Buona sera e bentrovati, spero stiate tutti bene! Quale
libro state leggendo in questo periodo? Io sto lavorando alacremente per poter
pubblicare post sempre più interessanti…cerco di leggere autori nuovi e a me
sconosciuti, mentre ci sono nuove uscite di autori che già conosco e apprezzo
che mi fissano dalla zona “in attesa” della mia libreria!!! Ahimè! Devo fare
delle scelte, soprattutto perché il lavoro mi impone ritmi serrati e spesso mi
assorbe troppo. Per non parlare delle serie TV nuove o in replica…ci sono
serate in cui devo lasciare un episodio a metà perché mi calano le palpebre e
vi assicuro che non è da me!!! Ma non temete: non sono facile alla resa e
continuo imperterrita a documentarmi per il mio amato blog. Voglio anticiparvi
che, mentre leggo un libro via l’altro, ho deciso che uno dei prossimi post
sarà dedicato ad uno dei miei miti: il grande e unico Alfred Hitchcock! Non vi
nascondo che si tratta di un’impresa difficile. Tanto per cominciare,
infatti, c’è
l’imbarazzo della scelta fra i suoi tanti capolavori e poi…a quale piatto
abbinarlo?!?! Le scene in cui i protagonisti mangiano o bevono sono tante e
diverse, per questo penso sia limitante sceglierne solo una. Qualche esempio?
Beh! C’è la fantastica scena di “Il sospetto” in cui un giovanissimo Cary Grant
sale le scale al buio, portando un bicchiere di latte all’amata moglie…la luce
sembra quasi uscire da quel bicchiere che tutti pensano contenga del veleno. Oppure
il pic-nic extra lusso di Grace Kelly e Cary Grant in Costa Azzurra nel
sofisticato “Caccia al ladro”…E ancora i
sandwich consumati da James Stewart
bloccato da una gamba ingessata e intento a spiare gli abitanti della casa di
fronte in “La finestra sul cortile”…E come dimenticare gli hamburger della medium
e del suo complice in “Complotto di famiglia?” o la cena marocchina di Stewart
con Doris Day in “L’uomo che sapeva troppo”?…Ce ne sarebbero molte altre e
dovrò impegnarmi per scegliere ed essere originale. È per questo che ho deciso
di chiedervi un aiuto. Già, avete capito bene…un aiutino! Quale film preferite
fra quelli di Hitch? Quale
guardereste mille volte senza stancarvi? E a quale
ingrediente o ricetta lo abbinereste? Oppure avete semplicemente un piatto che
secondo voi è da gustare durante la visione? Aspetto i vostri suggerimenti, i
vostri commenti, le vostre risposte: sono sicura che ciascuno di voi ha già in
mente una scena o un film o un sapore, un aroma…quindi cosa aspettate?!?
Scrivete, scrivete, scrivete! Buona serata e a presto!
Un buon libro, così come un buon piatto, deve attrarre, catturare, coinvolgere, stupire, emozionare...In moltissimi gialli il cibo gioca un ruolo importante a volte fondamentale e i detective usano tutti i loro sensi per risolvere i misteri: tatto, udito, olfatto,vista e gusto...il gusto del delitto...
