Maurizio De Giovanni, napoletano verace classe 1958, è uno scrittore,
sceneggiatore e drammaturgo italiano, conosciuto soprattutto come autore di
libri gialli, pur avendo “spaziato” anche in altri generi. Nel 2005 partecipa
ad un concorso per giallisti emergenti e per l’occasione crea il commissario
Ricciardi, che vive e lavora nella Napoli degli Anni Trenta. Il successo è
immediato e a questo primo racconto, seguono altri romanzi con lo stesso
protagonista. Ricciardi, però, non è l’unico personaggio creato da De Giovanni.
A lui, infatti, si affiancano prima l’ispettore Lojacono e, in seguito,
Lojacono e la sua squadra, nota come quella dei “Bastardi di Pizzofalcone”. Dai
libri dei “bastardi” è stata tratta la fortunata serie televisiva con
Alessandro Gassman, trasmessa dalla Rai a partire dal 2017, mentre proprio in
questi giorni si sta girando la prima serie dedicata al commissario Ricciardi,
che sarà interpretato dal bravissimo Lino Guanciale. I primi quattro romanzi
che vedono protagonista il commissario compongono il cosiddetto “ciclo delle
stagioni”: “Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi”,
“La condanna del sangue. La primavera del commissario Ricciardi”, “Il
posto di ognuno. L’estate del commissario Ricciardi” ed infine “Il giorno dei
morti. L’autunno del commissario Ricciardi”. Se volete conoscerlo, iniziate
proprio da questi ed in questo ordine. De Giovanni, infatti, ne ha scritti
altri undici ma questi ci permettono di conoscere a fondo questo personaggio
così singolare nel panorama del genere giallo-noir italiano. Nato nel 1900 in
Cilento, da una famiglia nobile, alla morte dei genitori Luigi Alfredo Ricciardi, barone di Malomonte, si trasferisce a Napoli con Rosa, l’anziana tata che lo ha cresciuto e continua ad amarlo come se fosse suo figlio (…e a pregare che si trovi una donna da sposare!) Nella città partenopea si laurea in legge ed entra nella Regia polizia, pur non avendo necessità di lavorare. Ricco, integerrimo, intelligente; la sua preparazione, la sua capacità deduttiva ed il suo carattere introverso lo mettono in cattiva luce con i colleghi, che non riescono a relazionarsi con un uomo così strano ed ombroso, che considera vittime anche i colpevoli dei delitti sui quali indaga. Al contrario, la sua completa indifferenza verso la carriera e verso qualsiasi tipo di riconoscimento, gli avvalgono il rispetto dei superiori, primo fra tutti il vicequestore Garzo, che si prende volentieri i suoi meriti davanti al regime ed alla stampa e si fa sentire solo quando, durante le sue indagini, il commissario non usa nessun tipo di riguardo nei confronti di nobili e potenti (Non dimentichiamoci che siamo negli Anni Trenta, nel pieno dell’epoca fascista). Gli unici due colleghi con i quali il commissario si rapporta volentieri sono il brigadiere Maione, suo braccio destro, padre di famiglia e poliziotto dal cuore grande, e il razionale e umanissimo dottor Modo, medico legale e ardente antifascista. Oltre alle sue incredibili doti, il commissario ha una caratteristica segreta che lo tormenta ma spesso lo aiuta nella soluzione dei casi, anche dei più difficili. Lui “sente” il dolore, “vede” le vittime di morte violenta e sente le loro ultime parole. Si tratta di un “dono” o di una condanna? Non sempre la differenza è netta. Ricciardi lo chiama “il fatto” e ci convive fin da bambino, quando scopre in un campo il cadavere di un bracciante. Crescendo ha cercato di gestire questo “fatto” e di non parlarne con nessuno, per paura di essere definito pazzo. Ciò lo fa vivere in un'atmosfera di continua tristezza, circondato dalle immagini dei corpi straziati in incidenti, suicidi e omicidi e dalla mestizia delle loro ultime invocazioni d'aiuto. Ha conosciuto Maione proprio quando il figlio del brigadiere, anch'egli poliziotto, fu ucciso e Ricciardi gli riferì le sue ultime parole. E il brigadiere non lo ha giudicato e, anzi, da allora non lo ha più abbandonato. Lo accompagna, infatti, in ogni sua indagine, ammirando il suo profondo senso della giustizia e la sua capacità di calarsi nei panni di vittima e carnefice, tornando e ritornando sugli stessi dettagli, lavorando senza sosta per non correre il rischio di incolpare un innocente. Per il commissario il movente di qualsiasi delitto si riconduce a due soli motivi: la fame o l’amore. E le sue indagini confermano quasi sempre questa sua convinzione. A causa del “fatto” la sua vita affettiva è vuota. Le uniche donne presenti nella sua esistenza sono Rosa,
