31/10/2018

NADIA MORBELLI: REDATTRICE, SCRITTRICE, INVESTIGATRICE…O BUONGUSTAIA FICCANASO?!?


Nadia Morbelli, nata a Genova, è laureata in paleografia e specializzata nello studio di manoscritti umanistici. Collabora con diverse riviste specialistiche sia nazionali che internazionali ed è redattrice presso una piccola casa editrice ligure. I momenti più belli della sua vita li trascorre in biblioteche polverose o viaggiando per il mondo. Attualmente vive fra Genova e l’Alto Monferrato. Ebbene Nadia Morbelli è anche il nome della protagonista dei suoi libri, anzi, direi che non si limita a scrivere in prima persona…direi proprio che la protagonista è lei stessa. E questo, a mio avviso, è il valore aggiunto dei suoi gialli. Il primo dei suoi libri si intitola “Hanno ammazzato la Marinin” e ci porta subito nel mondo di questa donna davvero originale, un po’ casinista e ficcanaso e tanto simpatica! Nadia è una redattrice quarantenne, magra come un’acciuga, appassionata del suo lavoro e dei viaggi e amante del buon cibo e del buon vino (sarà per questo che mi è simpatica??!). Passa tutta la settimana lavorando alacremente, a stretto contatto con il suo capo, Gian Paolo, un brontolone che sostiene di essere sempre sull’orlo del
fallimento, e poi nel week end salta in macchina e scappa in campagna, nel “paesello” dell’Alto Monferrato, dove i suoi genitori hanno sistemato una cascina e si sono trasferiti per godersi la pensione. Lì si rilassa facendo lunghe passeggiate col padre, riservato e appassionato di giardinaggio, e bisticciando continuamente con la madre, autoritaria e sempre pronta a rinfacciarle il fatto che non è ancora stata capace di sistemarsi (che per lei significa sposarsi e avere figli!!). Appena può si incontra con l’amica Carla, insegnante che vive al “paesello”, con la quale condivide la passione per la buona tavola e per il vino. Le loro serate, infatti, si svolgono sempre in un ristorante o in una trattoria diversa, preferibilmente davanti a piatti della tradizione ligure accompagnati da vini locali e corposi. E, mentre mangiano, chiacchierano della loro vita e di quella del paesello, appunto, con tutti i personaggi che lo abitano e lo animano. Nel libro “Hanno ammazzato la Marinin” Nadia si ritrova, suo malgrado, nel bel mezzo di un’indagine per omicidio: nel suo palazzo è stata uccisa un’anziana donna e tutto fa pensare ad una rapina finita male. Ma le coincidenze e le stranezze sono tante, troppe forse, e la nostra redattrice si improvvisa detective e segue una pista basata sul passato e sulle frequentazioni della vittima. Che, guarda caso, è originaria dello stesso paesello in cui vivono attualmente i suoi genitori!!! Ovviamente coinvolge nelle indagini anche Carla e, con tenacia e spirito di osservazione, arriverà ad una verità davvero sconcertante. I romanzi di Nadia Morbelli sono scorrevoli, brillanti, a tratti comici. Non si tratta dei classici gialli con suspense e ritmi serrati, anzi, riprendono il ritmo lento della vita di provincia, dove fra una chiacchierata e l’altra, al bar o alla bocciofila, si scoprono i vizi, le storie, i segreti della gente comune. E tutto senza banalità e senza fronzoli, con semplicità e leggerezza. La stessa protagonista, così come tutte le persone con cui interagisce, è una persona vera, normale, con le sue abitudini, le sue manie, le sue convinzioni e le sue debolezze. Forse è proprio per questo che risulta subito simpatica e riesce a conquistare fin dalla prima pagina. E poi è davvero unica quando racconta le sue cene, i suoi aperitivi, le sue degustazioni! Ha un palato molto allenato, capace di cogliere le diverse sfumature dei vari ingredienti e di abbinarle al vino giusto, adora provare nuovi locali e nuovi piatti…eppure il suo piatto preferito rimane il minestrone alla genovese di sua mamma “che come lo fa lei non lo fa nessuno!” E allora oggi vi propongo proprio questa ricetta che in questo periodo si mangia proprio volentieri. Mi raccomando, però, seguite la ricetta originale che vi propongo e utilizzate verdure fresche…e se poi il pesto lo fate voi anziché comprare quello già pronto…vi assicuro che il risultato sarà eccezionale…lo dice anche il proverbio: “Chi attasta o menestron ‘na votta o no va ciù via da Zena” (Chi assaggia il Minestrone una volta, non va più via da Genova)!

