31/01/2018

UN CASO BIZZARRO PER IL COMMISSARIO CARRA


Questo libro è scritto e firmato a quattro mani da Claudio Arbib e Rodolfo Rossi, insegnanti rispettivamente dell’Università dell’Aquila e del Conservatorio di Latina. E infatti si ritrova molta cultura, artistica, letteraria e classica seminata con leggerezza nelle pagine di questo romanzo appassionante, nel quale la trama gialla è il pretesto per parlare di una squadra di poliziotti romani normali, né eroici né troppo violenti, guidati dal commissario Carra, divorziato, solitario, amante del pesce freschissimo che cucina da vero chef, abbastanza pigro, molto intuitivo, non troppo abile con le donne, ma al fondo pieno di malcelata umanità, che traspare dal suo modo di lavorare e di avere rapporti con i collaboratori. Non ci sono donne nella sua squadra, solo due o tre poliziotti normali anch’essi, ma che al momento giusto
sanno agire in modo risoluto ed efficace. Il commissario Carra, in questo caso, non sa proprio che pesci pigliare (per fare una battuta, proprio lui che adora il pesce!) Non gli era mai successo di non riuscire a capire da dove cominciare, né si era mai trovato coinvolto in un caso come questo…lui e la sua squadra sono abituati ad avere a che fare con qualunque tipo di crimine, ma stavolta è davvero troppo. Com’è possibile che siano collegati tra loro il ritrovamento in un cortile di una carcassa di elefante, la sparizione di un ragazzo, il rapimento di un bambino rom e la morte per overdose di una prostituta? Tutto sembra maledettamente assurdo, gli viene da pensare, mentre attraversa la periferia romana alla ricerca del prossimo indizio. E proprio quando la matassa sembrerà impossibile da sbrogliare, l’incontro con uno stravagante quanto acuto barbone metterà il solitario commissario sulle tracce dell’unico filo da seguire. A fare da sfondo il degrado di Roma ai nostri giorni, descritto con puntigliosa precisione dagli autori, che lascia un sapore amaro in bocca, nonostante la simpatica ironia dei personaggi. Le uniche “note di colore” sono costituite dai dialoghi fra Carra e il magistrato di turno, che parla solo per frasi fatte e proverbi latini e dalle simpatiche “escursioni” del commissario al mercato, dove acquista il pesce fresco da mettere in padella, con gli aromi giusti, per rilassarsi con un buon pranzo, prima di tornare alle indagini. Ho voluto scegliere un piatto semplice ma sempre molto amato della nostra cucina: le linguine con le vongole veraci. Spesso Carra sceglie i fasolari ma io ho dovuto adattarmi a ciò che di più fresco aveva il mio pescivendolo di fiducia…e devo dire che ho fatto bene!!!

LINGUINE ALLE VONGOLE VERACI (per 4 persone)

1 kg di vongole veraci - 320 g di linguine - prezzemolo - vino bianco – peperoncino – olio - aglio – pepe - sale

Prima di tutto fate spurgare per almeno 10/12 ore le vongole in acqua di mare oppure in acqua fredda e sale. Passato il tempo necessario, scolatele e ripassatele di nuovo sempre con dell’acqua fredda. Picchiettate le conchiglie su un piano per accertarvi che non ci sia più sabbia. Mettete le vongole in una padella con l'aglio, un po’ di olio evo e il vino bianco a fuoco vivo, fate evaporare l’alcol, poi coprite con un coperchio fino a quando le vongole saranno totalmente aperte.
Ci vorranno circa 3 minuti. Scolatele e recuperate l’acqua (sughetto) ottenuta che andrete a filtrare e a tenere da parte. Fate rosolare a fuoco basso l’aglio con poco peperoncino a aggiungete le vongole, l’acqua filtrata in precedenza e insaporite per qualche minuto. Tritate finemente del prezzemolo. Cuocete le linguine in acqua salata e scolatele molto al dente per non rischiare che in padella scuociano. Mettetele nella padella con le vongole, amalgamate per qualche secondo, servite ben calde con una girata di pepe e prezzemolo. Come vedete questa ricetta è di una semplicità estrema ma il profumo che sale dalla padella, il colore del prezzemolo e delle vongole e, soprattutto, il sapore degli ingredienti che si amalgamano armoniosamente, ne fanno un piatto davvero unico! Se poi lo gustate in compagnia, con un bicchiere di buon vino bianco fresco e frizzante...vi sentirete davvero appagati…almeno spero! E allora buon appetito e alla prossima settimana!!!