che è per lui come una madre, Enrica, una timida ragazza che lui ama platonicamente, guardandola dalla finestra della sua stanza, ignaro del fatto che anche lei lo osserva ogni giorno, e Livia, vedova di un famoso tenore, che lo corteggia apertamente. A parte queste “distrazioni”, il nostro buon Ricciardi non fa altro che lavorare. A pranzo mangia una pizza al volo o si concede una sfogliatella al Caffè Gambrinus, in piazza Plebiscito, mentre alla cena (per fortuna!) ci pensa Rosa. Avendo molto apprezzato i libri che lo vedono protagonista, non vedo l’ora di guardare anche la serie televisiva: sono proprio curiosa di vedere come riusciranno a portare sul piccolo schermo questo originalissimo personaggio! Vi consiglio, nel frattempo, di leggere i suoi romanzi, almeno il ciclo delle stagioni e vi segnalo, nell’edizione Einaudi del primo libro, quello sull’inverno, il racconto dell’incontro fra il commissario Ricciardi e Maurizio De Giovanni, il suo creatore: davvero notevole! Per quanto riguarda il gusto, beh! Ho scelto una missione suicida: ho deciso di misurarmi con le sfogliatelle! E visto che sono proprio fuori di testa, ho provato a fare sia le sfogliatelle ricce che le frolle! Le prime sono state un completo disastro perché ho miseramente fallito con la sfoglia (ma ci riproverò, non dubitate!), mentre le altre sono venute proprio bene! Provateci anche voi e poi fatemi sapere se ci siete riusciti!!!
SFOGLIATELLE NAPOLETANE NELLE DUE VARIANTI (ricetta originale
partenopea)Cilento, da una famiglia nobile, alla morte dei genitori Luigi Alfredo Ricciardi, barone di Malomonte, si trasferisce a Napoli con Rosa, l’anziana tata che lo ha cresciuto e continua ad amarlo come se fosse suo figlio (…e a pregare che si trovi una donna da sposare!) Nella città partenopea si laurea in legge ed entra nella Regia polizia, pur non avendo necessità di lavorare. Ricco, integerrimo, intelligente; la sua preparazione, la sua capacità deduttiva ed il suo carattere introverso lo mettono in cattiva luce con i colleghi, che non riescono a relazionarsi con un uomo così strano ed ombroso, che considera vittime anche i colpevoli dei delitti sui quali indaga. Al contrario, la sua completa indifferenza verso la carriera e verso qualsiasi tipo di riconoscimento, gli avvalgono il rispetto dei superiori, primo fra tutti il vicequestore Garzo, che si prende volentieri i suoi meriti davanti al regime ed alla stampa e si fa sentire solo quando, durante le sue indagini, il commissario non usa nessun tipo di riguardo nei confronti di nobili e potenti (Non dimentichiamoci che siamo negli Anni Trenta, nel pieno dell’epoca fascista). Gli unici due colleghi con i quali il commissario si rapporta volentieri sono il brigadiere Maione, suo braccio destro, padre di famiglia e poliziotto dal cuore grande, e il razionale e umanissimo dottor Modo, medico legale e ardente antifascista. Oltre alle sue incredibili doti, il commissario ha una caratteristica segreta che lo tormenta ma spesso lo aiuta nella soluzione dei casi, anche dei più difficili. Lui “sente” il dolore, “vede” le vittime di morte violenta e sente le loro ultime parole. Si tratta di un “dono” o di una condanna? Non sempre la differenza è netta. Ricciardi lo chiama “il fatto” e ci convive fin da bambino, quando scopre in un campo il cadavere di un bracciante. Crescendo ha cercato di gestire questo “fatto” e di non parlarne con nessuno, per paura di essere definito pazzo. Ciò lo fa vivere in un'atmosfera di continua tristezza, circondato dalle immagini dei corpi straziati in incidenti, suicidi e omicidi e dalla mestizia delle loro ultime invocazioni d'aiuto. Ha conosciuto Maione proprio quando il figlio del brigadiere, anch'egli poliziotto, fu ucciso e Ricciardi gli riferì le sue ultime parole. E il brigadiere non lo ha giudicato e, anzi, da allora non lo ha più abbandonato. Lo accompagna, infatti, in ogni sua indagine, ammirando il suo profondo senso della giustizia e la sua capacità di calarsi nei panni di vittima e carnefice, tornando e ritornando sugli stessi dettagli, lavorando senza sosta per non correre il rischio di incolpare un innocente. Per il commissario il movente di qualsiasi delitto si riconduce a due soli motivi: la fame o l’amore. E le sue indagini confermano quasi sempre questa sua convinzione. A causa del “fatto” la sua vita affettiva è vuota. Le uniche donne presenti nella sua esistenza sono Rosa,
