Luciano Cosimo Carluccio è nato a Zurigo nel 1966, si è laureato in
Chimica a Firenze, vive e lavora in provincia di Milano, come ricercatore in
una società petrolifera…e questo al momento è tutto ciò che si sa di questo
scrittore. Beh! Del resto non serve sapere altro per apprezzare la sua bravura, il suo
stile narrativo schietto e coinvolgente, la sua capacità di farti “vivere” i
suoi libri e di catapultarti in una Milano vera, autentica, viva e pulsante.
Già perché è proprio questo che mi ha colpito delle sue tre opere: una volta
che ho iniziato a leggere le prime pagine ho dovuto arrivare alla fine e una
volta letto il primo libro ho dovuto leggere anche gli altri. Sarà che sono di
Milano e che ho vissuto proprio vicino ad alcune delle zone che fanno da sfondo
alle sue storie, sarà che il protagonista mi è simpatico e sarà pure che mi
sono “imbattuta” in Carluccio per caso, tramite una collega…fatto sta che i
suoi libri mi hanno proprio “preso”! In tutti e tre i suoi scritti, Carluccio
affronta temi forti, molto attuali e spesso il confine fra il bene e il male non è così netto e viene superato anche da chi dovrebbe, invece, tenerlo più marcato. “Perline
colorate” (2013), “Rifiuti particolari” (2016) e “Perfidi inganni” (2018) sono
i titoli dei tre gialli, tutti con un unico protagonista: il commissario Cosimo
Cucci, detto Mino. Originario della Puglia, single (almeno nella prima avventura…), Cucci è schivo, metodico, pignolo,
rigoroso, attento al minimo dettaglio sul lavoro e nella vita. È ancora scosso
dal fallimento di un’importante operazione, durante la quale sei dei suoi
uomini hanno perso la vita ed in seguito alla quale è stato trasferito dall’Antidroga
alla Omicidi. Runner appassionato, ogni
mattina, puntuale come un orologio
svizzero, si alza all’alba per correre nel Parco di Trenno poi torna a casa, si
prepara e va in Questura. Durante la corsa pensa al caso che sta seguendo,
cercando di fare ordine fra le varie prove acquisite, le testimonianze
ascoltate e i tanti piccoli dettagli che sembrano fuori posto. E, a poco a
poco, ogni tessera del puzzle trova la sua collocazione e la verità emerge,
portando con sé un gusto amaro, a volte acido. Le indagini di Cucci, però, ci
fanno conoscere e apprezzare anche la sua grande umanità, la sua capacità di
empatia, il suo disgusto per gli arrampicatori sociali, il suo rispetto per l’onestà
e per la diversità, il suo desiderio di giustizia unito al profondo senso del
dovere. Accanto a lui troviamo i suoi uomini più fidati: l’assistente capo
Carmine Esposito e il viceispettore Libero Centamore, sempre pronti a seguirlo
e ad assecondare le sue richieste, anche quelle apparentemente stravaganti. E,
al di fuori della Questura, i suoi amici e corregionali Santino e Luce, rispettivamente
gestore e cuoca del ristorante “Il saraceno”, che hanno a cuore il giovane
commissario e, in particolare, il suo stomaco! Luce, con grande senso materno,
lo trova sempre sciupato e gli prepara dei piatti tipici della cucina pugliese,
che lui apprezza e gusta con sano appetito, accompagnati da un buon vino! Che
soddisfazione! Meno male che ogni tanto si trovano ancora dei protagonisti che
sanno godere della buona tavola! Sinceramente mi sono trovata un po’ in
imbarazzo a scegliere uno dei piatti di cui si parla nei libri di Carluccio e,
siccome sono anch’io un po’ pignola, mi sto preparando per cercare di
riprodurne uno in modo degno di Luce…magari in occasione del prossimo libro!!!
Nel frattempo, visto che anche il clima mi impedisce di “lasciarmi andare” in
cucina come vorrei (!), ho deciso di proporvi una ricetta preparata proprio dal commissario Cucci in persona: le friselle (o frise) con i pomodori. Mi sono documentata e ho scoperto che c’è molta storia dietro questo piatto semplice e gustoso che è tanto amato e non solo in Puglia! Le sue origini risalgono ai tempi dei Crociati, che le inserivano nel loro vettovagliamento in vista delle lunghe spedizioni. Le friselle, infatti, si prestano ad una lunga conservazione e, per questo, sono sempre state utilizzate dai contadini e, soprattutto, dai pescatori che si limitavano a bagnarle con l’acqua del mare per poi farcirle con pomodorini e altre verdure o ad utilizzarle per accompagnare le zuppe di pesce. Si tratta, in pratica, di grandi taralli di grano duro o di orzo, cotti nel forno, tagliati a metà in senso orizzontale e messi di nuovo in forno. Per questo hanno una parte liscia e una ruvida. Sono tante le possibili farciture di questa specie di “pane biscottato” ma direi che la più classica è quella che vede le friselle servite con pomodorini, sale e olio. Io vi propongo la mia versione, vicina ma non identica a quella del buon commissario Cucci.
FRISELLE, POMODORI E CIPOLLOTTI
Ingredienti: friselle (due o più a persona…dipende dalla grandezza
delle friselle e…da chi avete a
tavola!!!) – pomodori – cipollotti freschi – sale
– pepe – olio evo – olive (a piacere)
Anzitutto preparate un piatto con un po’ di acqua leggermente salata
(Io ho aggiunto anche un po’ di acqua dei pomodori), perché bisogna
“sponzare” le friselle, bisogna cioè bagnarle, immergendole nell’acqua. Questo
passaggio è molto importante: infatti in base a come si preferiscono, più
croccanti o più morbide, si devono lasciare immerse per circa 30 sec o 1
minuto. Dopo averle ammorbidite si può iniziare a condirle. Ho preparato i
pomodori, tagliandoli a piccoli pezzettini, e li ho uniti ai cipollotti, li ho
conditi con olio evo, sale, pepe e origano e li ho posati sulle friselle.
(Volendo si possono unire delle olive, del formaggio o altro, a vostro
piacimento). Infine ho versato un filo di olio e le ho servite con una
burratina e un bel bicchiere di vino bianco ghiacciato! Che buone! Vi assicuro
che le rifarò presto, magari cercando anche di fare proprio le friselle,
anziché comprarle già pronte. Per ora è andata benissimo così. E allora buon appetito e alla prossima!
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