15/10/2023

LE SERIE TV ANNI SETTANTA E OTTANTA: UNA CARRELLATA VINTAGE DI PERSONAGGI INDIMENTICABILI!

Fra il 1975 ed il 1989 la televisione statunitense ha “sfornato” moltissime serie “politically correct” per il piccolo schermo, che sono poi approdate sui canali italiani e hanno riscosso successo, chi più chi meno, mostrando l’eroicità, la fedeltà alla legge ed ai valori più alti, la professionalità e, soprattutto, l’umanità dei poliziotti e degli investigatori privati a stelle e strisce. Alcuni attori e attrici sono diventati famosi proprio grazie a queste serie TV, altri sono rimasti legati al personaggio interpretato e non sono riusciti a lasciarne i panni, altri ancora sono stati semplici “meteore” nel firmamento delle stelle del cinema…tutti, comunque, sono legati a questi primi passi e tanti di noi li ricordano con nostalgia. Si trattava di serie televisive che si potevano guardare in famiglia, differenti da quelle più recenti e moderne, perché non c’era il rischio di vedere scene “forti” di violenza né di sentire oscenità o dialoghi farciti di parolacce o imprecazioni…si assisteva, invece, a rocamboleschi inseguimenti in auto o in moto, a indagini sotto copertura, a scazzottate o sparatorie in stile “vecchio West” e ancora ad appostamenti notturni o pedinamenti vari. Il tutto in perfetto stile americano con il classico finale positivo, in cui il buono prende il cattivo o in cui il buono aiuta il “cattivo-che-non-è-così-cattivo”. E
cosa dire delle sigle, diventate vere e proprie icone, famose e riconoscibili fin dalle prime note. Posso citare tantissime di queste serie, a partire dai poliziotti in divisa in “The Rookies – A tutte le auto della Polizia” e “T.J. Hooker” (impersonato da William Shatner), in cui si narrano le gesta alcune reclute che imparano il mestiere “sulla strada”, in pattuglia, fino ad arrivare agli agenti sotto copertura, prima fra tutte “Pepper Anderson – Agente speciale”, che ha reso ancora più famosa la sensuale Angie Dickinson (chi si ricorda le sue gambe mozzafiato inquadrate nella sigla?!) e l’eclettico “Toma”, con il volto di Tony Musante, capace di travestirsi e di ingannare chiunque. In divisa erano i poliziotti John Baker e Frank Poncharello, interpretati da Erik Estrada e Larry Wilcox, che hanno fatto innamorare le adolescenti a bordo delle loro moto in “CHiPs”, mentre in “Riptide” le indagini si alternavano alle risate, insieme ai tre amici Cody, Nick e Bozinsky, a bordo della loro barca ormeggiata a Los Angeles. E come non citare le serie “Hill Street giorno e notte”, in cui le telecamere ci portavano all’interno di una stazione di Polizia e ci mostravano le vite dei singoli protagonisti, intrecciate fra di
loro e con le indagini loro assegnate, con un ritmo frenetico e spesso estenuante. O ancora “L’ispettore Tibbs” (ispirato al celebre film con il mitico Sidney Poitier), in cui erano narrate le vicende del capo della Polizia William Gillespie (il grande Carroll O’Connor) e dell’ispettore Virgil Tibbs, aspirante avvocato, che si trovavano ad affrontare casi particolarmente difficili e spesso “spinosi”.  E non dimentichiamo “Hunter”, in cui Rick Hunter e la collega Dee Dee McCall (rispettivamente Fred Dryer e Stephanie Kramer), formavano un fantastico duo di detective della polizia di Los Angeles pronti a tutto. Voglio terminare questa carrellata con altre due serie che non posso omettere: il grande “Cannon”, ex agente di polizia, diventato investigatore privato dopo la morte di moglie e figlio, con gusti particolarmente raffinati e costosi specialmente riguardo a
cibo e automobili, interpretato dal mitico William Conrad, e “Fifty Fifty”, in cui Carole e Sidney, due donne forti e diametralmente opposte, rispettivamente fotografa free lance e suonatrice di viola, si ritrovavano ad indagare sull’omicidio di Raymond, al quale entrambe erano state sposate e dal quale entrambe avevano divorziato. Risolto il caso, scoprono di essere le uniche eredi dell’agenzia investigativa dell’ex e defunto marito e decidono di portarla avanti. Le due attrici protagoniste erano Lynda Carter e Loni Anderson che, purtroppo, hanno lasciato la produzione dopo una sola stagione, perché interessate ad altri contratti. Ho dimenticato o tralasciato qualcuno? Sicuramente sì! Sono troppe le serie di quegli anni per riuscire a ricordarle tutte! Inoltre, quando alcune di esse sono andate in onda, io ero troppo piccola per poterle vedere. Ho visto sicuramente quelle degli anni Ottanta (magari non tutte le stagioni ma qualche episodio) e quelle degli anni Settanta le ho potute apprezzare quando sono state
