28/11/2018

UNA CENA PER MILA VASQUEZ


Donato Carrisi, nato a Martina Franca nel 1973, dopo la laurea in giurisprudenza si è specializzato in criminologia e scienze comportamentali e poi ha iniziato a farsi conoscere scrivendo opere teatrali. Vive a Roma e collabora con il “Corriere della Sera”, è uno scrittore, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista e regista…nient’altro?!? Ah! Sì, insegna anche all’Università IULM, dove tiene il corso di “Scrittura di genere: thriller, noir, giallo, mystery”. Nel 1999 debutta come sceneggiatore ma è nel 2009 che il suo nome inizia a farsi conoscere, grazie al suo primo libro giallo “Il suggeritore”, con il quale vince numerosi premi. Al
primo seguono altri libri e tutti ottengono un gran successo; “Il tribunale delle anime”, “L’ipotesi del male”, “La ragazza nella nebbia”, da cui viene tratto un film premiato con il David di Donatello 2018, “Il cacciatore del buio”, solo per citarne qualcuno. E fra poco uscirà il suo ultimo romanzo, che i suoi fans attendono con trepidazione. Siccome sono un po’ “precisina”, non avendo mai letto nessuno dei suoi libri, ho accuratamente evitato di vedere il film (per ora!) e ho iniziato a conoscerlo partendo proprio dal primo, “Il suggeritore” e vi confesso che sono rimasta davvero molto colpita! L’ho divorato! Lo stile di Carrisi è davvero unico: ti coinvolge e ti travolge già dalle prime pagine e ti trascina dentro la storia, con un colpo di scena dietro l’altro, finché non arrivi alla fine e rimani letteralmente a bocca aperta! E tutto questo con pochi fronzoli, con una scrittura semplice, senza tanti giri di parole. L’indagine si svolge a…già, dove si svolge? Non si sa. Per Carrisi, evidentemente, non è importante dare una collocazione precisa agli eventi che racconta. Potrebbero svolgersi in una cittadina del Nord Europa o del Nord America, visto che fa molto freddo, ma non lo sappiamo e non ci interessa. Il gruppo di investigatori che segue l’indagine è formata da elementi che, presi singolarmente, non sarebbero vincenti ma solitamente riescono a fare gioco di squadra e, quindi, ad ottenere ottimi risultati. E quando questi risultati non arrivano, viene chiamato un elemento esterno per aiutarli: Mila Vasquez, un’investigatrice specializzata nella ricerca di persone scomparse. Sì, perché l’indagine è una corsa contro il tempo per salvare una bambina, un vero e proprio incubo per Mila e gli altri. E ogni volta che la Polizia sembra avvicinarsi l’incubo peggiora e li allontana ancora di più dalla loro mèta. Parallelamente alle indagini i componenti del gruppo, dapprima ostili e diffidenti con la nuova arrivata, imparano a conoscerla, ad accoglierla e a coinvolgerla. Mila, però, dovrà affrontare non poche insidie e pericoli e pagherà a caro prezzo le sue scelte prima di arrivare alla soluzione del caso. Non aggiungo altro perché vi consiglio vivamente di leggerlo! Io, invece, leggerò anche gli altri libri di Carrisi e chissà? Magari ve ne parlerò ancora. Nel frattempo vi informo che Mila, come tanti suoi colleghi, mangia poco e male! Per fortuna (sua e del suo stomaco!) c’è una piccola, breve parentesi di vero gusto nel libro: una cena tranquilla in cui lei e Goran, uno dei colleghi, si concedono un’entrecôte con patate. Wow! Questo sì che è mangiare! E allora stasera vi propongo di prepararvene una anche voi e di accompagnarla con la verdura che preferite insieme ad una fantastica salsa bernese che ne esalterà il sapore.

L’ENTRECÔTE - E' un taglio di carne bovina che si ricava dalle due coste dell’animale (in italiano fracosta). Può essere di spessore variabile e si presta a numerose preparazioni differenti. È un taglio che di solito è molto tenero e saporito e non necessita di lunghe cotture e, soprattutto in Francia, viene accompagnato da salse di vario tipo. È una parte molto pregiata del bovino, morbida e con pochissimo grasso. Serve molta maestria per cucinare l’entrecôte alla perfezione (magari con un’irresistibile crosticina leggera in superficie) evitando il rischio di indurirla.