24/01/2018

SAPORI ASSASSINI A BOMBAY

Dopo aver perso il lavoro all’università, il fidanzato e tutti i suoi libri, la giovane nipote di Lalli si ritrova a condividere il tetto con la zia. Non è certo la soluzione ideale per dedicarsi al suo nuovo romanzo, ma Lalli emana conforto, sagacia e una grazia vicina alla disciplina: ex poliziotta, infatti, quella sessantenne dallo sguardo acuto è per la Omicidi di Bombay l’ultima spiaggia, la mente che risolve i casi più spinosi e sfuggenti. Quando Hilla, amica di Lalli, invita lei e sua nipote a trascorrere un weekend nella sontuosa villa che ha appena ereditato, le due non sanno tirarsi indietro. Si scoprono immerse in un coloratissimo “acquario” di vip indiani: un ballerino sensuale, una coppia della borghesia bene, un intellettuale senza più musa, un’innocente modella, un ricco industriale amante dei cavalli, uno scrittore di gialli di serie b, una donna dal passato ambiguo e, soprattutto, un cuoco acuto e intrigante. Stuzzicati da danze e preziosi manicaretti della cucina indiana, gli ospiti non attendono altro che il banchetto millenario dell’anno, vedendosi invece servito…un delitto! Questa indagine a porte chiuse, servita in ricercatissime portate, è il primo di una serie di romanzi centrati sulla figura di Miss Lalli, che la critica ha già paragonato a Miss Marple di Agatha Christie e a Precious Ramotswe di Alexander McCall Smith. Per gli amanti del giallo classico questo libro sarà senz’altro una piacevole sorpresa, fatta di sospetti, bugie e personaggi ambigui che si alternano ai profumi e ai sapori della cucina e della cultura indiana. Kalpana Swaminathan (1956), medico e 
scrittrice, vive e lavora a Mumbai (Bombay), inesauribile fonte di ispirazione per il suo lavoro letterario. Già autrice di libri per bambini e di una raccolta di racconti polizieschi, scrive per periodici indiani recensioni e articoli sotto lo pseudonimo di Kalpish Ratna. La serie con protagonista Miss Lalli, dopo "Sapori assassini a Bombay", prosegue con “La canzone del giardiniere”... che ovviamente dovrò leggere presto! Scegliere fra le tante ricette indiane (che io adoro!) non è stato facile, anche perché nel libro ne vengono citate moltissime. Alla fine ho scelto un piatto apparentemente “povero” ma a mio avviso davvero gustoso e tipico di questo affascinante paese: il dahl di lenticchie accompagnato dal naan.
NAAN - È il tipico pane indiano. Solitamente gli indiani lo cuociono nel tandoor (un forno di argilla) oppure su piastre messe a scaldare direttamente sul fuoco. Prima di essere servito viene condito con l’onnipresente ghi, o ghee, il burro chiarificato. La preparazione del naan è molto semplice, non ci sono particolari suggerimenti o trucchi. Rappresenta la base della cucina indiana e lo potrete accompagnare ad ogni piatto arricchendolo con spezie e aromi a vostro piacimento.
Ingredienti per una decina di naan
