Per il libro di
cui vi voglio parlare oggi, torniamo a Milano, la Milano di metà degli Anni
Settanta, quella avvolta dalla nebbia, umida e malinconica, raccontata da
Renato Olivieri (1925 – 2013). Olivieri, di origini venete, si trasferisce
nella metropoli lombarda a 14 anni e lì vive fino alla sua morte. Impara fin da
subito ad amare questa città e ne fa uno dei “personaggi” dei suoi romanzi.
Giornalista e scrittore, incontra il successo grazie al protagonista dei suoi
gialli, il commissario Ambrosio, di cui scrive per un ventennio, dal 1978 al
1998, e grazie al quale vince anche degli importanti premi letterari, fra cui
l’ambito “Premio Scerbanenco” nel 1993. Amante del bello, conoscitore dell’arte
e della natura umana, introverso, Olivieri “passa” queste sue caratteristiche
ad Ambrosio e lo rende uno dei poliziotti più famosi nel panorama dei gialli
italiani, interpretato al cinema dal grande Ugo Tognazzi nel film “I giorni del

commissario Ambrosio”, per la regia di Sergio Corbucci. L’esordio di Ambrosio
avviene nel 1978, quando esce il primo libro che lo vede protagonista: “Il caso
Kodra”. In una fredda sera di gennaio, a Milano (ovviamente!), una donna viene
investita da un’auto e lasciata sul bordo della strada, di fronte al palazzo in cui viveva. Morirà più tardi al
Policlinico, pronunciando una parola incomprensibile, simile a Pola, Paola,
Paolo. Non ci sono testimoni e il caso dovrebbe essere archiviato come semplice
ed ignobile omissione di soccorso…dovrebbe…sì, perché al vicecommissario Giulio
Ambrosio qualcosa non quadra. Inizialmente si interessa della morte della misteriosa
signora Anna Kodra, vedova e sola al mondo, unicamente in relazione alla via in cui abitava, via Catalani all'angolo con via Porpora,
situata in una zona che lo riporta al passato. Poi, però, a poco a poco capisce
che quello che sembra un caso di morte accidentale è un vero e proprio
omicidio. Sostenuto dal commissario capo Massagrande, suo superiore, e
dall’aiuto dell’affascinante Emanuela, giovane infermiera che ha assistito la
vittima prima che morisse (e con la quale si mette a flirtare), Ambrosio sfodera
le sue grandi doti investigative e inizia una vera e propria indagine. Cercando
nella vita della signora Kodra finirà spesso avvolto dalla nebbia fitta, sia in
senso figurato che in senso effettivo, e si ritroverà a dover scavare nel

passato per poter capire il perché, il come e il chi. Ambrosio ha un metodo
tutto particolare di gestire il caso: ha una curiosità innata che lo spinge a
fare domande su domande alle persone coinvolte e a ritornare nei luoghi che
diventano parte integrante della matassa che cerca di dipanare. I vicini di
casa, l’ex datore di lavoro, il presunto amante…tutti devono fare i conti con
la tenacia di Ambrosio e con i suoi pacati ma efficaci interrogatori. Non vado
oltre ma vi invito a leggere questo libro, a mio avviso godibile e scritto
davvero bene, capace di coinvolgere e di regalare qualcosa anche ai lettori più
esigenti. E adesso che vi ho presentato scrittore e protagonista, vi chiederete
se possiamo parlare anche di gusto…ebbene sì! Ambrosio è un estimatore della
buona cucina e sa bene cosa vuole. Sceglie locali dove sa che può mangiare e
bere bene, anche quando si tratta di piatti cosiddetti “poveri”.
"C’era un
locale, mezzo caffè mezzo osteria, in via Lodovico il Moro, lungo il Naviglio
Grande, di quelli frequentati da artigiani, bottegai del quartiere e
camionisti…Il padrone, più largo che alto, portava intorno al ventre un
grembiule bianco da oste, un mozzicone di matita all’orecchio. Data l’ora,
quasi le due del pomeriggio, non c’era nessuno. Ambrosio aveva voglia di vino
bianco secco e di uova strapazzate al pomodoro…” Ecco, avete capito? Il
nostro vicecommissario le ha appena prese di santa ragione, ha appena risolto
il caso e rischiato anche la vita e…cosa fa? Porta il principale testimone a
mangiare in una trattoria! Fantastico! Questo è uno dei passaggi più belli del
libro e non perché si parla di cibo ma perché dimostra quanto il gusto abbia
importanza. Dopo una scarica di adrenalina,

dopo un crescendo di tensione, dopo
momenti di pericolo e di sofferenza fisica, Ambrosio ha fame di qualcosa di
semplice. Vuole ritrovare la “certezza”, la “consapevolezza”, quella che ti fa
sentire ancora vivo, capace di gustare un piatto dai sapori decisi e un
bicchiere di vino fresco. Le uova strapazzate al pomodoro per me sono un tuffo
nel passato, un gusto ed un profumo che mi riportano bambina, a tavola, con la
nonna. Lei le preparava ogni tanto, in particolare nei venerdì di Quaresima,
perché non si poteva mangiare la carne e per me era una festa! E allora ecco a voi la semplice ma
gustosa ricetta: se non l’avete mai assaggiata non sapete cosa vi siete persi!
UOVA
STRAPAZZATE AL POMODORO
Ingredienti
(per 2 persone): 4 uova extra fresche - Passata di pomodoro – Cipolla - Olio
extravergine di oliva- Sale - Pepe
Per prima cosa
tritate la cipolla finemente e fatela soffriggere in una padella antiaderente,
con un filo
d'olio evo. Quando sarà leggermente dorata, aggiungete la passata
di pomodoro e un pizzico di sale. Fate cuocere per circa cinque minuti e,
intanto, sbattete le uova in una terrina, con un pizzico di sale e pepe. Aggiungetele
al pomodoro e mescolatele, facendo attenzione che non si rapprendano troppo ma
che rimangano morbide. Servite insieme a dei crostini di pane e ad un bicchiere
di vino bianco fresco: buon appetito!
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