SALSA BERNESE -  La salsa bernese (o béarnaise) è una salsa di origine francese che viene tradizionalmente usata per accompagnare tagli pregiati di carne rossa alla griglia. Come la maggior parte delle salse francesi, l'elemento principale di questa ricetta è il burro, al quale si aggiungono altri ingredienti facilmente reperibili ed economici quali: aceto, scalogno, dragoncello, tuorlo d'uova, succo di limone, sale e pepe. Il risultato è una preparazione base, ormai diffusa nella cucina internazionale, dalla consistenza densa e cremosa e dal colore giallo intenso.

Ingredienti: 200 g di burro fuso • 1 dl d’aceto • 4 scalogni • 2 cucchiai di dragoncello fresco • 3 tuorli • succo di limone • 1 pizzico di pepe di Caienna • sale 

In un pentolino d’acciaio versate l’aceto, unite gli scalogni tritati e metà del dragoncello e salate. Lasciate ridurre il liquido a più della metà. Togliete dal fuoco, filtrate il restante aceto facendo una leggera pressione e lasciate intiepidire. In una casseruola o in una bastardella iniziate a montare i tuorli con la frusta, incorporando a filo l'infusione di aceto e scalogni. Quando il composto diventerà spumoso ponetelo a bagnomaria (l'acqua deve essere già calda) sempre continuando a montare. Quando la crema apparirà ben montata aggiungete il burro fuso, a filo e poco alla volta, lavorando con le fruste fino a quando il composto avrà raggiunto una consistenza cremosa, liscia e omogenea, simile ad uno zabaione. Trasferite la salsa in una ciotola, aggiustatela di pepe, completate con il dragoncello rimasto e, a piacere, con qualche goccia di succo di limone. Bene, ora dovete solo cuocere al punto giusto la carne e poi gustarvela: sarà un momento di puro piacere per il vostro palato, ve lo assicuro! Buon appetito e alla prossima!