29/05/2019
23/05/2019
GIALLO PERCHÉ……
In Francia vengono chiamati roman policier o polar, in Germania
Kriminalroman, abbreviato in Krimi, gli Anglosassoni utilizzano diversi termini:
detective fiction, mystery (o mystery story), detective story o detective novel,
thriller, psico thriller, legal thriller, medical thriller, spy story…in
Italia, invece, sono semplicemente gialli. Questa accezione si usa solamente
nella lingua italiana e ciò si deve alla collana “Il Giallo Mondadori”, ideata
da Lorenzo Montano e pubblicata in Italia da Arnoldo Mondadori a partire dal
1929: il termine “giallo”, dal colore della copertina, ha sostituito in Italia
quello di “poliziesco”. Da ben novant’anni per noi italiani questo colore
contraddistingue tutti quei romanzi polizieschi, thriller,
noir…praticamente
racchiude tutti i vari “sottogeneri” esistenti. Diversi direttori si sono avvicendati
alla guida della serie ma fra tutti si è distinto per longevità e per capacità Alberto
Tedeschi, tanto che nel 1980 è stato istituito un omonimo premio, dedicato a
romanzi gialli italiani inediti e consistente, per i vincitori, nella
pubblicazione all'interno della collana del Giallo Mondadori. Sono tanti gli
scrittori che hanno raggiunto il successo proprio grazie alla pubblicazione del
loro romanzo da parte dell’azienda di Segrate che li ha fatti conoscere ad un
pubblico sempre più vasto. E quest’anno, per questo importante anniversario, la
Mondadori ha pubblicato un inedito del grande Andrea Camilleri e ripropone alcuni
classici del Ventesimo secolo. Vi confesso che la collana Gialli Mondadori per
me è un mito e, amando il genere, è quasi obbligatorio per me dedicarle uno
spazio, anche se limitato, nel mio blog. Quando ero ancora una ragazzina cercavo
di risparmiare la paghetta e le mance per potermi comprare uno di quei libri colorati
con l’illustrazione nel tondo di copertina e i titoli che stuzzicavano la mia
curiosità di avida lettrice. Ancora oggi, quando ne trovo uno, magari un po’
consumato, in una bancarella…non resisto e devo acquistarlo! Il Giallo
Mondadori, poi, è milanese come me e giallo come il risotto allo zafferano e la
polenta. Chissà se gli ideatori della collana si sono ispirati a uno di questi
due cavalli di battaglia della cucina lombarda o se hanno scelto un colore a
caso…non ci è dato di saperlo ma ormai mi conoscete e potete indovinare come la
penso: per me il giallo della collana Mondadori è il giallo polenta. Sì, perché
i primi libri costavano 5 lire, erano
accessibili alla maggior parte degli
italiani dell’epoca, così come la polenta è nato come piatto povero, accessibile
a tutti e consumato prevalentemente dai contadini del nord Italia. Sono diverse
le tipologie di polenta, in base alle diverse regioni ed alle diverse farine utilizzate.
Io, da buona lombarda, sono cresciuta mangiando la polenta classica, gialla
appunto (!) fatta con la farina di mais, nel pentolone di rame, lentamente. “Acqua,
sale, farina e olio di gomito”, diceva mia nonna, e poi un canovaccio, un
tagliere e un coltello di legno…e in tavola. Si mangiava con il formaggio o con
il sugo e, se avanzava, il giorno dopo si tagliava a fette e si friggeva. A
volte la nonna la cucinava con una consistenza diversa, lasciandola più
morbida, e la serviva calda ricoperta con del latte freddo…non vi dico che
bontà! Quando ci penso mi vengono in mente ricordi bellissimi di tutta la
famiglia intorno al tavolo e il sorriso mi viene spontaneo sulle labbra e sul
cuore. Lo so, forse questa sera sono stata un po’ troppo “romantica” ma quando
si parla di miti che durano nel tempo non si può fare a meno di diventare “mielosi”!
Vi invito, se ancora non lo avete fatto, a leggere uno dei classici della collana
Mondadori e, ovviamente, a gustare una bella polenta…del resto questo con
questo clima impazzito non è poi così strano! Alla prossima settimana!
