28/10/2020

INDAGINI E BUON CIBO ALL’ISOLA DI MILANO

Fra un libro e l’altro letto durante le vacanze estive, mi sono imbattuta in uno scrittore che non conoscevo: Giancarlo Bosini. Non si sa molto di lui…a parte che è un architetto milanese doc e che ha iniziato a scrivere solo di recente; il suo esordio, infatti, è avvenuto nel 2011 con “Orazio & Company”, un giallo per ragazzi nato per caso che lo ha subito fatto entrare nel panorama dei giallisti italiani. Lui ha continuato a fare l’architetto ma, per fortuna, non ha smesso di scrivere e dopo quello di Orazio, sono arrivati altri libri fra i quali spiccano l’ironico-surreale “I disperati casi dell’ispettore Tombini”, l’intrigato e storico “Giallo Milano” e il tragicomico “Misteriosi delitti all’Isola di Milano”. Io ho letto quest’ultimo e devo ammettere che mi sono proprio divertita! Certo, si tratta pur sempre di un giallo con tanto di omicidi, intrighi, indizi, sospetti, depistaggi e tutto ciò che serve per creare una certa dose di suspense…ma Bosini riesce a coinvolgere il lettore anche con tanta, tanta ironia. I fatti si svolgono a Milano, ovviamente, e più precisamente nel pittoresco quartiere Isola, che negli ultimi anni ha subito una profonda trasformazione e riqualificazione, diventando una delle zone a mio avviso più belle e autentiche del capoluogo lombardo. I protagonisti principali del romanzo sono l’architetto Bonelli, che vive nel quartiere Isola,
appunto, e si trova suo malgrado coinvolto nelle indagini, e il commissario Silvestri, pacato e arguto poliziotto del quartiere Niguarda. I due, ex compagni di liceo, si ritrovano quando, durante la ristrutturazione di un appartamento affidata al Bonelli (l’articolo è doveroso…siamo a Milano!!!), viene ritrovato uno scheletro murato. I lavori si fermano e parte l’indagine che, a poco a poco, coinvolge tutta una serie di personaggi che vivono nello stabile dove è “successo il fattaccio” e dove, fra l’altro, vive anche lo stesso Bonelli, il quale, preso da un’irrefrenabile curiosità e spinto dalla necessità di riprendere i lavori, si affianca al buon Silvestri formando una strana e simpatica coppia di investigatori. Anche le loro vite private, non sempre idilliache, li vedono allearsi per far fronte alle difficoltà quotidiane fatte di mogli, ex mogli, figli, parenti ingombranti, vicini di casa, gatti, cani e…pappagalli!!! E così fra una falsa pista e uno strano indizio, l’ombra della mafia e la piaga dell’usura, una cena a base di polpette svedesi e un tentato avvelenamento…Bonelli e Silvestri arrivano alla soluzione del caso. Non voglio svelare nulla perché vi consiglio vivamente di leggere questo libro! Io ho deciso che prima o poi leggerò anche gli altri scritti da Bosini e spero di trovare di nuovo Bonelli e Silvestri in altre avventure. Venendo al gusto, se dovessi scegliere una ricetta da proporvi in 
abbinamento a questo romanzo, sarei costretta a scegliere uno dei piatti svedesi cucinati da Bonelli (la cui ex moglie è, appunto, svedese) ma non posso proprio farlo! No! Perché siamo a Milano e sapete bene che io sono milanese e amo la cucina meneghina…come potrei metterla completamente da parte?!?!? Inoltre sono particolarmente legata al quartiere Isola: mio zio, il mitico Marino, ha lavorato da giovane al mercato di via Borsieri e poi, qualche anno fa, ho avuto l’immensa fortuna di lavorare, seppur per poco tempo, nella cucina di uno dei tanti locali che rendono questa zona così unica. Sto parlando della mitica Pizzeria “Alla Fontana” (l’originale!), in via Thaon di Revel, che sforna una pizza fantastica e dei piatti buonissimi dal 1973. Non la conoscete? Allora dovete assolutissimamente andarci! Già, perché almeno una volta nella vita bisogna entrare alla Fontana (che fra l’altro si trova proprio di fronte alla Chiesa di Santa Maria alla Fontana, la quale vale davvero una visita)! Il locale è semplice, dallo stile un po’ vintage, e troverete ad accogliervi i sorrisi dei camerieri e dei pizzaioli; potrete sedervi ad uno dei tavoli (all’interno o all’esterno), guardare una delle lavagne sulle quali sono elencati i piatti del giorno e rimanere lì per un po’ in balìa dell’indecisione…Un trancio di pizza morbida e gustosa, con la mozzarella filante, o una porzione delle meravigliose lasagne? Il pollo allo spiedo con le golose patate
al forno o una succulenta costata cotta al punto giusto? Un piatto del rinomato riso in crosta o una zuppetta di pesce? E ancora la cassœula o la trippa con i fagioli?? Gli ossibuchi o la polenta?? La scelta non è per niente facile e forse la cosa migliore è tornare nelle varie occasioni e stagioni per assaggiare le diverse proposte del bravissimo Martino, cuoco e “front man” della Fontana, capace di trasformare qualsiasi ricetta, anche la più semplice, in un godimento per il palato, nel pieno rispetto della tradizione! Qui non troverete scheletri ma solo tanto, tantissimo gusto e il vero delitto sarebbe non andarci! Quindi stavolta non cucino e vi invito ad andare alla Fontana…magari ci incontriamo là!! Buon appetito e alla prossima! 