MINESTRONE ALLA GENOVESE

Ingredienti per 4/6 persone: 3 patate piccole - 3 zucchine - 1 etto di fagiolini verdi - 2 etti e mezzo di fagioli borlotti - 1 melanzana - 1 pomodoro - borraggine - 1 cipolla – bietole - 1 gambo di sedano - 1 pezzo di cavolo cappuccio - 1 carota - 3 etti di pasta piccola (in preferenza bricchetti) - pesto genovese - olio evo - parmigiano grattugiato   Lavate tutte le verdure e tagliatele a pezzetti, ad eccezione del pomodoro e delle patate. Mettete una pentola di acqua salata sul fuoco e quando bollirà versatevi dentro tutte le verdure. Fate cuocere per circa un’ora a fuoco vivace e quando tutte le verdure saranno ben cotte versatevi dento la pasta. Una
volta cotta la pasta, spegnete il fuoco, versate il pesto e lasciate riposare per 15 minuti. Distribuite nei piatti e a piacere servite con un filo di olio evo e del parmigiano grattugiato. Buon appetito e alla prossima settimana!

24/10/2018

IL TENENTE COLOMBO ADORA IL CHILI


Se dico “Colombo” sono sicura che sono due i personaggi famosi che vengono in mente a tutti: lo storico e grande navigatore italiano Cristoforo e l’arguto e simpatico tenente italo-americano della conosciutissima serie televisiva…mi sbaglio?!? Non credo proprio! Chi di voi non ha mai visto almeno un telefilm o un film della serie? Negli anni Sessanta due amici, Richard Levinson e William Link, ex compagni di college e fan di Ellery Queen, idearono un nuovo schema di giallo, ribaltando completamente quello classico deduttivo. Solitamente, infatti, il lettore e/o lo spettatore seguono le indagini condotte dall’investigatore protagonista che, basandosi sui fatti, sugli indizi e sulle testimonianze raccolte, arriva all’assassino. Levinson e Link, invece, ribaltano completamente questo modello e ne creano uno nuovo. Le prime scene mostrano subito l’assassino mentre architetta il suo piano, commette l’omicidio e poi si confeziona un falso alibi. È a questo punto che entra in scena il detective che dovrà smascherare il colpevole, smontando il castello di carte che questi ha messo in piedi per coprire il suo crimine. E la cosa più sorprendente non è più lo scoprire “chi” ma il “come ha capito chi”. Il protagonista della serie è il tenente Colombo, interpretato in modo egregio dal mitico Peter Falk (1927-2011). Andato in onda per la prima volta negli USA nel 1968, è arrivato in Italia nel 1974 e ha continuato ad ottenere un successo
strepitoso per oltre trent’anni. Ancora oggi spesso alcuni canali ne trasmettono le repliche e lo share è sempre più che buono. Del resto si tratta di telefilm adatti a tutti i tipi di pubblico, senza alcun tipo di violenza. Come già anticipato, ogni episodio segue uno schema ben preciso: lo spettatore vede subito l’omicidio e chi e come l’ha commesso, dopo di che arriva la polizia e le indagini vengono assegnate al tenente Colombo, davanti al quale il colpevole tira un sospiro di sollievo. Perché? Semplice, perché nessuno potrebbe mai sospettare che un personaggio del genere possa anche solo lontanamente avvicinarsi alla verità. L’aspetto di Colombo, infatti, è tutt’altro rispetto allo stereotipo del detective: trasandato, con un accenno di barba, si presenta con un trench stropicciato, come se ci avesse dormito, un mozzicone di sigaro, un taccuino sgualcito e una
matita piccolissima, i capelli arruffati come se si fosse appena alzato dal letto, uno sguardo assorto, reso un po’ “inquietante” dal fatto che ha una protesi oculare. Arriva a bordo della sua Peugeot 403 cabriolet del 1959, che sembra debba cadere a pezzi da un momento all’altro, e spesso si porta appresso un pacifico bassethound che lui chiama semplicemente “Cane”, perché lui e la moglie non hanno mai trovato un nome che piacesse ad entrambi. Ah! A proposito: nomina spessissimo la consorte, chiamandola “mia moglie” o “la signora Colombo”, che però non si vede mai e non ha neppure un volto. Di lui non si conosce neanche il nome di battesimo ma si sa che soffre di claustrofobia, di vertigini, di mal di mare e che ha paura di volare, orrore per le armi e una vera e propria repulsione per la vista del sangue, al punto che non riesce a parlare tranquillamente con il medico legale…tutto questo dovrebbe fare di lui una frana su tutti i fronti! Eppure ha un quoziente di intelligenza oltre la norma e uno spirito di osservazione incredibile. Non gli sfugge niente e se c’è anche un solo, piccolo particolare fuori posto o che non lo convince…allora tira fuori tutte le sue doti di tenace segugio e punta la preda finché non la stana. Fin da subito, infatti, il suo infallibile intuito gli fa capire chi è l’assassino e da quel momento il colpevole non ha scampo: se lo ritrova davanti nei momenti e nei posti più impensabili, con le domande più assurde e alla fine si ritrova con le spalle al muro. La frase “tormentone” di Colombo, pronunciata con una mano alzata quasi in segno di scusa, è “ah! Un’ultima cosa…” e lì arriva l’affondo, il momento in cui tutta la verità emerge e ogni pezzo del puzzle trova la sua giusta collocazione. Non ricorre a inseguimenti, minacce o lunghi interrogatori ma “gioca” con i nervi del colpevole, logorandolo e facendolo capitolare. Potrei stare ore a raccontarvi degli aneddoti o degli episodi della serie, perché il tenente Colombo è uno dei personaggi televisivi che ho amato e che ancora amo di più. A volte mi capita di rivedere uno dei suoi telefilm o film in TV e ancora riesco ad apprezzarlo. E per quanto riguarda il gusto? Anche lui, come tanti altri detective, beve litri di caffè e ha poco tempo per la pausa pranzo ma ama la buona cucina. Cita spesso le prelibatezze che gli prepara la moglie e, tutte le volte che può, corre nel suo bar preferito a mangiare un piatto di chili extra piccante, nel quale ama sbriciolare dei crackers. Quindi non ho avuto dubbi nello scegliere cosa proporvi oggi: un fantastico e saporitissimo chili di carne e fagioli!