replicate nei decenni successivi…fatto sta che ho sempre amato il genere e ho una buona memoria…quindi, sono in grado di ricordarli ancora. Negli ultimi anni, inoltre, sono nati dei canali televisivi dedicati proprio a questo tipo di telefilm e vi assicuro che hanno ancora un discreto successo! Ed ora veniamo al gusto: come siamo messi? Beh! Come potete immaginare…malissimo! Sì, perché la “formula” base comune alla quasi totalità di queste serie era la brevità dell’episodio (duravano circa 45/50 minuti) e in questo lasso di tempo si doveva inquadrare il caso, l’indagine, cercando di dare subito una pista chiara da seguire. E i nostri eroi, poliziotti, detective o investigatori privati che fossero, avevano il tempo giusto per la solita enorme e tristissima tazzona di caffè (quando non era uno dei contenitori take away!) e per uno spuntino veloce in auto durante un appostamento, preso ad un food truck o, peggio ancora, ad un distributore automatico...e addio al gusto! E così, per rappresentare questa varietà di serie e di personaggi così diversi tra loro, ho pensato di non cucinare nulla ma di guardarmi qualche episodio sgranocchiandomi lo snack per eccellenza, quello che si trova ovunque, in mille declinazioni diverse per gusto, forma, spessore, abbinato a qualsiasi cosa, che piace praticamente a tutti, anche se non è proprio un cibo che si può definire sano…avete capito a cosa mi riferisco? No?!!? Alle patatine! Normali, alla paprika, all’aceto, al formaggio…classiche con l’aperitivo, in compagnia o da soli, con una bibita o una birra, in tavola, in giro, come sfizio o come comfort food…ogni occasione è buona per mangiarle e mettere tutti d’accordo. Una fantastica invenzione, insomma, e bravo chi l’ha ideata…già, ma chi è stato? Facciamo un passo indietro nel tempo…perché, come ogni importante ricetta che si rispetti, ci sono diverse versioni della storia…La più accreditata risale al 1853 e narra di un cuoco, certo George Crum (noto anche come Speck), afroamericano di Saratoga, che lavorava nella cucina del Moon Lake
Dodge. Un giorno un cliente si lamentava del fatto che le patatine fritte, servite insieme alla sua bistecca, fossero tagliate troppo grosse. Lo chef le tagliò in stick più piccoli…ma ancora il piatto tornò in cucina…infuriato George tagliò le patate a fettine così sottili “che -pensò - sarà impossibile mangiarle con la forchetta” e le fece portare al tavolo dell’esigente ed incontentabile avventore. Ma questi, invece di lamentarsi, si complimentò con lo chef e apprezzò la nuova versione delle classiche patatine fritte. Ben presto la fama del ristorante si diffuse e in tanti accorrevano per assaggiare quella novità. Qualcuno sostiene che non fu proprio George ad inventare le famose “chips”, come vengono chiamate in America, ma sua sorella, Catherine, la quale, per uno sbaglio, tagliò una fettina sottile di patata. Mentre si girava per scartarla, la fettina cadde nella pentola del grasso. La signora, allora, la ripescò con una forchetta e suo fratello, lo chef, vedendola, la assaggiò e la apprezzò a tal punto da inserirla nel suo menù. Sinceramente che sia stato George o che sia stata Catherine non fa molta differenza: le patatine (chips in America e crisps in Gran Bretagna) già a quell’epoca erano ormai un’istituzione e da allora il successo non fece altro che crescere. Solo più tardi, agli inizi del 1900, si arriverà alla grande distribuzione e poi ai sacchetti anti unto. Una curiosità: a seconda delle inclinazioni filosofiche i sacchetti di patatine sono mezzi vuoti o mezzi pieni. Il vuoto che vediamo nella busta è in realtà a vantaggio del consumatore, perché aiuta le patatine a mantenere tutta la croccantezza e a limitarne le spaccature. L'aria che riempie il sacchetto, infatti, non è "aria normale", altrimenti l'ossigeno renderebbe le patatine immangiabili. Si usa l'azoto per riempire i sacchetti, evitare il proliferare dei batteri e contribuire all'integrità delle patatine. Come sapete, mi piace provare e sperimentare e ho provato a farle anche a casa, in forno…puntualmente, però, ne brucio metà e, comunque, non sono la stessa cosa. Ovviamente non è consigliabile mangiarle spesso…ma credo che ogni tanto, in qualche occasione, ci si possa concedere un sacchettino…così, giusto per togliersi la voglia…io le adoro, anche se cerco di starne alla larga perché, come si sa, una tira l’altra e rischio sempre di esagerare!!! E adesso vi saluto perché voglio finire le patatine che ho aperto mentre scrivevo e devo fare attenzione a non ungere il PC!!!! Alla prossima!!!

