In una padella soffriggete l’aglio tritato e lo scalogno con
un po’ di olio, unite il pesce spada tagliato a cubetti, metà del mazzetto di
prezzemolo tritato e, se volete, i capperi. Cuocete a fuoco vivo per un paio di
minuti. In un’altra padella preparate lo stesso soffritto di aglio, scalogno e
olio e unite i pomodorini tagliati in quattro, facendoli cuocere per
tre/quattro minuti. Unite poi il pesce spada e lasciate riposare mentre cuocete
la pasta in abbondante acqua salata. Scolatela ancora al dente e versatela nella
padella del sugo. Fate saltare qualche minuto a fuoco vivo e servite con un
filo d’olio a crudo e una macinata di pepe. L’ideale è accompagnare il piatto
con un vino bianco frizzante, servito fresco e con delle fettine di pane
casereccio scottate e cosparse con un battuto di aglio e olio…così sarà più
facile fare la scarpetta!!! (N.B. Se volete potete aggiungere anche altri
pesci. Io avevo delle vongole avanzate dalla preparazione di un altro piatto e
le ho aggiunte al sugo…ho fatto un “recupero” e il risultato è stato comunque
ottimo!). Buon appetito e alla prossima!

Un buon libro, così come un buon piatto, deve attrarre, catturare, coinvolgere, stupire, emozionare...In moltissimi gialli il cibo gioca un ruolo importante a volte fondamentale e i detective usano tutti i loro sensi per risolvere i misteri: tatto, udito, olfatto,vista e gusto...il gusto del delitto...
14/01/2023
IL SAPORE DEL MALE
Luca Perugia (classe
1974) nasce e cresce a Roma, si laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni e
lavora come consulente informatico. Nel 2011 un banale incidente sportivo
cambia radicalmente la sua vita e gli permette di fermarsi, di rallentare, di
apprezzare tutte le cose belle della vita, dalla più grande alla più
apparentemente insignificante…e porta alla luce la sua vena creativa, tenuta
“nascosta” fino a quel momento. “Il
Sapore del Male”, uscito nel 2017, costituisce il suo romanzo d’esordio. Non si
sa molto altro di questo autore e, almeno per quanto sono riuscita a sapere,
pare non abbia scritto altro. Copertina bianca, con al centro forchetta,
coltello e un piatto macchiato di sangue…tanto è bastato per incuriosirmi e
spingermi a prendere il libro e a leggerlo praticamente subito. Lo stile
narrativo di Luca Perugia è semplice, schietto, quasi elementare. Non è un
thriller, non è un susseguirsi di colpi di scena ma piano piano arriva a
tenerti con il fiato sospeso ed è comunque capace di coinvolgerti, di
incuriosirti, di portarti a leggere pagina dopo pagina proprio per il più
classico dei motivi: vedere come va a finire! Anche la trama non potrebbe
essere più semplice. Un ragazzo di 25 anni, Manuel, simpaticoe amabile, vive
in una cittadina di provincia della quale non viene mai detto il nome ma solo
l’iniziale “M.” (chissà poi perché?). Le sue passioni sono la cucina (è
capocuoco in uno dei ristoranti più apprezzati della zona), la sua famiglia, apparentemente
perfetta, e Cristina, la sua splendida e intraprendente fidanzata. A tutto
questo si aggiungono la tranquilla zona di provincia, Flavio, il suo
stravagante amico di sempre, e le figure cosiddette “minori”, quasi di
contorno, che portano colore e vivacità allo scorrere pacato delle giornate.
Finché un giorno il passato di Manuel, che lui ignora completamente, viene
portato alla luce, sconvolgendo la sua vita e scardinando le sue certezze.