CHILI CON CARNE E FAGIOLI (4-6 porzioni)
500 g di carne macinata mista di manzo e maiale • 200 g di fagioli già lessati (rossi o borlotti) • 200 g di polpa di pomodoro • 1 peperone rosso grande • mezza cipolla bianca • 1 spicchio di aglio • olio evo • 80 g di cheddar (facoltativo) • 1 peperoncino piccante • 1 pizzico di semi di cumino • prezzemolo • sale • pepe
Tritate finemente la cipolla, l'aglio sbucciato e il peperoncino. Fate rosolare in un ampio tegame con un po’ d’olio. Lavate il peperone, privatelo del picciolo, dei semi e dei filamenti bianchi e tagliatelo a cubetti. Quando la cipolla sarà dorata aggiungete il peperone e fatelo saltare per qualche minuto, quindi unite la carne macinata e fatela rosolare per 5-10 minuti, mescolando spesso. Aggiungete la polpa di pomodoro, il cumino tritato finemente, un pizzico di sale e una macinata di pepe, allungate con mezzo bicchiere di acqua calda e fate cuocere con il coperchio a fuoco basso per circa 30 minuti. Trascorso il tempo aggiungete i fagioli e se serve regolate di sale. Fate insaporire per 5-10 minuti, se volete unite infine
il formaggio cheddar e mescolate bene per farlo fondere, quindi spegnete il fuoco e fate riposare per qualche minuto. Servite il chili con carne in una ciotola capiente…se volete mangiarlo proprio “alla Colombo” accompagnatelo con dei crackers, altrimenti potete gustarlo con dei nachos o del pane a fette leggermente tostato. Può essere considerato un piatto unico oppure potete condividerlo come aperitivo. Essendo sempre in servizio, il nostro buon tenente lo mangia bevendo del caffè ma io vi consiglio una bella birra ghiacciata, davanti alla TV, guardando una replica di Colombo, gustandovi il chili e l’indagine! E poi, mi raccomando, fatemi sapere se vi è piaciuto!  

17/10/2018

IL COMMISSARIO MANCINI: ASSETATO DI SILENZIO, DI GIUSTIZIA E...DI BIRRA!