 

04/10/2023

MAGNUM P.I....INDAGINI ALLE HAWAII!

Proseguendo nella “carrellata” delle serie TV anni Ottanta, dobbiamo assolutamente dedicare un pensiero particolare a “Magnum P.I.”, una serie televisiva statunitense, di genere poliziesco, creata da Donald P. Bellisario e Glen A. Larson, due grandi firme del genere, e prodotta dal 1980 al 1988. In Italia è approdata sui canali Mediaset a partire dal 1982 e il suo successo è durato per tutte le otto stagioni. Inizialmente il protagonista doveva essere un ex agente della CIA, che lavorava sotto copertura e aveva alle Hawaii la sua base operativa, poi però l’idea originale è stata modificata, e si è optato per un veterano della guerra del Vietnam. Nasce così Thomas Sullivan Magnum IV, più semplicemente Magnum, interpretato dall’affascinante Tom Selleck. Ufficiale di Marina decorato nella guerra del Vietnam dove combatté prima con i Navy SEAL e poi con il servizio segreto della Marina stessa (cosa che gli sarà utile in molte delle sue indagini), dopo una decina d'anni di servizio, si congeda e torna alla vita civile e decide di intraprendere l'attività di investigatore privato (da
cui il "P.I.", sigla del termine inglese Private Investigator). Amante della bella vita e delle auto sportive (e in genere di tutto ciò che non può permettersi!), scanzonato e sciupafemmine, Magnum vive nella dépendance di una lussuosa villa in riva al mare, sull'isola hawaiiana di Oahu, su invito del padrone di casa, l'eccentrico scrittore di gialli Robin Masters, personaggio che non appare mai integralmente nella serie ma che, in alcuni episodi si sente al telefono. Una curiosità: la voce di Masters è di Orson Welles. Nell'ultimo episodio avrebbe dovuto mostrarsi e l'identità del misterioso scrittore sarebbe stata rivelata, ma Welles morì per arresto cardiaco a poche settimane dalle riprese e il suo personaggio rimase senza volto. In cambio di questa generosa ospitalità, Magnum si occupa della sicurezza della proprietà, fra un incarico e l’altro in qualità di investigatore privato. La serie segue quindi le investigazioni di Magnum che si imbatte in rapimenti, furti e in omicidi. Alcuni episodi presentano caratteristiche decisamente drammatiche e trattano di temi importanti come l'antisemitismo, il razzismo, la condizione dei reduci del Vietnam o la corruzione militare. Altri episodi invece hanno una caratteristica meno seriosa, pur trattandosi sempre di polizieschi con un caso da risolvere. Una caratteristica particolare di questa serie TV è il racconto in soggettiva del protagonista, in stile hard
boiled. La voce fuori campo di Magnum, infatti, accompagna tutti gli episodi della serie e coinvolge i telespettatori nei ragionamenti sui casi e nelle sue ipotesi sulle indagini. Due frasi tipiche che ricorrono spesso sono «è una regola del buon investigatore che inserirò nel mio manuale...» e «la mia vocina mi diceva che...». In Magnum P.I., inoltre, sia il protagonista, sia i comprimari fanno utilizzo per la prima volta della tecnica camera-look inventata da Oliver Hardy: lo sguardo dell'attore si volge verso la telecamera cercando la complicità del pubblico, usando espressioni facciali che indicano ad esempio perplessità o gioia per essere riusciti in un intento. Come già accennato, Magnum conduce una vita davvero invidiabile: vive in un posto che egli stesso definisce un "paradiso terrestre", esce e rincasa quando vuole; lavora solo quando ne ha voglia; ha il quasi illimitato uso di una Ferrari 308 GTS; nell'appartamento in cui alloggia ha un frigobar sempre fornito di birra; i suoi clienti sono frequentemente donne belle e benestanti, il tutto a spese del suo capo. Gli unici "paletti" che ha sono quelli imposti da Higgins, alias Jonathan Quayle Higgins III, ex sergente maggiore della British Army, maggiordomo e factotum inglese, che tende a preservare quasi maniacalmente e in modo tirannico le proprietà di Robin Masters e che, per farlo, si avvale anche dell'aiuto dei suoi "ragazzi", due dobermann bene addestrati, Zeus e Apollo. Spesso Magnum e Higgins si scontrano sulla gestione della villa e dell’auto, sulla vita un po’ dissoluta e troppo mondana dell’investigatore e sull’estrema rigidità del maggiordomo…e così alcune delle situazioni che si vengono a creare diventano dei “siparietti”, che divertono il pubblico e rappresentano uno dei fulcri della comicità insita nella serie. Questo rapporto di amore-odio, però, lascia spesso il posto anche ad un
sentimento di affetto e di stima reciproca che si evidenzia nei momenti di difficoltà. Magnum nelle sue “avventure” può contare sempre sull’amicizia e sull’aiuto di due suoi ex commilitoni. Il primo è Theodore "T.C." Calvin, pilota di elicotteri, tornato alle Hawaii, dopo il servizio militare in Vietnam e un matrimonio fallito. Ha un'impresa di trasporto aereo ed infatti Magnum utilizza spesso, per gli spostamenti più urgenti, l'elicottero Hughes 500D, pilotato dall'amico (altra curiosità: una gag ricorrente è la rottura del vetro a causa di un foro di proiettile sparato contro l'elicottero, vetro che T.C. dovrà sostituire mettendolo in conto a Magnum il quale, probabilmente, non riuscirà mai a saldare il debito che continua ad aumentare!). L’altro compagno di avventure è Orville Wright Richard, chiamato familiarmente "Rick" per via della sua passione per Humphrey Bogart e Casablanca. Ex mitragliere in Vietnam sull'elicottero di T.C., dove ha conosciuto Magnum, si è ritirato alle Hawaii, insieme al "padrino" Rampino, mafioso di Chicago. Gestisce un club esclusivo e aiuta il detective mettendogli soprattutto a disposizione i suoi contatti con la mala, ma anche con la polizia. Gli altri personaggi ricorrenti sono il tenente della Omicidi della Polizia di Honolulu, Yoshi Tanaka, l’assistente procuratore distrettuale Carol Baldwin, Mac Reynolds tenente della Navy Intelligence Agency, e Michelle Hue, ex moglie di Magnum. Indimenticabile è anche l’iconica sigla di testa, scritta da Mike Post e Pete Carpenter, che è probabilmente una delle sigle di telefilm più nota al mondo. Oltre alla birra, che condivide con gli amici, non si vede spesso Magnum consumare un vero e proprio pasto…mentre è molto più facile trovarlo a sorseggiare un cocktail colorato e ghiacciato in riva al mare o nel giardino della villa. Così, in questi giorni che vedono un inizio d’autunno ancora (troppo!) “contaminato” dal caldo estivo, ho deciso di proporvi proprio uno di questi, di un singolare colore blu. Si tratta del “Blu Hawaii”, la cui origine non è del tutto chiara…Tutto inizia nel 1957 alle Hawaii, ovviamente, dove, da dietro il bancone del bar dello sfarzoso Hilton Hawaiian, il leggendario bartender Harry Yee vede arrivare ogni giorno frotte di turisti, pronti a godersi il paradiso hawaiiano e desiderosi di provare gusti esotici. Interpellato da una nota azienda di Blue Curaçao, coglie l’occasione per creare un cocktail ispirato al colore del mare e lo chiama come la famosa canzone del 1937 “Blue Hawaii”, cantata da Bing Crosby. Accolto inizialmente con grande entusiasmo, però, il drink rimane un prodotto locale e non “decolla”. Il vero successo arriva nel 1961, quando Elvis Presley sbanca i botteghini con la commedia musicale “Blue Hawaii”. Molti si dissero convinti che il cocktail originale fosse nato proprio in seguito al successo del film e non dall’estro di Yee…fatto sta che dagli anni Sessanta questo cocktail è arrivato fino ai giorni nostri, rimanendo fra i primi dieci consumati in queste fantastiche isole. Ma eccovi la “ricetta” di questa bevanda.

