatto che da secoli non c’è giorno di San Giorgio in cui un vero milanese non mangi almeno un pan mejno inzuppato nella panna fresca (…anche se, a mio avviso, non è necessario limitarsi a gustarlo solo una volta all’anno)!!! Nel tempo molti pasticceri e fornai hanno apportato delle modifiche alla ricetta, mettendo l’anice o utilizzando solo la farina gialla, facendoli più grandi o più piccoli, togliendo lo zucchero a velo e aggiungendo del cacao…La ricetta che vi propongo è quella originale, che vuole tassativamente i fiori di sambuco. Io ho faticato un pochino a trovarli ma poi è venuta in mio aiuto la mitica signora Betty, che me li ha procurati e alla quale dedico questa preparazione, ringraziandola di cuore!

RICETTA DEL PAN DE MEJ

Ingredienti (per 18/20 biscotti): 200 gr farina 00 – 300 gr farina di mais (meglio se fioretto) – 150 gr burro – 150 gr zucchero semolato – 3 uova – 16 gr lievito per dolci – 1 cucchiaino di estratto di vaniglia (o una bustina di vanillina) – un pizzico di sale – zucchero a velo e semolato – fiori di sambuco essiccati

In una ciotola lavorate uova, zucchero ed estratto di vaniglia con le fruste elettriche fino a ottenere una massa gonfia e spumosa. Unite il burro, precedentemente sciolto e lasciato raffreddare, e un pizzico di sale. In un altro recipiente unite le farine e il lievito, mescolatele insieme e poi setacciate il tutto direttamente nella ciotola con gli ingredienti liquidi.  Amalgamate il tutto fino ad ottenere un impasto compatto e poco appiccicoso. Coprite con pellicola e riponete in frigorifero per una mezz'ora. Trascorso il tempo necessario, prelevate delle porzioni di impasto e formate delle palline di circa 60 grammi ciascuna. Appiattite ogni sfera per ottenere dei dischi di circa 9 cm di diametro e adagiateli su una leccarda rivestita di carta forno, facendo attenzione a tenerli distanziati. Cospargete ogni biscotto con un pochino di zucchero semolato, una spolverata di zucchero a velo e dei fiori di sambuco. Cuocete in forno statico, preriscaldato, a 180° per 15/20 minuti. Una volta sfornati, lasciateli raffreddare e, al momento di servirli, cospargeteli con altro zucchero a velo (se conservati in un contenitore ben chiuso si possono mantenere fino a 4 o 5 giorni…se resistete!!!).

Come vi dicevo, tradizione vuole che si gustino con la panna fresca ma c’è chi li preferisce nel latte o con il vino…decidete voi come e quando ma vi consiglio di provarli in qualsiasi stagione e magari leggendo un bel libro! Buona degustazione e alla prossima!