Mirko Zilahy è nato a Roma nel 1974, ha insegnato lingua e letteratura italiana a Dublino ed è cultore di lingua e letteratura inglese presso l’Università per stranieri di Perugia. Molto attivo su vari fronti editoriali, è stato fra l’altro editor per minimum Fax e traduttore dall’inglese di testi molto importanti, quali per esempio “Il cardellino di Donna Tartt” (Premio Pulitzer). Nel 2015 è uscito il suo romanzo d'esordio “È così che si uccide” a cui sono seguiti “La forma del buio” (2017) e “Così crudele è la fine” (2018). I suoi libri hanno riscosso un grande successo in diversi paesi europei, oltre che in Italia, e sono stati tradotti in diverse lingue. Il protagonista di quella che è stata definita la sua “trilogia” è il commissario Enrico Mancini. Profiler esperto, attento ed appassionato studioso di psicologia criminale, ha raggiunto uno dei suoi principali obiettivi andando a Quantico per una specializzazione. Purtroppo questa importantissima esperienza gli ha impedito di stare accanto all’adorata moglie Marisa, malata di cancro, proprio negli ultimi istanti della sua breve vita. Rientrato dagli Stati Uniti, schiacciato dai sensi di colpa, non riesce ad accettare questa dolorosa mancanza e non riesce più nemmeno a lavorare come “prima”. Non riesce più ad assistere ad un’autopsia, non riesce più a toccare niente e nessuno, non riesce più ad instaurare e mantenere
rapporti e, soprattutto, non sente più quel “fuoco” interiore che il suo lavoro accendeva in lui…E la fatica di vivere del commissario si incrocia con le indagini, condotte insieme ad una squadra che ha tanto, troppo bisogno di lui e della sua preparazione per fermare un serial killer spietato e meticoloso, che diffonde il panico nella capitale. Roma è sempre descritta come tetra, buia, rappresentata dai quartieri che ospitano i fantasmi del boom industriale, con relitti di grandi industrie e di vecchie glorie. Le scene del delitto diventano parte della messa in scena dell’assassino, in un crescendo di tensione che porta il commissario ed i suoi uomini a correre da una parte all’altra senza un preciso punto di riferimento. E alla fine sarà proprio Mancini che dovrà affrontare i suoi fantasmi per poter mettere la parola fine ad una scia di sangue che sembra non volere arrestarsi mai. Per ora ho letto solo il primo dei tre libri e mi è davvero piaciuto. Mi ha “preso” dalla prima pagina, l’ho finito in pochissimo tempo e ve lo consiglio volentieri. Lo stile di Zilahy è scorrevole, la trama è accattivante e la suspense è un crescendo rossiniano! Purtroppo però, preso com’è dai mille pensieri e dalle indagini, il protagonista non fa altro che bere birra ghiacciata. La sete che ha dentro diventa fisica e quasi contagiosa. Mancini non mangia quasi niente ma la birra diventa un altro protagonista, una sorta di compagno di viaggio. E quindi, pensando a quanto è triste e depresso il nostro commissario, ho deciso di proporvi un dolce. Ma non uno qualsiasi o uno tradizionale, no! Si tratta di una “rivisitazione” di un grande classico: il tiramisù, che questa volta diventa un birramisù. Così cerco di tirare su Mancini e non lo privo della sua amata birra. Ecco a voi la ricetta.
RICETTA DEL BIRRAMISÙ 

Ingredienti: • 2 tuorli • 70 g di zucchero • 400 g di mascarpone • 20 mg di albume montato a neve • 50 ml di birra chiara • 18 savoiardi • cacao amaro per decorare PER LA BAGNA: • 150 ml di caffè • 100 ml di birra
La ricetta del birramisù si basa sulla più tradizionale versione di questo dolce, il tiramisù. Cominciate montando i tuorli con lo zucchero, fino a quanto otterrete una crema morbida e spumosa. A questo punto aggiungete il mascarpone e 50 ml di birra (io consiglio una chiara ma siete liberi di usare la vostra birra preferita!). Se desiderate avvertire il sapore della birra in modo intenso aggiungete il doppio della dose. Montate gli albumi a neve e uniteli al composto, mescolate il tutto con delicatezza. Preparate il caffè, lasciatelo raffreddare e aggiungete la birra. A questo punto potete iniziare a montare il vostro birramisù: immergete i savoiardi nella bagna e formate il primo strato. Ricopritelo generosamente con la crema e proseguite così per gli strati successivi. Spolverizzate la superficie dell'ultimo strato con il cacao amaro e lasciate raffreddare in frigorifero per almeno 2 ore prima di servire. Rispetto alla versione classica, questa golosità non è troppo dolce e l’amaro della birra risalta piacevolmente, senza comunque coprire gli altri ingredienti. Vi consiglio di provarlo e vedrete che, cucchiaio dopo cucchiaio, finirà in un batter d’occhio e vi tirerà su davvero! Allora buon birramisù e alla prossima settimana!