22/11/2018

IL COMMISSARIO LANZ: OMICIDI, ARACHIDI E COCA COLA


Proseguiamo sulla scia di Derrick per arrivare ai giorni nostri. Non so se lo avete notato ma sono moltissime le serie televisive importate dalla Germania, che sono state e continuano ad essere proposte dalla Rai, e tutte, più o meno, hanno avuto e hanno molto successo. Oggi, se ancora non la conoscete, vi presento “Il commissario Lanz”, che è arrivata in Italia nel 2014 e viene tuttora trasmessa. Rimaniamo a Monaco di Baviera ma al posto del grigiore di Derrick abbiamo una poliziotta davvero tosta: Vera Lanz, commissario a capo di una squadra originale ed affiatata. Bionda, forte, testarda, apparentemente molto dura ma capace di una forte empatia con il prossimo, Vera deve spesso lottare e dare sempre il massimo per reggere il confronto in un ambiente ancora molto maschilista.
Il marito, poliziotto anche lui, è morto in servizio e lei vive con la figlia Zoe, infermiera alle prime armi. È un po’ casinista, non ama le regole né la burocrazia, cerca di non usare la pistola se non è strettamente necessario, è golosissima di Coca Cola e di arachidi tostate che mangia in gran quantità e che riempiono puntualmente la sua scrivania (già di per sé poco ordinata!), specialmente quando le indagini si fermano e si fatica a trovare una pista da seguire. Lei, però, non demorde mai e arriva sempre alla verità e, quindi, al colpevole. Certo sempre facendo “gioco di squadra”, aiutata dai suoi due collaboratori.  Il primo è Paul Bohmer, il classico poliziotto con molta esperienza, un po’ sciupafemmine, che conosce tutti gli angoli più nascosti della città, ha mille informatori e una memoria storica; ama fare il cattivo ma poi si ritrova nei guai per aver aiutato un giovane teppistello o le prende di santa ragione per aver strappato una prostituta al suo protettore. Il secondo è Jan Trompeter, il più giovane e il più pigro. È un buon poliziotto, sembra sempre un po’ distratto ma è un acuto osservatore ed è molto sensibile. È sfortunatissimo con le donne (e per questo Paul lo prende in giro) e ama le auto d’epoca. Ognuno di loro svolge un ruolo importante nelle varie indagini e questa è un po’ la caratteristica della serie: il capo è Vera ma è sempre la squadra che arriva ad arrestare il colpevole. E veniamo a noi…come tutti i poliziotti sembra che i nostri protagonisti non mangino quasi mai e bevano solo caffè. Qualche volta si vede uno di loro che si
concede una birra o che cerca di andare a cena fuori…ma l’unica cosa certa sono le arachidi che mangiano in ufficio. Sì perché quando Vera si mette a sgranocchiarle, anche Paul e Jan si uniscono a lei…del resto si sa, Chi riesce a resistere alle spagnolette, sia tostate sia salate?! Una tira l’altra e senza accorgertene ne mangi una marea! Arachidi, noccioline americane, spagnolette, bagiggi…vengono chiamate in diversi modi ma la sostanza non cambia: sono davvero pericolose! Arrivate dal Sud America, si sono diffuse enormemente in Europa, principalmente in Italia, almeno fino al 1800, quando la loro coltivazione ha lasciato il posto ad altri prodotti. Il consumo è sempre alto ma è prevalentemente di importazione. Quando non vengono consumate come “golosità” arrivano sulle nostre tavole sotto forma di olio, utilizzato principalmente per friggere. Negli Stati Uniti, invece, pare non riescano a vivere senza il famoso burro di arachidi! Insomma, occorre stare attenti perché creano dipendenza! Persino Pippo le mangia per trasformarsi
in Superpippo!!!! A me piace molto inserirle nell’impasto delle torte più classiche, tipo la ciambella della colazione, il plum-cake all’arancia, i muffin al cioccolato…una piccola aggiunta di qualche spagnoletta tostata e il gusto viene esaltato. La cosa più golosa che ho assaggiato con le arachidi?!? Non ho dubbi: un salame al cioccolato nel quale erano inserite al posto dei biscotti. Banale? Magari sì ma tanto, tanto buono!!!! E allora preparatevi una bella manciata di questi legumi (sì, non ve l’ho detto?!? Sono legumi, non frutti!!) e sgranocchiateli leggendovi un libro o guardandovi una puntata del commissario Lanz, magari sorseggiando una bella Coca fresca! Alla prossima settimana!

14/11/2018

L'ISPETTORE DERRICK: DALLA BAVIERA CON GRIGIORE!