Tutto ciò e tutti coloro che pensava di conoscere da sempre appaiono
improvvisamente diversi, estranei e il ragazzo pacato e sereno si ritroverà
faccia a faccia con un passato che lo porterà ad una nuova maturità e ad una
nuova consapevolezza di sé e di chi ama. Dovrà affrontare proprio quel passato
per poterlo conoscere, per conoscere e capire la verità e per risolvere,
infine, un mistero rimasto irrisolto per tanti, troppi anni. Sullo sfondo le
relazioni con i vari personaggi e il suo lavoro, diventato ormai l’unico capace
di aiutarlo a tenere a bada le mille contrastanti emozioni che rischiano di
sopraffarlo. E così i suoi piatti diventano le sue uniche certezze e,
nonostante tutto, riescono ancora a portare gioia ai palati dei suoi clienti e
dei suoi cari. Non posso certo dire che “Il sapore del male” sia un ottimo
romanzo giallo ma non posso neanche affermare che sia scritto male, anzi! Mi
piacerebbe molto che Luca Perugia ne scrivesse altri, in modo da avere altro
materiale per poter poi esprimere un vero giudizio. Nel frattempo, se vi
incuriosisce e/o se vi capita di trovarlo, vi consiglio di leggerlo…almeno
potrete dirmi cosa ve ne pare! Per quanto riguarda il gusto…beh! Già dal titolo
si può intuire che questo libro può entrare di diritto fra quelli recensiti nel
blog. Si parla spesso di cibo, di ingredienti particolari, di accostamenti e di
sapori…in particolare c’è una scena in cui Manuel prepara una cena a base di
pesce per la sua amata Cristina. Piatti semplici ma al contempo raffinati e
sempre molto gustosi. Fra gli altri, ho scelto di replicare la calamarata con
pesce spada e pomodorini, apportando alcune piccole modifiche per adattarla ai
miei commensali. E quindi, ecco a voi la ricetta, facile e gustosa.
08/01/2023
IMPASTO PERFETTO – La prima indagine di Carlo Castelli
Roberto
Valentini, classe 1960, è emiliano e le sue importanti radici si ritrovano
nelle pagine dei suoi libri. Nella sua
biografia si legge “…Siccome nella vita bisogna cercare di fare quello che
piace, commise la leggerezza di iscriversi a Lettere Moderne, a Bologna. Nel
1985 si laureò con il massimo dei voti con una tesi su Cesare Beccaria e
Alessandro Verri assegnatagli dal prof. Ezio Raimondi, padre intellettuale che
lo introdusse al pensiero di Popper e Heidegger, alla critica di Bachtin e
Lotman, agli scritti di Benjamin e Barthes, alle osservazioni di Gombrich e
Longhi. Di nascosto però frequentava anche le lezioni al Dams, dove seguendo un
seminario sulla letteratura hard boiled, scoprì quelli che sarebbero diventati
i numi tutelari della sua poetica nera: Dashiell Hammet, Raymond Chandler,
James M. Cain e le loro versioni cinematografiche degli anni Quaranta”. Dopo
la laurea avrebbe voluto fare lo scrittore ma, in attesa di realizzare questo
suo sogno, iniziò a lavorare nell’ufficio marketing di una grande azienda di
ceramica e, successivamente, entrò come socio in un’agenzia di comunicazione,
dove lavora tutt’ora, alternando il suo impiego al “mestiere” di scrittore,
appunto. Il suo primo romanzo, ambientato nel mondo del distretto ceramico
sassolese, uscì nel 1999 e venne poi ristampato nel 2001 con il titolodi “Impasto
Perfetto”, per la collana Impronte di Todaro editore, diretta da Tecla Dozio.