1 cucchiaino di sale - 500 gr di farina - 7 gr di lievito di birra disidratato -  zucchero (un cucchiaino) - 1 yogurt bianco (125 gr) - 3 cucchiai di olio - 18 cl di acqua
Versate la farina, il sale e lo zucchero in un recipiente, fate un buco al centro, versatevi l'olio, il lievito di birra, lo yogurt e la metà dell'acqua. Mescolate velocemente poi impastate il tutto a mano, aggiungendo poco a poco la restante acqua. Impastate sul piano di lavoro fino ad ottenere una pasta liscia ed omogenea, che non s'incolla più alle mani. Mettete la pasta ottenuta in un recipiente pulito, copritela con un canovaccio e fatela lievitare a temperatura ambiente per 2 ore. Quando la pasta avrà raddoppiato di volume, versatela sul piano di lavoro e tagliatela in 10 pezzi della stessa grandezza. Formate una palla con ogni pezzo di pasta. Infarinate leggermente il piano di lavoro e stendete ogni pallina di pasta con il matterello, in modo da ottenere dei dischi da circa 18 cm di diametro. Scaldate una padella che abbia possibilmente un fondo spesso. Quando sarà ben calda adagiatevi un disco di pasta. Dopo circa 2 minuti di cottura, o comunque quando il lato del naan a contatto con la padella è ben grigliato, girarlo dall'altro lato e farlo cuocere per altri 2 minuti. Quando sarà ben grigliato anche da questo lato, mettetelo su un piatto e procedete con la cottura degli altri Naan, facendoli cuocere uno ad uno.
DAHL DI LENTICCHIE
Ingredienti per 2 persone: 250 gr lenticchie rosse decorticate - 500 ml brodo di verdure – 1 carota – 1 cipolla - 2 cucchiai olio evo - 1 cucchiaino di curcuma in polvere - 1 cucchiaino di cumino - 1 cucchiaio di foglie di coriandolo tritate - 1 pizzico di pepe nero (facoltativo dello zenzero e del curry).
Lavate la carota e la cipolla, sbucciatele e tagliatele finemente. In una padella fate riscaldare due cucchiai di olio extravergine e cuocete i due ingredienti a fiamma media per qualche minuto, come in un soffritto. Aggiungete le lenticchie e le spezie, alzate la fiamma per un paio di minuti. Riabbassate la fiamma e aggiungete poco alla volta il brodo di verdure caldo. Mescolate bene e fate cuocere a fiamma media per circa 20 minuti. Le lenticchie si dovranno ammorbidire e inizieranno a sfaldarsi. Grazie alla curcuma assumeranno un bel colore giallo vivace. A fine cottura avranno assorbito quasi tutto il brodo che avete usato. Mescolate di tanto in tanto con un cucchiaio di legno per evitare che le lenticchie si attacchino al fondo della pentola. Quando saranno pronte
assaggiatele e aggiustatele di sale e pepe o, se preferite, aggiungete zenzero e curry. Potete decidere di frullare una parte del dahl di lenticchie prima di servirlo nei piatti fondi o nelle ciotole. Io ho scelto un piatto elegante, perché mi piace esaltare anche il colore di questa ricetta. Gustate il tutto rigorosamente con le mani: prendete un pezzo di naan e con questo aiutatevi a raccogliere un po’ di dahl dal piatto. Vi assicuro che sentirete una vera e propria esplosione di sapori in bocca e non riuscirete più a fermarvi!