11/10/2018

GUSTO DEL DELITTO O DELITTO DEL GUSTO?!?!?


Questa sera vi porto di nuovo dentro lo schermo televisivo e non vi parlo di un piatto in particolare ma di un rapporto (pessimo!) con il cibo…Mi spiego. Chi di voi non ha visto almeno un film o un telefilm o un’intera serie televisiva in cui i protagonisti, poliziotti o investigatori che siano, non fanno altro che ingurgitare enormi quantità di caffè da tazzoni più o meno personalizzati e velocissimi spuntini, spesso lasciati a metà per una chiamata o un’emergenza?!? E quante volte vi siete chiesti “ma questi non mangiano mai, non dormono mai, non bevono mai…??” vedendo i segugi di turno talmente presi dalle indagini da non riuscire nemmeno ad assolvere a queste funzioni, basilari per un normale essere umano?!?!? Già…quanti palati uccisi e quanti stomaci feriti, lasciati in balia di fast- food e distributori automatici…che tristezza! Questo è proprio il delitto del gusto, altro che!!! Eppure accomuna la maggior parte dei personaggi che seguiamo ed amiamo di più, in particolare nelle serie televisive. Appaiono come automi, spinti da chissà quale forza interiore, che li tiene in piedi anche a stomaco vuoto e in assenza di sonno. Sarà qualche strano
potere di quello che loro definiscono caffè? O sarà la determinazione che hanno nel perseguire i criminali? Boh! Fatto sta che continuano imperterriti…e io non capisco proprio! Prendiamo ad esempio un’altra delle serie che mi piacevano tanto da ragazzina: ”Le strade di San Francisco”.  È andata in onda negli USA a fine anni Settanta, mentre in Italia è approdata nel 1980. I protagonisti sono due detective della polizia della grande città californiana, appunto, diversi tra loro ma molto affiatati. Mike Stone, più anziano e più alto in grado, è un poliziotto testardo, tenace e dal cuore grande. Rimasto vedovo, vive con la figlia Jeannie con la quale ha un ottimo rapporto, indossa sempre un cappello ed un trench, che gli danno un’aria un po’ trasandata. Il suo partner è Steve Keller, giovane, intraprendente, intransigente, sempre in giacca e cravatta. Per lui tutto è bianco o nero e, pur seguendo Stone e considerandolo il suo mentore, spesso non riesce a comprendere la pietà,
l'umanità, la delicatezza che lui ha anche verso i criminali più incalliti. In ogni episodio li vediamo fianco a fianco nella loro auto di servizio pattugliare la zona a loro assegnata, incontrando personaggi di ogni tipo, ciascuno con una storia diversa. Non c’è violenza, non ci sono serial killer nella serie ma solo l’ordinario che si incontra/ scontra con lo straordinario. Dal poveraccio che ruba per necessità, all'imprenditore senza scrupoli che truffa i più deboli, dal marito che picchia la moglie fino allo spacciatore che si apposta fuori dalle scuole. Tutti pian piano finiscono nella rete di Stone e Keller che li cercano e li scovano negli angoli più nascosti di San Francisco. Gli attori Karl Malden, già famoso, e Michael Douglas, figlio d’arte e futura star di Hollywood, hanno incarnato la figura dei poliziotti onesti, seri, incorruttibili e, soprattutto, vicini alle persone. Erano telefilm che si potevano vedere in famiglia, senza problemi, perché parlavano di eroi del quotidiano. A me piacevano molto e cercavo di non perdere nemmeno un episodio. I due colleghi e amici condividono molto anche nel privato. A volte si vedono cenare a casa di Stone oppure organizzare una grigliata con i colleghi da Keller… ma il più delle volte cercano di buttare giù un hot dog, un
hamburger o una ciambella al volo durante le indagini, accompagnato da patatine fritte e annaffiato dall’immancabile tazza o bicchiere di carta pieno di caffè. Spesso il pranzo veloce rimane a metà perché la Centrale li chiama o perché nel bel mezzo di un appostamento il sospettato esce dal suo nascondiglio(!!) Insomma, come vi dicevo, è dura la vita del palato e dello stomaco di un poliziotto di San Francisco! E non solo di San Francisco…potrei citare decine e decine di esempi e tutti avrebbero lo stesso risultato: nei film e telefilm americani, almeno nel 90% dei casi, purtroppo la vera vittima è il gusto! Meditate…e cercate di non imitare questo pessimo esempio! Vi aspetto la prossima settimana per una ricetta davvero gustosa…ma con delitto ovviamente!