14/05/2019
DIANA LAMA E ARTEMISIA GENTILE: UN’AUTRICE E UNA PSICOLOGA NELLA BELLA NAPOLI
Diana Lama vive a Napoli, dove è nata nel 1960; è medico
specialista in chirurgia del cuore e grossi vasi e lavora come ricercatrice
universitaria. Avida lettrice e appassionata collezionista di libri gialli fin
da ragazzina, esordisce come scrittrice nel 1995, con un libro scritto a
quattro mani con Vincenzo De Falco “Rossi come lei”, vincitore del Premio
Tedeschi. Dopo questo fortunato esordio, collabora ancora con De Falco per
altri libri, per poi dedicarsi alla scrittura “in solitario”. Anche così Il
successo la accompagna e i suoi libri vengono ad oggi tradotti in diverse
lingue ed apprezzati in molti Paesi in tutto il mondo. Fra i suoi tanti romanzi
ho scelto di leggere “L’anatomista”, del 2013, un po’ per
curiosità e un po’ perché avevo trovato recensioni diversissime tra loro: chi lo apprezzava, chi lo denigrava e chi lo riteneva un libro “riuscito a metà”...insomma volevo leggerlo per capire chi poteva avere ragione! La storia è ambientata a Napoli, che fa da sfondo alle vicende di uno spietato serial killer, ribattezzato l’Anatomista, appunto, perché infierisce sulle sue vittime utilizzando il bisturi con freddezza e perizia degne di un chirurgo. La Polizia della città si affida ad una squadra di esperti, chiamati in campo dal questore, composta da agenti molto preparati e diretta da Tito Jacopo Durso. Questi è uno psichiatra, esperto profiler, gelido e calcolatore, la cui vita è stata segnata da un’oscura tragedia familiare. Alla squadra viene poi affiancata Artemisia Gentile, Mitzi per gli amici, giovane e abilissima psicologa, specializzata in vittime di abusi e maltrattamenti e volto noto della TV locale. Anche lei ha dei pesanti fantasmi che la tormentano e la rendono più sensibile e capace di cogliere i dettagli più importanti durante le indagini. Il lavoro della task force è difficile e l’Anatomista sembra essere sempre un passo avanti a loro, facendoli correre a destra e a manca, quasi prendendoli in giro. La scia di sangue del killer continua fino a quando Durso non decide di usare la stessa Mitzi come esca, mettendo a repentaglio la sua vita ed il suo equilibrio mentale. L’epilogo è inaspettato e lascia senz’altro a bocca aperta. Il libro è scorrevole, soprattutto per il linguaggio semplice e la brevità dei capitoli, anche se l’impianto narrativo a volte ti disorienta. A mio avviso c’è “troppo”. Troppi personaggi, troppi flashback, troppa psicologia spicciola, in alcuni passaggi perfino troppe parole! Sicuramente dovrò leggere altri libri di questa autrice, per conoscerla meglio e per meglio assaporare le sue pagine. Nel frattempo, comunque, se siete curiosi come me provate a leggerlo: la cosa certa è che vi farà venire voglia di andare a Napoli, questa città di cui si dice tanto ma, a mio modesto parere, si conosce sempre poco! Inutile dire che, presi dalla caccia serrata al serial killer, i nostri protagonisti non si lasciano nemmeno tentare dalle mille prelibatezze partenopee…beh! Mi spiace per loro! Io, invece, mi lancerei in mille escursioni enogastronomiche!!! In abbinamento a questo libro, essendo ambientato nei giorni che precedono il Natale, vi propongo una ricetta gustosissima: la pizza di scarola! L’ho assaggiata tanti anni fa, grazie ad una delle clienti del negozio dei miei, e mi è piaciuta moltissimo. Ecco a voi la ricetta.
PIZZA DI SCAROLA (per una tortiera di 22 cm di diametro)
Per la pasta: • 350 g farina 0 • 200 g burro • 180/200 ml acqua tiepida • 15 g lievito di birra • zucchero • sale
Per la farcitura: • 1,2 kg scarola • 80 g filetti di acciuga • 150 g olive di Gaeta denocciolate • 50 g capperi • 2 cucchiai di pinoli • 2 cucchiai di uvetta sultanina (facoltativo) • 1 spicchio d’aglio • peperoncino • olio evo • sale • pepe
Fate la pasta: in una terrina diluite il lievito con un pizzico di zucchero e poca acqua tiepida, lasciatelo fermentare 10 minuti. Lavorate tutti gli ingredienti con il lievito aggiungendo l’acqua tiepida necessaria per ottenere un impasto liscio, omogeneo e non troppo morbido. Sistematelo in una ciotola spennellata d’olio, sigillatela con la pellicola e lasciate lievitare la pasta per 20-25 minuti. Preparate il ripieno: lessate brevemente la scarola in acqua poco salata, scolatela e dopo strizzatela.