17/01/2018

PRECIOUS RAMOTSWE, DETECTIVE AL TÈ ROSSO


Vi ho parlato la scorsa settimana di Alexander McCall Smith, giallista dello Zimbabwe di origini scozzesi, e di Isabel Dalhousie, protagonista di una delle serie di libri da lui scritti. Oggi voglio, invece, parlarvi della sua creatura più famosa: Precious Ramotswe, la detective numero uno (e anche l’unica) del Botswana.  Ho iniziato proprio dal primo libro a lei dedicato: “Precious Ramotswe, detective”. In questo romanzo, che si fa leggere con estremo piacere grazie alla leggerezza e semplicità dello stile, si entra in un’atmosfera alla Miss Marple. Precious si presenta come una giovane e gentile signora, colta e molto educata, dai modi affabili e con uno spiccato senso di giustizia e moralità. Essendo il primo capitolo di una serie, viene presentata la storia della protagonista. Dopo aver lavorato una vita nelle miniere sudafricane di diamanti, e averci perduto la salute, il padre di Precious torna a casa, in Botswana. La giovane figlia gli sta vicino nei suoi ultimi giorni, e raccoglie i racconti, la saggezza, il testamento di un uomo buono. Con la piccola eredità che le lascia, il padre avrebbe tanto desiderato che la figlia aprisse una macelleria, una piccola attività sicura. Ma Precious ha già preso un'altra decisione: aprire un'agenzia investigativa privata. La sua missione, dice, sarà quella di aiutare le persone normali nei loro problemi quotidiani. La ragazza è irremovibile, e alla fine riceve l’agognata benedizione paterna. Nasce così la “N. 1 Ladies' Detective
Agency” del Botswana: un semplice bungalow, una macchina da scrivere, uno schedario, un furgoncino sgangherato e una teiera sempre pronta per una tazza di tè rosso. E i primi casi non tardano ad arrivare...Tra piccoli ladri, mariti scomparsi o fedifraghi e ragazzine ribelli, la signora Ramotswe si fa sempre più amare dal lettore, che non può che avanzare di pagina in pagina, accorgendosi a un certo punto che la trama non è poi così leggera e l'ironia di Precious non sempre riesce a smorzare la suspense. Con l’aiuto della sua segretaria, la signorina Makutsi, e del signor JBL Matekoni, meccanico e amico, la signora Ramotswe dovrà vedersela con la misteriosa scomparsa di un bambino, scomodando ancestrali tabù della cultura africana. Precious ama particolarmente bere del tè rosso mentre pensa e riflette sui vari aspetti dei suoi casi e ne offre sempre una tazza a chi viene ad ingaggiarla o anche semplicemente a chiedere un suo consiglio. Per lei non è solo una bevanda, è una sorta di compagno di vita, che dà sapore alle sue indagini e le dà una marcia in più…e ha ragione! 
Il tè rosso ("Redbush" in inglese e "Rooibos" in lingua boera) è una bevanda ottenuta dall'infusione di una pianta di origine sudafricana appartenente alla famiglia delle leguminose, l'Aspalathus linearis, che cresce esclusivamente nello Wuppertal, in Sudafrica.  Le proprietà terapeutiche del tè rosso sono incredibili: a differenza di quello nero e quello verde, è completamente privo di caffeina, e quindi può essere bevuto liberamente da tutti e a volontà; ma ciò che lo contraddistingue è l'alto contenuto di sostanze antiossidanti, che fa di questa bevanda un vero e proprio elisir di giovinezza del tutto naturale! Aiuta a combattere l’invecchiamento cellulare, è ricco di vitamina C, di calcio, magnesio, fosforo e ferro. È efficace nei disturbi gastrointestinali, nell’ipertensione, nell’insonnia e nella sindrome premestruale. Per chi pratica sport, oltre ad essere un buon integratore salino, contribuisce a idratare e tonificare il fisico. Il Rooibos è una bevanda dal caratteristico colore rosso brunastro e dal sapore dolce che ricorda la nocciola e la malva. In cucina si prepara allo stesso modo del tè nero o di quello verde (tenendolo in infusione per circa 5 minuti in acqua bollente) e si può gustare al naturale oppure aggiungendovi, a piacere, zucchero o miele e limone; è preferibile evitare l'uso del latte perché la caseina in esso contenuta neutralizzerebbe i polifenoli (componenti benefici del tè) e si può bere anche freddo senza che perda le sue naturali qualità' salutari. Ho pensato, quindi, di cominciare a berlo e di usarlo anche in cucina…vi propongo una ricetta originale e semplicissima che sicuramente piacerebbe anche alla signora Ramotswe!