che è per lui come una madre, Enrica, una timida ragazza che lui ama platonicamente, guardandola dalla finestra della sua stanza, ignaro del fatto che anche lei lo osserva ogni giorno, e Livia, vedova di un famoso tenore, che lo corteggia apertamente. A parte queste “distrazioni”, il nostro buon Ricciardi non fa altro che lavorare. A pranzo mangia una pizza al volo o si concede una sfogliatella al Caffè Gambrinus, in piazza Plebiscito, mentre alla cena (per fortuna!) ci pensa Rosa. Avendo molto apprezzato i libri che lo vedono protagonista, non vedo l’ora di guardare anche la serie televisiva: sono proprio curiosa di vedere come riusciranno a portare sul piccolo schermo questo originalissimo personaggio! Vi consiglio, nel frattempo, di leggere i suoi romanzi, almeno il ciclo delle stagioni e vi segnalo, nell’edizione Einaudi del primo libro, quello sull’inverno, il racconto dell’incontro fra il commissario Ricciardi e Maurizio De Giovanni, il suo creatore: davvero notevole! Per quanto riguarda il gusto, beh! Ho scelto una missione suicida: ho deciso di misurarmi con le sfogliatelle! E visto che sono proprio fuori di testa, ho provato a fare sia le sfogliatelle ricce che le frolle! Le prime sono state un completo disastro perché ho miseramente fallito con la sfoglia (ma ci riproverò, non dubitate!), mentre le altre sono venute proprio bene! Provateci anche voi e poi fatemi sapere se ci siete riusciti!!!
Ingredienti per il ripieno (uguale per entrambe): 250 gr ricotta – 150 gr semolino – 500 ml acqua - 100 gr canditi misti – 150 gr zucchero a velo – un uovo – essenza di vaniglia – cannella
Per la preparazione del ripieno occorre far bollire in una casseruola mezzo litro di acqua, versarvi il semolino a pioggia e mescolare, evitando che si formino grumi. Dopo averlo fatto raffreddare, versarlo in una terrina, unire la ricotta, l’uovo, lo zucchero a velo, i canditi, un pizzico di cannella e qualche goccia di essenza di vaniglia. Far riposare il composto in frigorifero per almeno un paio d’ore.
Ingredienti per l’impasto della sfogliatella frolla: 500 gr farina – 200 gr strutto – 200 gr zucchero – 3
uova Preparare la pasta frolla e farla riposare in frigorifero per almeno un’ora. Riprenderla, stenderla e, con l’aiuto di un coppapasta (o di una tazzina), ricavare dei dischi uguali. Posizionare il ripieno al centro di metà dei dischi e coprirli con la restante metà. Mettere i dolci in forno a 180° per 20 minuti circa. Sfornare, lasciare raffreddare e servire con una spolverata di zucchero a velo.
Ingredienti per l’impasto della sfogliatella riccia: 400 gr farina – 150 gr burro – 50 gr zucchero – un pizzico di sale – acqua q.b.
Lavorare gli ingredienti, aggiungendo acqua sufficiente a rendere l’impasto sodo ed elastico. Dividerlo in 4 sfoglie, sovrapporle e arrotolarle. Tagliare delle fette larghe circa 1 cm e piegarle una ad una, spingendo con le dita e ricavando una specie di “cappuccio”
triangolare, nel quale andrà inserito il ripieno precedentemente preparato. Adagiare le sfoglie sulla teglia e infornare a 200° per 20 minuti, poi a 180° per altri 20 minuti ed infine a 160° per dieci minuti. Le sfogliatelle dovranno essere ben dorate ma non bruciate. Lasciarle raffreddare e servirle con una spolverata di zucchero a velo. Attenzione: una volta sfornate, attratti dal profumo inebriante, vi verrà voglia di addentarne subito una...non fatelo!!!! Esternamente potrebbero anche essere solo un po’ calde ma il ripieno è ustionante!!! Sono l’ideale per un caffè o un tè in compagnia o per una merenda, sul divano, con una tisana calda e un bel libro…in entrambi i casi finiranno in un istante. Buona degustazione, buona lettura e alla prossima!