In una padella scaldate
tre-quattro cucchiai d’olio, fatevi dorare lo spicchio d’aglio senza sbucciarlo
e poi eliminatelo. Aggiungete le acciughe, i capperi, le olive, i pinoli, il
peperoncino e, per ultima, la
scarola. Fate insaporire il tutto per alcuni
minuti, ritirate dal fuoco, regolate di sale e aggiungete a piacere l’uvetta (precedentemente
ammollata e strizzata). Lasciate raffreddare. Foderate uno stampo con metà
della pasta lievitata, riempitelo con l’impasto preparato distribuendolo bene
senza schiacciarlo, coprite con la restante pasta tirata a disco, coprite,
lasciate lievitare ancora per circa un’ora. Spennellate la superficie della
pizza con un pochino di olio e ponete in forno caldo a 200° e cuocete per circa
25/30 minuti. Ritirate e servite la pizza tiepida oppure fredda, in entrambi i
casi è molto gustosa. Potete abbinarla ad un buon vino bianco secco servito
fresco e (perché no?) ad una lettura di Diana Lama: così il quadro sarà davvero
completo! Buon appetito e alla prossima settimana!
curiosità e un po’ perché avevo trovato recensioni diversissime tra loro: chi lo apprezzava, chi lo denigrava e chi lo riteneva un libro “riuscito a metà”...insomma volevo leggerlo per capire chi poteva avere ragione! La storia è ambientata a Napoli, che fa da sfondo alle vicende di uno spietato serial killer, ribattezzato l’Anatomista, appunto, perché infierisce sulle sue vittime utilizzando il bisturi con freddezza e perizia degne di un chirurgo. La Polizia della città si affida ad una squadra di esperti, chiamati in campo dal questore, composta da agenti molto preparati e diretta da Tito Jacopo Durso. Questi è uno psichiatra, esperto profiler, gelido e calcolatore, la cui vita è stata segnata da un’oscura tragedia familiare. Alla squadra viene poi affiancata Artemisia Gentile, Mitzi per gli amici, giovane e abilissima psicologa, specializzata in vittime di abusi e maltrattamenti e volto noto della TV locale. Anche lei ha dei pesanti fantasmi che la tormentano e la rendono più sensibile e capace di cogliere i dettagli più importanti durante le indagini. Il lavoro della task force è difficile e l’Anatomista sembra essere sempre un passo avanti a loro, facendoli correre a destra e a manca, quasi prendendoli in giro. La scia di sangue del killer continua fino a quando Durso non decide di usare la stessa Mitzi come esca, mettendo a repentaglio la sua vita ed il suo equilibrio mentale. L’epilogo è inaspettato e lascia senz’altro a bocca aperta. Il libro è scorrevole, soprattutto per il linguaggio semplice e la brevità dei capitoli, anche se l’impianto narrativo a volte ti disorienta. A mio avviso c’è “troppo”. Troppi personaggi, troppi flashback, troppa psicologia spicciola, in alcuni passaggi perfino troppe parole! Sicuramente dovrò leggere altri libri di questa autrice, per conoscerla meglio e per meglio assaporare le sue pagine. Nel frattempo, comunque, se siete curiosi come me provate a leggerlo: la cosa certa è che vi farà venire voglia di andare a Napoli, questa città di cui si dice tanto ma, a mio modesto parere, si conosce sempre poco! Inutile dire che, presi dalla caccia serrata al serial killer, i nostri protagonisti non si lasciano nemmeno tentare dalle mille prelibatezze partenopee…beh! Mi spiace per loro! Io, invece, mi lancerei in mille escursioni enogastronomiche!!! In abbinamento a questo libro, essendo ambientato nei giorni che precedono il Natale, vi propongo una ricetta gustosissima: la pizza di scarola! L’ho assaggiata tanti anni fa, grazie ad una delle clienti del negozio dei miei, e mi è piaciuta moltissimo. Ecco a voi la ricetta.