RICETTA TORTA AL TÈ ROSSO
Ingredienti per 6-8 persone:

Per uno stampo da 22 cm di diametro: • 250 g di farina 00 • 250 g di zucchero semolato • 250 g di burro morbido • 4 uova a temperatura ambiente • 1/2 bacca di vaniglia • 16 g di lievito per dolci • 2 cucchiai di latte • 2 cucchiaini di polvere di tè rosso • 1/2 cucchiaio di zucchero a velo


In una ciotola montate lo zucchero e il burro morbido (se volete fatelo con lo sbattitore elettrico). Dovrete ottenere un composto spumoso. Incorporate poi le uova, uno alla volta, e l'estratto di vaniglia continuando a montare. Aggiungete la farina e il lievito setacciati mescolando con una spatola per amalgamare. Unite da ultimo il tè rosso sciolto nel latte tiepido e girate. Versate il tutto all'interno di uno stampo a cerniera da 22 cm di diametro, imburrato e infarinato. Livellate con un cucchiaio e cuocete in forno già caldo a 170° in modalità statico per circa 60 minuti, verificando la cottura con uno stecchino. Sfornate e fate raffreddare completamente. Al momento di servire spolverizzate con 1/2 cucchiaio di zucchero a velo e, se volete, 1/2 cucchiaio di tè rosso. Io l’ho accompagnata, ovviamente, con un buon libro e una tazza di tè rosso caldo e fumante…saranno le proprietà tonificanti del Rooibos, sarà la bontà della torta, sarà che il giallo che sto leggendo mi prende…ma vi assicuro che mi sento già meglio! Vi aspetto al prossimo post!

10/01/2018

ISABEL DALHOUSIE: FILOSOFA, INVESTIGATRICE E…GOLOSA!!!


Alexander McCall Smith, nato nello Zimbabwe, dove è cresciuto prima di completare gli studi in Scozia, vive almeno due vite. In una è un rinomato esperto di diritto applicato alla medicina e alla bioetica, autore di dotte opere specialistiche e vicepresidente della commissione inglese per la genetica, nell’altra è scrittore e creatore di diverse serie di gialli e mistery la cui fama si è prodigiosamente diffusa in tutto il mondo, tra le quali i casi di Precious Ramotswe, la detective n°1 del Botswana, quelli di Isabel Dalhousie, filosofa e investigatrice, e le storie del 44 Scotland street. Inizierò con il parlarvi di Mrs Dalhousie. Scozzese, intrepida, curiosa e affascinante fondatrice del Club dei filosofi dilettanti, ha una straordinaria propensione ad immischiarsi nei guai, in particolare quelli degli altri! Isabel alterna la sua ufficiale attività di filosofa a quella di investigatrice dilettante, prendendo a cuore le persone che 
incontra e che molte volte si confidano con lei e chiedono il suo aiuto. Vive a Edimburgo, ha una nipote, Cat, che spesso la affianca nelle sue indagini e che possiede un negozio di gastronomia, in cui si possono trovare prodotti provenienti da tutto il mondo, e dove abitualmente Isabel si ferma a leggere un giornale e a concedersi un pranzo o uno spuntino con una delle tante leccornie in vendita. Il più delle volte prende solo un caffè e un bagel ma, essendo una buongustaia non sa resistere alle tentazioni! Predilige le specialità italiane e quindi è facile trovarla a sbocconcellare un po’ di grana, dell’uva, dei pomodorini…il tutto accompagnato da un bicchiere di Chianti o di Bonarda e da una buona lettura. Perché per lei cultura e gusto vanno di pari passo…e anche per me! Non ho ancora letto tutti i libri della sua serie ma Isabel Dalhousie mi è piaciuta subito. Non c’è una ricetta in particolare che le piaccia, in quanto è sempre aperta a nuove esperienze, nella vita come a tavola, e quindi assaggia, degusta e apprezza un po’ di tutto. Ho pensato, quindi, di documentarmi in merito ad uno dei tesori della nostra Italia. Signore e signori, ecco a voi sua maestà il Grana Padano che ha umili origini e un sapore regale...non gustarlo sarebbe un delitto! 

