Hakan Nesser, classe 1950, è uno scrittore svedese di romanzi polizieschi. Dopo il successo dei suoi primi libri, ha lasciato il suo lavoro di insegnante di lettere e si è dedicato a tempo pieno alla scrittura. E direi che ha fatto bene! I suoi romanzi sono ben scritti, scorrevoli, mai banali…Nesser è capace di coinvolgere i suoi lettori fin dalle prime pagine. Ogni luogo, ogni situazione, ogni personaggio è descritto e “raccontato” in modo dettagliato. Ha scritto diversi libri ma è diventato famoso in particolare per aver creato due personaggi molto originali: il commissario Van Veeteren e l’ispettore Gunnar Barbarotti. Oggi desidero presentarvi il primo libro della serie dedicata a quest’ultimo: “L’uomo senza un cane”, pubblicato nel 2006. La vicenda prende il via in casa dei coniugi Hermansson, pochi giorni prima di Natale. Tutta la famiglia è riunita per festeggiare i sessantacinque anni del capofamiglia, Karl-Erik, insegnante in pensione, ed i quaranta di Ebba, la figlia “perfetta e prediletta”. Ma l’atmosfera di festa è destinata a lasciare il posto all’angoscia. Prima Robert, unico figliomaschio degli Hermansson e “pecora nera” della famiglia, esce a fare una passeggiata, poi Henrik, il figlio maggiore di Ebba, si allontana nel cuore della notte…e dei due non si hanno più notizie. Solo dopo quarantotto ore Karl-Erik si decide a contattare la polizia ed il caso viene affidato all’ispettore Barbarotti. Italosvedese, quarantacinque anni, poliziotto per scelta (e per passione), tre figli, sposato con Helena…che ad un certo punto, quasi senza che lui se ne rendesse conto, lo ha lasciato per un altro uomo e si è portata appresso due dei tre figli (Sara, l’unica femmina, ha preferito rimanere con il padre), Barbarotti è un “segugio” vecchio stampo, che desidera vivere serenamente e non riesce a riprendersi dalla separazione. Da quel momento, infatti, il “suo” mondo è crollato e Barbarotti ha ingaggiato una sorta di “gara” nientemeno che…con Dio. Ha sempre dubitato della sua esistenza (e i “fatti della sua vita” non hanno fatto altro che aumentare quei dubbi) e quindi sfida ogni giorno Dio a dargli una dimostrazione del contrario. Tiene perfino un piccolo quaderno nero, sul quale si appunta di volta in volta le occasioni in cui i suoi dubbi si rivelano fondati e quelle in cui, invece, Dio “si fa vivo”! E in quei giorni che precedono le festività si appresta a sfidare di nuovo l’Altissimo! Ha promesso, infatti, alla ex moglie che per Natale l’avrebbe raggiunta con Sara, a casa dei suoceri (che lui odia profondamente) …ma non ne ha alcuna voglia! Così si ritrova di nuovo a parlare con Dio: “se esisti dimostramelo: fa’ in modo che succeda qualcosa, qualsiasi cosa, che mi impedisca di partire!” …detto, fatto: il suo telefono squilla! Il capo, pur sapendo che è in ferie, vorrebbe che si occupasse di un caso di scomparsa, anzi, di doppia scomparsa…e nello stesso momento Sara si sveglia con la febbre altissima! Barbarotti, pur dispiaciuto per la figlia, deve riconoscere che questa volta Dio è stato davvero grande!!! Quindi, dopo aver aggiornato il quaderno, avvisato la ex moglie e sistemato Sara, si reca dalla famiglia Hermansson per far partire l’indagine…ritrovandosi nel mezzo di un caso davvero strano! Ben presto scopre che tutti i membri della famiglia hanno qualcosa da nascondere e nessuno di loro dice tutta la verità. La facciata di irreprensibilità e di felicità cela vecchi e nuovi rancori, problemi irrisolti, parole non dette, invidie e gelosie…e si sgretola a poco a poco, man mano che Barbarotti avanza nelle indagini. Quello che, inizialmente, sembrava un caso abbastanza semplice, lentamente si trasforma in un’indagine complessa che arriverà ad un tragico epilogo. Mi fermo qui, non aggiungo altro, perché non voglio rovinare la lettura a chi vorrà “conoscere” Barbarotti ed il suo metodo investigativo. Posso solo dire che ve lo consiglio. Io ho già deciso che leggerò anche altri libri della serie, perché questo mi è proprio piaciuto. Per quanto riguarda il gusto, il libro offre davvero molti spunti: dai ricchi e variegati menù della tradizione svedese, preparati dalla signora Hermansson in occasione delle feste, fino ai pasti consumati in giro dallo stesso ispettore…non si può certo dire che Nesser non abbia gusto, anzi! Dovendo scegliere fra tanti, ho optato per un piatto tipicamente svedese: il tortino di aringhe e patate, conosciuto anche come “Tentazione di Jansson”. La tentazione di Jansson (Janssons frestelse) ovvero le patate alla svedese, sono un piatto tipico della cucina scandinava che si prepara principalmente per il Natale. Molti sostengono che il piatto deve il suo nome al cantante d'opera Per Janzon (1844-1889), ricordato come un buongustaio. Un'altra rivendicazione dell'origine del nome è stata fatta da Gunnar Stigmark in un articolo che apparve nella pubblicazione periodica Gastronomisk kalender. Secondo il famoso giornalista, il nome è stato preso dall'omonimo film del 1928 “Janssons frestelse”. Infine, la “versione” più accreditata: a dare il nome a questo piatto è stata la madre dello stesso Stigmark che, insieme alla cuoca assunta in occasione di una cena speciale, ha presentato l’originale tortino. Da allora questo piatto si è diffuso ed è diventato parte integrante della tradizione svedese, comparendo anche nei ricettari “ufficiali”. Si tratta di un gustoso e ricco gratin a base di aringhe, patate, panna e cipolla, molto saporito che si adatta bene ad essere consumato nelle fredde giornate invernali. Ecco la ricetta...
Sbucciate e tagliate le patate a fettine sottili ed immergetele in una ciotola di acqua fredda per dieci minuti circa. Intanto affettate finemente le cipolle e fatele rosolare a fuoco lento, con un bel cucchiaio di burro. Sgocciolate le aringhe. Scolate molto bene le patate e cominciate a disporle sul fondo di una pirofila ben imburrata, disponete sopra i filetti di aringhe a pezzetti e le cipolle appassite, un pizzico di sale e pepe e continuate a strati terminando con le patate. Versate infine sulle patate la panna, un po’ di sale e pepe, il
pangrattato e qualche fiocchetto di burro. Infornate a 200° per circa 40-45 minuti. Servite il tortino preferibilmente tiepido e decorato con dei ciuffetti di aneto! Buon appetito e alla prossima!
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