02/10/2020

CASSANDRE: INDAGINI NEL CUORE DELL’ALTA SAVOIA

L’ultima tappa del nostro tour è dedicata ad un’altra donna e ci porta nella pittoresca città di Annecy, nell’Alta Savoia. Circondata da scenari mozzafiato, in una posizione unica che un tempo la rendeva strategica, a poca distanza dall’Italia e dalla Svizzera, Annecy è ancora oggi méta di molti turisti, sia in inverno che in estate. Il lago da una parte e le montagne dall’altra fanno da sfondo alle vicende della serie televisiva “Cassandre”. La serie è una delle più recenti nel panorama delle serie tv francesi: ha iniziato, infatti, ad essere trasmessa nel 2015, sta andando tutt’ora in onda, ed è giunta alla quarta stagione. Da noi, invece, è arrivata nel 2018 ed al momento è ferma alla terza stagione. Il commissario Florence Cassandre, interpretata dalla sofisticata Gwendoline Hamon, è un’ottima poliziotta ed è vicinissima ad una promozione ambita da molti: prendere il comando della polizia giudiziaria di Parigi al prestigioso 36 Quai des Orfèvres. Purtroppo, quando la nomina è già praticamente pronta per lei, decide di rinunciare e chiede il trasferimento ad Annecy…perché? Per il suo più grande amore: Jules, il figlio adolescente. Ribelle e dal carattere difficile, dopo la separazione dei genitori, Jules si è cacciato in un guaio dopo l’altro, fino ad infrangere la legge. Il giudice del tribunale dei minori, per aiutarlo e per evitargli il riformatorio, lo costringe a vivere per qualche anno in una sorta di “collegio-comunità” ad Annecy, appunto, dove la disciplina, lo studio e il lavoro scandiscono il ritmo della vita di tanti giovani come lui. E così Florence, che è un bravo commissario e al contempo una madre un po’ “ansiosa”, decide di mettere da parte tutto e tutti e si ritrova in mezzo alle montagne. All’inizio la vita in montagna non le va molto a genio, in più la squadra che è chiamata a dirigere la accoglie con la diffidenza tipica della provincia nei confronti di chi viene dalla città e anche con un po’ di rancore, dovuto al fatto che erano già pronti a vedere un altro
a ricoprire quel ruolo. Già, perché al posto di Cassandre doveva esserci quello che ora è il suo vice, l’affascinante capitano Pascal Roche, poliziotto un po’ “fuori dagli schemi”, abituato a condurre le indagini a modo suo e incurante delle regole. Ex “infant terrible”, bello e “dannato”, Pascal è entrato in Polizia per riscattarsi da un’adolescenza e una giovinezza turbolenta ed è diventato il punto di riferimento del gruppo di poliziotti con i quali lavora quotidianamente. Figlio della procuratrice “di ferro”, Evelyne Roche (madre onnipresente e un po’ “ingombrante”) Pascal in realtà è quello che soffre meno per la mancata promozione e che accoglie il nuovo commissario con un certo entusiasmo, cercando di “mediare” con il resto della squadra e, soprattutto, con la madre. Cassandre, comunque, non è certo tipo da scoraggiarsi e si fa conoscere e rispettare lavorando per prima sul campo insieme ai colleghi. A poco a poco riesce a conquistare la loro fiducia e a creare una buona sinergia, grazie alla quale i casi affrontati nei vari episodi vengono risolti brillantemente. Ad