La storia narra che il formaggio grana della pianura padana nacque nel 1134 nell'abbazia di Chiaravalle, pochi chilometri a sud di Milano. Veniva prodotto in apposite caldaie all'interno dei monasteri che possono quindi essere considerati i primi caseifici. I monaci lo chiamarono caseus vetus, formaggio vecchio. Il popolo che non aveva dimestichezza con il latino, gli diede un altro nome, derivato dalla particolarità della pasta, compatta ma granulosa. Così nacque il nome di formaggio di grana o più semplicemente grana. I grana più citati sono il lodesano o lodigiano, considerato da molti il più antico, il milanese, il parmigiano, il piacentino ed il mantovano. Da oltre sessant’anni, il Consorzio Tutela Grana Padano riunisce produttori, stagionatori e commercianti del formaggio Grana Padano per garantire il rispetto della ricetta tradizionale e la sua alta qualità riconoscibile e ritrovabile in ogni singola forma prodotta. Il 24 aprile 2002 un decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha riconosciuto al Consorzio le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi a Grana Padano nella sua natura di prodotto DOP, ovvero a Denominazione di Origine Protetta. Si produce in trentadue province dell'Emilia-Romagna, della Lombardia, del Piemonte, del Trentino-Alto Adige e del Veneto; tutte le fasi della filiera produttiva (allevamento e mungitura delle bovine, raccolta e trasformazione del latte in formaggio, stagionatura, eventuale grattatura) devono obbligatoriamente avvenire nella zona di origine. È caratterizzato dai diversi tempi di stagionatura: 
-          da 9 a 16 mesi ha un gusto delicato, da cui affiora tutto il sapore del latte 
-          oltre 16 mesi ha un gusto saporito, non piccante, e un aroma che ricorda la frutta secca e il fieno
-        oltre 20 mesi ha un gusto ricco e pieno, mai aggressivo, fragrante e delicato insieme che ricorda il burro, il fieno e la frutta secca.
Il Grana Padano è un ingrediente che si può utilizzare in tantissime ricette, dolci e salate, semplici ed elaborate, casalinghe o gourmet…è un “jolly” che si apprezza sempre e che riesce a dare quel tocco in più ad ogni piatto. Vi consiglio di provare le varie stagionature per apprezzarlo fino in fondo. Io lo adoro! Mentre cercavo notizie e informazioni da condividere su questo fantastico formaggio…beh…ho dovuto anche verificare e mi sono concessa uno spuntino…l’ho fatto per voi...per non scrivere qualcosa di sbagliato…Ah! Come può essere dura la vita di una blogger…ma del resto lo sapete: mi guidano gusto e delitto!!!




03/01/2018

PESCE E OMICIDI ALL'ACQUA PAZZA!