La versione originale del Blue Hawaii è composta da vodka, rum, Blue Curaçao, succo d’ananas e un mix agro-dolce che si può preparare facilmente a casa con acqua, zucchero e succo di lime. Esiste qualche variante che non include la vodka e contiene invece crema di cocco e qualche volta panna...io, però, vi consiglio, come sempre, di provare l’originale…poi ciascuno potrà modificarlo a suo piacimento!

Prendete uno shaker e iniziate…• 20 ml rum bianco • 20 ml vodka • 15 ml Blue Curaçao • 30 ml Sweet & Sour Mix (miscelare 1 parte di zucchero con 1 parte di acqua, poi aggiungere succo fresco di lime) • 90 ml succo fresco di ananas

Mettete tutti gli ingredienti in uno shaker, agitate e versate all’interno di un calice Hurricane colmo di ghiaccio. Decorate con una fetta di ananas e una ciliegina. Per un risultato più autentico e gustoso, il succo di ananas andrebbe preparato fresco, utilizzando un estrattore. Tranquilli coloro che non sono abituati a “shakerare”: è possibile utilizzare un frullatore al posto dello shaker, inserendo oltre agli ingredienti il ghiaccio e frullando finché non rimangono più residui di ghiaccio solido. Ora non vi resta che mettervi comodi e gustarlo pian piano, magari leggendo o guardando una puntata di Magnum P.I., che è facile trovare sui canali dedicati al vintage o on line. Alla prossima!