Le prime puntate in Germania furono trasmesse nel 1974 ma in Italia arrivarono nel 1979 e fino al 2000, con ben 281 episodi divisi in 25 stagioni, “L’ispettore Derrick” ebbe un successo incredibile! Inizialmente la critica colpì duramente la serie, definendola mediocre e addirittura noiosa…ma ben presto dovette ricredersi davanti ai record di ascolti che aumentavano ad ogni nuovo episodio. Ma come mai le famiglie italiane erano letteralmente incollate davanti al teleschermo per non perdersi nemmeno un episodio dell’Ispettore Derrick?!? Centinaia di ragazzini si sedevano sul divano assieme ai genitori, costretti a sorbirsi questa serie tedesca che non aveva nulla di entusiasmante…perché?!? Viene proprio da domandarsi da dove venisse un tale apprezzamento!!! Sicuramente si potevano dire molte cose del nostro “eroe tedesco” ma certo non si poteva affermare che fosse un uomo affascinante o di azione, anzi! Rispetto agli stereotipi proposti dalle serie tv statunitensi di quel periodo, per esempio, direi che il nostro ispettore bavarese usciva da
tutti gli schemi, anzi, non ci entrava proprio!!! Quindi?!?!? Dove sta l’arcano mistero?!?!? Andiamo con ordine e analizziamo la serie partendo proprio dal protagonista. L’attore Horst Tappert (1923-2008) interpretò Stephan Derrick per tutte le stagioni, tanto da entrare nel Guinness dei primati come il poliziotto televisivo più longevo. Capelli impomatati tirati indietro (vi svelo un segreto: ha sempre portato un parrucchino!!!), occhiali terrificanti che gli coprono mezza faccia (un altro segreto: dovevano coprire le enormi borse sotto gli occhi dell’attore!!), viso pallido, a tratti grigio, sguardo quasi sempre fisso con la stessa identica espressione, abbigliamento sobrio (ma orologio-pataccone d’oro al polso!), tono di voce mono-nota…insomma l’ispettore Derrick non è mai stato il ritratto dell’allegria, né della salute! Perde raramente la pazienza e non si può dire nemmeno che brilli per simpatia. E cosa dire del fido braccio destro di Derrick, l’ispettore Harry Klein, interpretato da Fritz Wepper dal primo all’ultimo episodio? A parte la chioma castano-rossiccia, sempre molto ben curata, Klein non ha proprio il “physique du role”! Bassino, tarchiato, abbigliamento monocromatico, viene mostrato sempre un po’ tonto rispetto al capo che, alle sue domande, risponde con tono a volte annoiato, spesso saccente. Questo, però, non lo tocca minimamente, visto che pende letteralmente dalle labbra di Derrick e lo segue come un’ombra. Anche le ambientazioni sono tutt’altro che “briose”. L’ufficio di Derrick è grigio quanto lui, essenziale, con le classiche piantine in punto di morte alle finestre, la mappa ingiallita della città, il lavandino in un angolo, la scrivania ingombra di documenti e il telefono nero o grigio, a seconda delle stagioni! La stessa Monaco di Baviera, sede delle avventure dell’ispettore, sembra coperta da una nebbia triste e malinconica! In tutti gli episodi della serie televisiva il ritmo è lento, cadenzato solo dai cambi di inquadratura e dalle domande di Derrick, che fin dall’inizio delle indagini, individua subito il colpevole e comincia a girargli intorno, a fargli mille domande, a fargli visita a casa o sul lavoro…tutto con l’unico obiettivo di farlo crollare. E grazie ai suoi modi educati e pacati, al suo tono conciliante, alla sua ricerca maniacale della verità e, soprattutto, ai suoi estenuanti interrogatori, alla fine il disgraziato di turno confessa le sue colpe! Non c’è altro sullo sfondo, neppure qualche accenno alla vita privata dei protagonisti, dei quali non si sa nulla e che sembra non abbiano neanche una vita al di fuori del lavoro! Tutto ruota attorno all’indagine e le uniche concessioni alla mondanità sono le poche, rare scene girate in una fumosa birreria, dove Derrick e Klein si fermano
per un pasto veloce o per una birra a fine giornata. Da buoni bavaresi i due si gustano classicissimi wurstel e crauti accompagnati da un enorme boccale della bevanda nazionale! Ecco, questa è forse l’unica nota di colore nel grigiore che pervade la serie. Avrei voluto proporvi qualcosa di più originale ma sapete che devo rimanere fedele alle mie scelte e quindi stasera vi allieterò con un abbinamento che abbiamo importato dalla Germania, così come l’ispettore Derrick: ecco a voi i würstel e crauti, anzi, i...
WÜRST MIT SAUERKRAUT  
Ingredienti per 4 persone - 1 kg di cavolo cappuccio bianco - 1 cipolla bianca - 4 spicchi d’aglio - 200 ml di vino bianco - 100 ml di aceto di mele - 2 foglie di alloro - 5 semi di cumino - 5 bacche di ginepro - 2 cucchiai olio evo - Sale e pepe q.b. - Würstel di vari tipi e dimensioni - senape (o altre salse a piacimento)

