Giorgio Scerbanenco (Kiev 1911 – Milano 1969), nato Volodymyr-Džordžo
Ščerbanenko da padre ucraino e madre italiana, è stato scrittore e giornalista.
Rimasto orfano a 16 anni, appassionato di scrittura, per problemi economici non
riuscì a terminare gli studi e cercò di mantenersi facendo molti mestieri,
prima di entrare nel mondo dell’editoria. Negli anni Trenta lavorò come
redattore e capo redattore rispettivamente in Rizzoli e in Mondadori, collaborò
con diverse testate giornalistiche e, dopo la guerra, tornò alla Rizzoli come
direttore di periodici femminili. Fu uno
scrittore prolifico, capace di spaziare in ogni genere della narrativa con
ottimi risultati. Fu con i gialli, però, che raggiunse la fama fino ad essere
considerato da molti “esperti del settore” uno dei grandi maestri dei giallisti
italiani, in particolare degli anni Settanta. Alla sua memoria è dedicato il
più importante premio italiano per la letteratura poliziesca e noir: il premio
Scerbanenco. Si riteneva a tutti gli effetti italiano e soffriva molto quando
veniva considerato “straniero” in quella che considerava la sua patria. Visse
gli ultimi anni a Lignano Sabbiadoro ma fu sepolto nel Cimitero Maggiore di
Milano, città che amava e nella quale ambientò diversi gialli, in particolare
quelli con protagonista Duca Lamberti. Medico radiato dall’albo per aver
aiutato un’anziana paziente terminale a morire serenamente, Lamberti, figlio di
un poliziotto, si ritrova ad aiutare le forze dell’ordine in un’indagine molto
delicata. La sua intelligenza, la capacità di ascoltare e capire la natura
delle persone, il suo profondo senso del dovere e della giustizia e la sua
tenacia, lo rendono un ottimo investigatore e, grazie ad un altro poliziotto
grande amico del defunto padre, entra in Polizia. Le sue indagini si snodano
fra le vie di una Milano degli anni Sessanta grigia ma sempre in movimento,
laboriosa, popolata di persone perbene che vivono a stretto contatto con i
malviventi, sfruttatori e sfruttati, industriali e operai, milanesi “doc” e
meridionali…tutti insieme formano un insieme che Lamberti osserva curioso. Si rilassa e si concentra camminando per le vie di Milano, in particolare la
mattina presto o la sera tardi, quando ancora c’è poca gente in giro e il caos
del quotidiano non ha ancora invaso la città. E spesso sente forte la sua
impotenza e la sua rabbia davanti alla cattiveria umana, che arriva a livelli
impensabili e lascia una tristezza infinita, un amaro che permane in bocca... Non ho ancora letto tutti i suoi libri ma credo che Scerbanenco sia
stato davvero un grande scrittore. Ritengo che uno dei suoi noir più “amaro”
sia “I milanesi ammazzano al sabato”, in cui Lamberti sembra frugare in tutti
gli angoli più bui di Milano, fino a trovare la soluzione al caso che, però, arriva come un
pugno nello stomaco. Non c’è spazio per la cucina vera e propria negli scritti
di Scerbanenco ma ho voluto omaggiare lui, Duca Lamberti e, soprattutto,
Milano, che è anche la mia città, preparando il piatto milanese per eccellenza:
il risotto giallo. La ricetta che vi propongo (e che ho seguito alla lettera) è
quella ufficiale, depositata presso il Comune di Milano. RISOTTO ALLA MILANESE (o allo zafferano o giallo)
Ingredienti per 6 persone: 30 g di midollo di manzo o di bue tritato - 2-3 l di brodo bollente ristretto (non deve essere “di dado”!) - Due cucchiai di grasso d’arrosto di manzo chiaro e scuro (se manca aumentare il midollo fino a 60 g) - Una piccola cipolla tritata finemente - Un ciuffo di pistilli di zafferano o una bustina di zafferano – Sale - (Abbondante) Grana Padano grattugiato - 50 g di burro
Mettere in una casseruola il midollo, il burro, eventualmente il grasso d’arrosto, e la cipolla. Cuocere a fiamma bassa finché la cipolla non avrà preso un colore dorato. Aggiungere il riso e rimescolarlo bene perché possa assorbire il condimento. A questo punto alzare la fiamma e iniziare a versare sul riso il brodo bollente a mestoli, continuando a rimestare regolarmente con un cucchiaio di legno. Man mano che il brodo evapora e viene assorbito, continuare a cuocere sempre a fuoco vivo e aggiungendo man mano altro brodo a mestolate fino a cottura ultimata, facendo attenzione che il riso resti al dente (cottura da 14 a 18 minuti approssimativamente, a seconda della qualità di riso utilizzato). Arrivati a due terzi di cottura, aggiungere i pistilli di zafferano preventivamente sciolti nel brodo: se però si usa zafferano in polvere, è necessario aggiungerlo a fine cottura per non perderne il profumo. A cottura ultimata aggiungere il burro e il grana padano e lasciar mantecare per qualche minuto. Aggiustare di sale. Il risotto deve essere piuttosto liquido (“all’onda”), con i chicchi ben divisi, ma legati fra loro da un insieme cremoso. Importante è non aggiungere mai del vino, che ucciderebbe il profumo dello zafferano! Vi confesso che adoro il risotto alla milanese e lo considero uno dei miei piatti preferiti. Quando ero ragazzina mia nonna lo faceva completo, cioè accompagnato da un ossobuco “in gremolada” (misto di aglio, prezzemolo e buccia di limone) ed era subito festa! L’ho assaggiato anche in alcuni ristoranti e trattorie che si definiscono milanesi ma il sapore che aveva quello della nonna Giulia non l’ho mai ritrovato. Vorrà dire che prima o poi mi cimenterò nella ricetta completa, con l'ossobuco, almeno per provare a ricreare quei sapori, quei profumi, quei colori…poi vi dirò se ci sono riuscita. Nel frattempo vi consiglio di farvi un bel risotto all’onda: con questo freddo sarà come avere il sole nel piatto!
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