“…poi ci sono io, un metro e ottanta di cuoco, capelli precocemente bianchi e occhi azzurri, una mezza età inoltrata portata abbastanza bene…in realtà non ho mai studiato da cuoco…sono un autodidatta ma me la cavo, grazie al lungo tirocinio fatto accanto a mia madre Teresa, che mi ha insegnato tutto fin da quando ero bambino. Per la disperazione di mio padre, alla scuola preferivo il mercato rionale e la cucina di mammà, tra melanzane alla parmigiana e peperoni ‘mbuttunati, gnocchi alla sorrentina e pasta al forno…” Omero Sgueglia, il cuoco (non chef!) è il protagonista del giallo di cui vi voglio parlare oggi: “Omicidi all’acqua pazza – I delitti della Costiera”. Dalla sua cucina, fra un piatto e l’altro cucinato con amore e passione, (con gli ingredienti genuini scelti da lui personalmente) questo improbabile segugio osserva con attenzione i clienti e i colleghi dell’hotel in cui lavora, in una delle zone più belle della Costiera Amalfitana, sottoponendo tutti al vaglio della sua curiosità e dello spirito critico che ha ereditato dal padre professore di latino e greco.  E ad ogni cliente si diverte ad abbinare un piatto, cercando di capire quale possa essere quello giusto per tutti e ciascuno… Una sera prepara una fantastica pezzogna
all’acqua pazza per la giovane e bella moglie di un cliente un po’ “attempato”; i due stanno litigando a tavola ma questo non impedisce alla signora di apprezzare la cucina di Omero. La donna purtroppo verrà trovata morta qualche ora dopo, uccisa da un misterioso assassino. Il nostro cuoco, allora, si mette a indagare, dapprima nel tentativo di aiutare un amico Carabiniere che preferisce le pentole alle armi, e poi perché quando qualcosa non lo lascia tranquillo sente come delle “punture di spilli” e deve per forza arrivare alla soluzione del caso. Esordio nel giallo di un giornalista settantenne, Umberto Cutolo, “Omicidi all’acqua pazza” racconta il paesaggio della costiera usando la chiave dei sapori, offre una notevole galleria di personaggi e riesce a tenere in sospeso il lettore fino all’ultima pagina. Cutolo è nato a Roma nel 1947. Per mezzo secolo ha praticato la professione di giornalista, arrivando a dirigere l'Adn Kronos, l'ufficio stampa dei ministeri del Mezzogiorno e dei Trasporti e i mensili dell'ACI L'Automobile e HP Trasporti. Dice che per scrivere questo libro ha mescolato tanti ingredienti, come in un piatto e il risultato è un personaggio vero, schietto, semplice e ironico, capace di arrabbiarsi davanti alla stupidità e alla morbosità dei turisti ma al contempo buono e pronto ad aprire il cuore a chi ha bisogno. Mentre indaga Omero non smette di cucinare e di illustrare ingredienti e sapori, sottolineando l’importanza della semplicità. Siamo solo al primo volume di una trilogia che promette molto bene, sia in termini di gusto che in termini di delitto! Fra i tanti manicaretti proposti da Omero Sgueglia ho voluto scegliere proprio il piatto che ha preparato per la vittima, quello che dà anche il titolo al libro e che è di una semplicità disarmante ma al contempo capace di sprigionare profumi e sapori veri!

Pezzogna all’acqua pazza


Ingredienti per 2 persone

2 pezzogne (in alternativa 2 orate come ho fatto io!!!) 150/200 gr pomodorini ciliegini Acqua - vino bianco (facoltativo) - prezzemolo – aglio – olio evo – sale – pepe Qualche fetta di pane tipo Altamura

Lavate e tagliate i pomodorini e metteteli in una casseruola con circa 200 ml d’acqua, un paio di spicchi di aglio sbucciato, un po’ di prezzemolo, sale, pepe e tre/quattro cucchiai di olio (+ mezzo bicchiere scarso di vino bianco se volete). Portate a ebollizione e cuocete questo “brodetto” per circa 20/30 minuti. Nel frattempo pulite il pesce, sciacquatelo sotto l’acqua corrente, unitelo al brodo e cuocetelo a fiamma bassa per circa 15/20 minuti, girandolo una volta a metà cottura. Disponete il pesce nei piatti e copritelo con i pomodorini e il brodetto, servendolo con le fette di pane precedentemente tostate e condite con un
filo d’olio. La ricetta è davvero molto semplice ma il risultato vi sorprenderà! Questa volta vi consiglio di mangiare questo piatto in compagnia e con un bel bicchiere di vino ma senza leggere il libro di Cutolo….non riuscireste a gustarlo e sarebbe davvero un delitto!!!!!