Prendete il cavolo cappuccio e togliete le foglie più esterne. Levate il torsolo e tagliate le foglie di
cavolo cappuccio a listarelle molto sottili e sciacquatele sotto l’acqua corrente. In una pentola molto capiente versate l’olio e fate appassire la cipolla, privata della buccia e tagliata molto sottile, assieme agli spicchi d’aglio, schiacciati con i rebbi di una forchetta. Cuocete a fuoco basso per una decina di minuti. Alzate la fiamma, aggiungete il cavolo cappuccio e mescolate molto bene, infine sfumate con il vino bianco e l’aceto di mele. Fate evaporare completamente il vino e l’aceto sempre a fiamma viva, quindi unite l’alloro, le bacche di ginepro e i semi di cumino. Abbassate la fiamma al minimo e fate cuocere per due ore, mescolando spesso per non far attaccare al fondo della pentola la verdura. Aggiustate di sale e pepe. Servite i crauti con i würstel cotti alla piastra e accompagnate con senape o altre salse a vostro piacimento. A me piacciono tantissimo in un bel panino croccante, con tanta senape! Quando ero ragazzina andavo con mio padre in un baretto, dopo la chiusura del negozio, e ci mangiavamo un mega panino bello pieno di crauti fumanti e di wurstel saporiti. A volte mi faceva anche assaggiare un goccio di birra…l’importante era che non lo dicessi a mia madre!!! Voi, invece, non lesinate con la birra: bionda e fredda è l’ideale per accompagnare questo piatto ed esaltarne il sapore. Allora alla prossima e auf wiedersehen!!








07/11/2018

VITA DA CANI...POLIZIOTTI!!!


Questa sera voglio fare una specie di “variazione sul tema” portandovi nel mondo delle unità cinofile, composte da poliziotti a due e a quattro zampe. Sono diverse, infatti, le serie di successo che vedono protagonista il cosiddetto migliore amico dell’uomo. Ma prendiamo in esame i più famosi. Nel 1997 ha fatto la sua prima apparizione sulle reti televisive italiane la serie tv “Il commissario Rex” e da subito il bellissimo e simpaticissimo pastore tedesco ha conquistato milioni di telespettatori. Inizialmente lavorava con l’ispettore Richard Moser della Squadra Omicidi di Vienna (interpretato da Tobias Moretti) e con i suoi collaboratori. La squadra è sempre stata molto affiatata e Rex ne ha sempre fatto parte, aiutando nelle indagini, con il suo fiuto e la sua intelligenza. Ogni episodio raccontava un caso diverso: omicidi, furti, frodi, spaccio…e ogni volta l’apporto di Rex e il suo intervento nei momenti più difficili rendevano possibile la cattura del criminale di turno, senza troppa violenza né inutili spargimenti di sangue. Per questo motivo è sempre stata una serie adatta a tutti i tipi di pubblico e ha sempre conquistato un po’ tutte le fasce di età. Oltre alla bravura di Rex, però, a
colpire è anche la simpatia. Famose sono le scene in cui fa dei dispetti ai colleghi Fritz o a Christian, nascondendo oggetti o chiudendo porte, e soprattutto quelle in cui i tre si rubano a vicenda gli immancabili panini col prosciutto o con i wurstel! Del resto, pur essendo un serio “professionista”, Rex rimane pur sempre un cane che ama giocare e che, fra un caso e l’altro, se ne sta accucciato sulla sua amata coperta. Spesso, poi, è capace di mostrare tutto l’affetto che nutre per i suoi amici, in particolare per il suo partner, del quale diventa anche geloso (!), soprattutto quando c’è una fidanzata in giro. Le stagioni della serie austro-tedesca sono state una decina e negli anni sono stati diversi i protagonisti che hanno affiancato Rex, dopo Tobias Moretti; hanno avuto molto successo e ancora oggi le repliche vengono saltuariamente messe in onda. Dal 2008, poi, per otto stagioni è stata creata una serie italiana dal titolo “Rex”, in cui il nostro eroe si trasferisce a Roma e lavora dapprima con il commissario Fabbri (interpretato da Kaspar Capparoni), poi con il commissario Rivera (Ettore Bassi) ed infine con il commissario Terzani (Francesco Arca). Anche la versione “nostrana” ha avuto un discreto successo, pur non arrivando ad eguagliare l’originale. Rimanendo in tema di eroi a quattro zampe, vorrei ricordarne anche altri. Lasciando stare i “mitici” Lassie e Rin Tin Tin, che non rientrano nella categoria, e il già menzionato “Cane” del tenente Colombo, che non fa testo…perché non fa proprio niente (!), vorrei solo accennarvi di altre tre serie degne di nota. Prima in ordine cronologico è “Poliziotto a 4 zampe” del
1989, che racconta di Rinty, un pastore tedesco che lavora nell’unità cinofila della polizia canadese, accanto a Hank Katts ed alla sua squadra. Fra un’indagine e l’altra Rinty riesce sempre a farsi coccolare da tutta la squadra! E chi non ricorda il simpatico duo “Tequila e Bonetti” del 1993, in cui l’affascinante Jack Scalia, poliziotto italoamericano di New York, si trasferisce con la sua amata Cadillac a Los Angeles e gli viene assegnato come partner il pigro Tequila, un enorme esemplare di Dogue de Bordeaux? Nel doppiaggio italiano l’animale “pensa” in un esilarante dialetto napoletano, offrendo ai telespettatori dei momenti di ilarità durante le indagini. Questa serie ha avuto una sola stagione italiana, nel 2000, nella quale accanto a Scalia ha lavorato Alessia Marcuzzi. In questa edizione Tequila era un Leonberger e “pensava” in un colorito dialetto romanesco. Infine la terza ed ultima serie da citare rimane “Il nostro amico Kalle”, del 2008, dove Kalle, appunto, è un simpatico Parson
Russell Terrier che affianca Pia Andresen, dapprima agente e poi commissario capo della polizia di Flensburg, un ridente paesino nel nord della Germania. Alle indagini di polizia si intrecciano le vicissitudini della famiglia di Pia, in cui Kalle vive, e le storie degli altri colleghi della polizia. Come vedete sono diverse le versioni di cane poliziotto che si sono avvicendate sul piccolo schermo e che hanno reso accessibile il genere poliziesco a tutta la famiglia. Io, sinceramente, fra tutti preferisco Rex nella versione originale e tifo sempre per lui quando cerca di rubare un panino ai colleghi…direi che lui oltre al fiuto per il delitto ha anche un gusto non indifferente! Tranquilli, però, questa sera
non vi svelerò il segreto dei croccantini per cani…no! Vi parlerò, invece, dell’origine del panino imbottito, questa piccola-grande invenzione che ha rivoluzionato il modo di mangiare di tutti noi! 


