14/09/2022

IL METODO DEL COCCODRILLO: LOJACONO PRIMA DI PIZZOFALCONE

Vi ho già parlato di Maurizio De Giovanni, creatore di diversi personaggi, in particolare dei mitici Bastardi di Pizzofalcone (vedi post del 4/03/2020)…ma non vi ho detto che c’è un romanzo che si può considerare il preludio della serie, portata anche sul piccolo schermo. Si tratta de “Il metodo del coccodrillo”, uscito nel 2012, in cui De Giovanni ci presenta il commissario Giuseppe Lojacono, appena trasferito a Napoli dalla Sicilia, per “punizione”. Un collaboratore di giustizia, infatti, lo ha accusato di passare informazioni alla mafia e lui, stimato segugio della squadra mobile di Agrigento, ha perso tutto, dall'affetto della moglie e della figlia fino al rispetto di colleghi e amici. Sta combattendo, anche se a distanza, per riabilitare il suo nome e per riallacciare i rapporti con la figlia Marinella, che sua moglie gli impedisce di vedere e sentire. E questa per lui è la sofferenza più grande. Immediatamente dopo c’è la rabbia di non essere rispettato e considerato per quello che è: un poliziotto che vorrebbe solo svolgere il suo lavoro. Si ritrova in una città, Napoli, qui presentata come scura, tetra,
avvolta nell’indifferenza, dove non conosce nessuno e dove nessuno conosce lui. E nel commissariato di San Gaetano, in cui è considerato pari a zero, Lojacono si sente come all’inferno. Non gli vengono affidati incarichi, non segue nessuna inchiesta e viene assegnato all’Ufficio denunce, dove dovrebbe lavorare con il sovrintendente Giuffrè. Dovrebbe…sì…perché in realtà l’unico che prende le poche (e colorite!) denunce è proprio il ciarliero Giuffrè, che non riesce proprio a capire quel suo nuovo collega, così ombroso e taciturno, sempre seduto davanti al PC, con la testa chissà dove. Finché un giorno, anzi una notte, durante uno dei turni che nessuno vuole e che lui, invece, accetta volentieri per poter stare da solo, Lojacono deve uscire per rispondere ad una chiamata. Si tratta di omicidio. La vittima è un ragazzo di appena sedici anni e la disperazione della madre lo colpisce come un pugno nello stomaco, soprattutto gli fa sentire ancora di più la mancanza di Marinella, che ha la stessa età dell’adolescente riverso a terra, ucciso con un colpo di pistola alla nuca. Lojacono arriva sulla scena del crimine, osserva, registra ogni piccolo particolare, sul campo emerge il suo essere commissario, abituato a guardare ogni cosa con occhi indagatori, apparentemente freddi e vigili, ad andare oltre le apparenze per cercare di entrare nella mente dell’assassino. Ma la sua presenza non è gradita. Non appena giunge sulla scena, Di Vincenzo, il suo nuovo capo, gli ordina di tornare in ufficio a scaldare la sedia, a chiudere di nuovo gli occhi, perché lui è un infame, un traditore e non è gradito. Lojacono obbedisce però prima dice la sua, esprime un suo pensiero, esterna un’intuizione…Ovviamente viene ignorato da tutti ma non dalla giovane ed affascinante Laura Piras, magistrato che si occupa delle indagini e che, nonostante i malumori degli altri poliziotti, lo coinvolgerà quando la scia di morte continuerà e le piste da seguire sembreranno dei vicoli ciechi. La Piras è la prima a capire l’arguzia e le capacità del commissario siciliano, la prima ad ignorare le motivazioni che l’hanno portato a Napoli e a credere in lui, la prima che lo guarderà negli occhi per confrontarsi con lui e per farsi aiutare in quella che diventerà una tremenda caccia all’uomo. Un uomo che i media hanno
ribattezzato “il coccodrillo”, perché pare che pianga, prima o dopo gli omicidi, un uomo che sa attendere il momento giusto per agire, un uomo che colpisce di notte e poi sembra dileguarsi nel nulla, un uomo che porta in sé una profonda sofferenza. Lojacono è l’unico che riesce a capire le sue motivazioni perché, del resto, anche lui è un uomo che convive con una profonda sofferenza. E questa sua capacità di empatia lo porterà a risolvere il caso, anche se la vittoria avrà un sapore amaro e non servirà a riportare in vita le vittime innocenti che il coccodrillo ha seminato lungo il suo cammino. Ho letto questo libro in due giorni, perché non riuscivo a smettere, dovevo assolutamente andare avanti e arrivare alla fine, all’epilogo. Che, non ve lo nascondo, è proprio amaro! Ciò nonostante, come tutti i libri di De Giovanni, anche questo mi ha coinvolto fin dalle prime pagine e mi ha trasportato in una Napoli un po’ “diversa” rispetto alla città solare e avvolgente descritta in altri libri. Del resto per raccontare il dramma dell’assassino e per presentare Lojacono, De Giovanni non poteva fare altrimenti. “Il metodo del coccodrillo” andrebbe proprio letto prima di leggere gli altri romanzi dedicati ai Bastardi di Pizzofalcone, soprattutto perché getta una luce diversa proprio su Giuseppe Lojacono. Ho voluto leggerlo per questo motivo e vi consiglio di fare altrettanto. Per quanto riguarda il gusto…beh! Come già tutti sapete, gli unici pasti degni di tale nome che si concede Lojacono sono le cene al ristorante di Letizia, che si è perdutamente innamorata di “Peppuccio” (come lo chiama lei) fin dal primo momento in cui si è seduto al “suo” tavolo. Da quel momento gli ha sempre tenuto quel posto, dove lo raggiunge prima della chiusura, per fare due chiacchiere con quell’uomo così misterioso ed affascinante. Ahimè! Le prelibatezze di Letizia non vanno proprio d’accordo con il caldo che ci sta distruggendo da mesi e sapete tutti, ormai, che non mi metto ai fornelli se le temperature non scendono seriamente (e per me seriamente significa sotto i 20 gradi!). Quindi, anziché leggere il libro preparando un ragù o un gattò di patate, ho scelto di godermelo
gustando un classico dei classici estivi: prosciutto e melone. Lo so, sembra banale…ma non lo è! Inoltre, per rendere omaggio a Napoli, ho deciso di esagerare e ho aggiunto anche una mozzarellina di bufala rigorosamente campana! So bene di avervi abituato a ricette e piatti ben diversi ma per ora dovrete accontentarvi. E voglio darvi un piccolo suggerimento: anche quando preparate un piatto “base” per il quale non dovete nemmeno cucinare, come quello che vi propongo stasera, non limitatevi a mettere in tavola tutti gli ingredienti…presentateli sempre con cura e un po’ di allegria, in modo che anche l’occhio abbia la sua parte e goda insieme agli altri sensi di quanto state per mangiare. Così facendo anche un semplice melone con prosciutto e una mozzarella, possono diventare una festa per occhi, naso, palato e stomaco! Buona lettura e buon appetito a tutti! Vi aspetto alla prossima.

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