aiutarla in particolare troviamo il simpatico tenente Jean-Paul Marchand, l’intraprendete e giovane tenente Nicky Maleva (gelosa di Pascal con il quale ha una storia) e il maggiore Sidonie Montferrat, donna semplice ed efficiente, da sempre segretamente innamorata di Marchand. Ci sono poi altri personaggi secondari, fra i quali Philippe, ex marito di Florence e padre di Jules, ufficiale della Polizia doganale, Audrey Roche, avvocatessa in carriera e sorella di Pascal, e Stephane, poliziotto parigino ex collega (ed ex amante) di Cassandre. La serie mi piace molto, in particolare per il metodo di indagine di Cassandre: inizia cercando di “conoscere” la vittima e tutte le persone che in qualche modo hanno fatto parte della sua vita, prende in esame tutte le piste senza scartare niente e nessuno e si concentra sull’umanità di tutti i protagonisti di ciascuna vicenda, immedesimandosi ed entrando nelle loro esistenze. E facendo lavoro di squadra riesce sempre a risolvere i casi che le vengono affidati, spesso arrivando a discutere con superiori e sottoposti pur di arrivare alla verità. Ispirandomi alla bellissima ambientazione di questa serie, ho scelto di abbinare una ricetta tradizionale dell’Alta Savoia, dai sapori forti e decisi, semplice e
di grande effetto. I pochi ingredienti che la compongono, pur mantenendo la loro identità, riescono a fondersi egregiamente, dando vita ad un piatto unico, una vera festa per il palato. Un po’ come Cassandre e la sua squadra: ciascuno di loro ha un proprio carattere e sa lavorare da solo ma è insieme agli altri che riesce a dare il meglio. Il piatto di cui sto parlando è la “tartiflette”! La conoscete? No? Beh! Io vi consiglio di provarla…soprattutto in questi giorni di inizio autunno particolarmente umidi, nei quali è molto facile riuscire a gustarla e a lasciarsi avvolgere dall’intensità dei suoi sapori. Ecco a voi la ricetta.

TARTIFLETTE

Ingredienti per 4-6 persone: 1 Reblochon Dop (formaggio francese a pasta pressata da latte crudo di

vacca, tipico della Savoia) - 1 kg di patate di buona qualità - 200 g di pancetta affumicata a cubetti - 200 g di cipolle - 1 dl di vino bianco – pepe - noce moscata (facoltativa)

Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti o a fettine. Tagliate a rondelle le cipolle. Fate saltare la pancetta a cubetti in una padella assieme alle cipolle (senza aggiungere olio o burro) fino a quando inizieranno a essere dorate. Unitevi le patate e fate cuocere a fuoco medio per 20 minuti. Bagnate con il vino bianco, fate evaporare e lasciate cuocere per altri 5 minuti. Pepate e aggiungete della noce moscata se lo desiderate.

Tagliate il Reblochon in due parti nel senso dello spessore, conservate una delle due “facce” e tagliate l’altra in piccoli pezzettini che unirete al composto di patate e pancetta. Trasferite il composto in una pirofila da forno e posatevi sopra l’altra metà di Reblochon tagliata in due o quattro parti (la crosta va rivolta verso l’alto). Fate gratinare in forno preriscaldato a 200° per circa 15-20 minuti, quindi servite ben caldo accompagnando con un buon vino: una vera coccola! Buon appetito e alla prossima settimana.