SANDWICH O PANINO IMBOTTITO?
Si narra che nel XVIII° secolo Lord John Montagu, IV conte di Sandwich e politico britannico, fosse un abile giocatore di golf e di carte. Quando si dedicava a queste sue passioni non si rendeva conto del passare del tempo e, non volendo interrompere le partite né saltare il pranzo, si faceva servire delle fette di pane in cui inseriva carne, verdure, pesce…praticamente ciò che era disponibile veniva tolto dal piatto e inserito nel pane. E così nacque il sandwich o, più comunemente, il panino imbottito. Fino a qualche decennio fa era legato all’idea di gita, di scampagnata, di pranzo consumato in giro, in compagnia. Poi è stato rivalutato e trasformato in piatto gourmet, arrivando ad essere interpretato anche da chef stellati. Ovviamente in ogni Paese ha preso delle connotazioni diverse. In Gran Bretagna si usa rigorosamente il pane a cassetta, in Francia si usano le tipiche baguettes, in Spagna i montaditos, in Italia…beh! In Italia anche il panino imbottito è un tripudio di sapori! Da noi il panino cambia da Regione a Regione, da città a città. Gli abbinamenti sono molteplici ma il gusto unico dei nostri salumi danno ad ogni panino, nella sua semplicità, una particolare ricchezza. Qualcuno potrebbe obiettare e dirmi “ma sì, un panino è un panino e basta! Va bene assaggiare qualche accostamento originale, andare in una delle tante paninoteche a provare qualcosa di nuovo…ma il risultato non cambia…!” Ah! Sì?!? E allora vi invito a comprare una bella michetta e a riempirla con del prosciutto crudo o con della mortadella, rigorosamente al pistacchio, e a gustarvela lentamente, assaporando ogni singolo boccone…poi fatemi sapere se davvero un panino imbottito è così banale come sembra o entra di diritto nel panorama delle eccellenze nostrane! Attendo con ansia i vostri commenti. Alla prossima!