04/10/2018

TANTI AUGURI DI BUON COMPLEANNO!!!!



Ebbene sì, sembra ieri che iniziavo ad affacciarmi timidamente nel cyberspazio con il mio nuovo blog e oggi è già passato un anno! Sì, oggi è il primo compleanno de “Il gusto del delitto” ed è il post numero 50!!! Auguriiiiii! In occasione di tale importante ricorrenza ho deciso di fare uno strappo alla regola, pubblicando di giovedì anziché di mercoledì come d’abitudine. E ho anche deciso di non scrivere un post “classico”...e nemmeno di condividere una ricetta…insomma, per farla breve, sono talmente contenta di questo piccolo, grande traguardo che non riesco quasi ad esprimerlo! Ma voglio provarci. Anzitutto, a costo di sembrare banale, voglio ringraziare tutti voi che mi seguite. Grazie a chi mi segue dal primo post, a chi ha sempre atteso i “miei” mercoledì per leggere le mie parole, a chi ha condiviso le mie passioni. Grazie a chi mi ha consigliato dei libri, a chi mi ha chiesto se un autore poteva essere meglio di un altro, a chi ha provato a cucinare le ricette che proponevo e a chi me ne ha proposte altre. Grazie a chi ha commentato, condiviso, apprezzato. Grazie ad amici e colleghi che mi hanno sempre sostenuto e spronato. E grazie anche a quelli che mi hanno criticato in modo costruttivo. Ogni parola è stata, è e sarà importante. Il mio blog non ha mai avuto la pretesa di insegnare niente a nessuno, anzi! Vuole essere semplicemente uno spazio in cui parlare delle mie passioni e condividerle con chi può essere interessato. Io non ho mai preteso di essere una di quelle blogger saccenti, pronte a dire agli altri cosa fare o come fare, o ad assumersi meriti non propri. Voglio solo condividere ciò che amo: i gialli e il cibo! E se scrivere un post dedicato ad un autore può suscitare anche solo in una persona il desiderio di leggere uno dei suoi libri…allora sono felice! E se una ricetta può invogliare qualcuno ad assaggiarla o (perché no?) a cimentarsi con pentole e fornelli…allora sono ancora più felice! Adesso voglio cercare nuovi contenuti ed ampliare gli orizzonti. Spero di riuscire a raggiungere sempre più persone e a non scadere mai nella monotonia. Spero di allacciare nuovi contatti e di conoscere nuovi autori e nuovi appassionati lettori e gourmet!  Spero di avviare delle collaborazioni e di creare nuove sinergie. Ed infine spero di non perdere mai la voglia e l'entusiasmo di leggere, cucinare, scrivere, sperimentare. Se il mio blog vi piace vi chiedo di condividerlo, di farlo conoscere ai vostri amici e conoscenti, di farlo “girare” così da aumentare, se possibile, il numero di followers. Ed infine prima di chiudere e di darvi appuntamento alla prossima settimana con un nuovo post voglio, anche se ho già detto diversi “grazie”, vorrei aggiungere gli ultimi due, i più grandi e importanti. Il primo a mio zio che non si è mai stancato di ripetere a me e alle mie sorelle di leggere, leggere, leggere. Con lui ho anche guardato i primi telefilm polizieschi, oltre ai suoi amati western! E l'altro profondo ed infinito a Emanuela. Non solo per le fantastiche foto che fa negli orari e nei posti più assurdi, non solo per la grande pazienza, non solo per la disponibilità ad assaggiare piatti che, a volte, non vorrebbe nemmeno guardare…grazie soprattutto per il supporto, il sostegno, la vicinanza, l'aiuto e l'affetto che mi dimostra ogni giorno. Non a caso sostengo che “Il gusto del delitto” è una nostra creatura, perché sta a cuore ad entrambe. E allora buon compleanno e cento di questi giorni a “Il gusto del delitto”!