L’incontro con Tecla Dozio ha contribuito in modo decisivo al suo destino di
autore. Al primo romanzo con protagonista il giornalista-motociclista Carlo
Castelli ne seguirono altri tre: Terre Rosse (2002) che ha come sfondo la
Maranello del mito Ferrari; Nero Balsamico (2005) che indaga tra le preziose
botti dell’Aceto Balsamico di Modena e Nella città di cemento (2009), che
solleva il velo sulle infiltrazioni camorristiche nell’economia del nord. “Roberto
scrive di notte, quando i pensieri si mescolano al vino, e riscrive di giorno,
negli spazi lasciati liberi dalla sua attività di imprenditore. A chi gli
chiede perché scrive, sobbarcandosi la fatica immane di questa doppia vita,
risponde che scrive perché non riesce a farne a meno e che comunque non è una
domanda da fare”. Tornando ai suoi scritti, oggi vi voglio parlare del
primo “Impasto perfetto”, quello che racconta della prima indagine di Carlo
Castelli, giornalista che dai reportage internazionali è finito, suo malgrado, nella
cronaca locale. Castelli, infatti, complice l’essere figlio di un grande giornalista noto a tutte le principali testate nazionali, ha un inizio di
carriera folgorante. Lavora a Milano e, articolo dopo articolo, riesce ad
entrare nei “giri” giusti, conoscendo persone importanti e famose, bazzicando
la “Milano da bere” e cavalcando l’onda del successo… fino a quando la
dirigenza del giornale per cui lavora viene coinvolta e travolta da tangentopoli.
Carlo a quarant’anni lascia Milano e ritorna a Modena, cercando di vivere
dignitosamente, occupandosi di cronaca locale e coltivando le sue passioni: il
buon vino (è infatti un eccellente sommelier), la moto e la buona musica. Ad
allietare la sua vita di apparente single, ci sono i momenti passati con Zeba,
la sua misteriosa ed affascinante compagna, conosciuta nell’ambiente della
moda, che corre da lui fra un viaggio di lavoro e l’altro. La vicenda del
romanzo prende il via con l’omicidio di un magnate della ceramica, assassinato
nel suo stabilimento di Sassuolo in modo brutale. Ovviamente il direttore della
“Gazzetta Modenese” affida a Carlo l’incarico di indagare e di tenere
aggiornati i lettori circa le mosse della Polizia. E Castelli, dapprima solo
incuriosito, si butta a capofitto nel caso, incontrando personaggi curiosi e
misteriosi, conoscenti della vittima o emersi dal suo passato. E così, fra
pranzi a base di tortellini, cotechino, lambrusco e altre specialità del
modenese, riesce a mettere insieme i pezzi di un puzzle davvero difficile e
incredibilmente diabolico. Arrivare al colpevole lo metterà in pericolo e l’articolo
per il giornale gli costerà non poco…ma Carlo Castelli ormai ha capito che quella
dell’investigazione è un’altra delle sue passioni. Anche lui, quindi, entra giustamente
e di diritto nel panorama degli investigatori “dilettanti” della letteratura
gialla italiana degli ultimi vent’anni. Lo stile di Valentini è semplice,
diretto e scorrevole e le pagine scivolano via, portando il lettore direttamente
in quelle terre abitate da lavoratori, da gente schietta che parla ancora il
dialetto e che si lascia andare alle confidenze davanti ad un buon piatto e ad
un buon bicchiere. A differenza di altri libri, fra le pagine di “Impasto perfetto”
ho trovato molto gusto e buon cibo...e ho avuto l’imbarazzo della scelta ma, visto il periodo delle feste appena
concluso e dato che ancora non sono in piena forma per stare troppo ai fornelli…ho
optato per un saporito e gustosissimo cotechino. Beh! Quello di Modena è IGP…quindi
non si può sbagliare e io l’ho abbinato alle lenticchie, non tanto per la
tradizione ma perché le adoro! E allora vi
consiglio di gustarlo così oppure accompagnato da spinaci al burro, da un
soffice purè o da qualsiasi altra verdura vi piaccia…c’è anche chi lo avvolge
nella pasta sfoglia o nella pasta brisé…o ancora chi lo abbina ad una crema di
zucca…insomma scegliete voi come gustarlo: è un piatto talmente buono che potrebbe
semplicemente finire in un bel panino caldo, magari con un filo di senape! L’importante
è non lasciarlo solo…lui vuole sempre un buon vino, meglio se rosso e corposo, meglio ancora se
un buon lambrusco…anche quello modenese…on va sans dire! E allora buona lettura,
buona degustazione e ancora buon anno! Alla prossima!
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