PIZZA DI SCAROLA (per una tortiera di 22 cm di diametro)
Per la pasta: • 350 g farina 0 • 200 g burro • 180/200 ml acqua tiepida • 15 g lievito di birra • zucchero • sale
Per la farcitura: • 1,2 kg scarola • 80 g filetti di acciuga • 150 g olive di Gaeta denocciolate • 50 g capperi • 2 cucchiai di pinoli • 2 cucchiai di uvetta sultanina (facoltativo) • 1 spicchio d’aglio • peperoncino • olio evo • sale • pepe
Fate la pasta: in una terrina diluite il lievito con un pizzico di zucchero e poca acqua tiepida, lasciatelo fermentare 10 minuti. Lavorate tutti gli ingredienti con il lievito aggiungendo l’acqua tiepida necessaria per ottenere un impasto liscio, omogeneo e non troppo morbido. Sistematelo in una ciotola spennellata d’olio, sigillatela con la pellicola e lasciate lievitare la pasta per 20-25 minuti. Preparate il ripieno: lessate brevemente la scarola in acqua poco salata, scolatela e dopo strizzatela.
09/05/2019
TABOR SÜDEN: INDAGINI CON BIRRA E ARINGHE SULL’ISOLA DI SYLT
Friedrich Ani, classe 1959, è uno scrittore tedesco noto
soprattutto per i suoi gialli con protagonista l’investigatore Tabor Süden.
Ani, di madre tedesca e padre siriano, è laureato in sceneggiatura e ha
lavorato fin da giovane in radio e teatro. Diventato cronista giudiziario, si è
specializzato nelle inchieste criminali e questo gli ha permesso di venire a
contatto e di conoscere gli ambienti e i personaggi che poi ritroveremo nei
suoi romanzi. Dopo una breve esperienza nel giornalismo culturale, si è definitivamente
dedicato alla scrittura, arrivando a vincere per ben sette volte il “Deutscher
Krimi Preis”, il più prestigioso premio tedesco per i gialli d’autore. Per il
resto non si sa molto della sua vita privata se non che è completamente
assorbito dal suo lavoro! La sua “creatura” Tabor Süden è un cinquantenne
solitario, amante della birra e appassionato del suo lavoro di investigatore
presso la sezione “persone scomparse” del dipartimento di Polizia di Monaco di
Baviera. A dire la verità nel primo
libro edito in Italia, “Süden – Il caso
dell’oste scomparso” (che in realtà in Germania è il sedicesimo della serie) troviamo
il nostro protagonista che ha lasciato la sua occupazione in Polizia e che,
dopo un periodo passato fuori città, ritorna a Monaco e inizia a lavorare come
investigatore privato. I nuovi colleghi guardano con curiosità questo bizzarro
ex poliziotto taciturno, sempre apparentemente perso nei suoi pensieri, incapace
di lavorare in squadra e invidiano la sua abilità di segugio. Tabor con i suoi
ritmi lenti ma costanti, non segue varie piste ma cerca di immedesimarsi nello
scomparso, ascoltando fino allo sfinimento le testimonianze di chi lo conosce,
cercando quei risvolti dell’animo nascosti a tutti, calandosi nella sua realtà
e nelle sue abitudini, arrivando a percorrere tutte le sue strade. E lo fa con
una tale forza che spesso arriva quasi a “perdersi” nella vita della persona
che sta cercando, guardando il mondo con i suoi occhi e arrivando, infine, a
trovare quella traccia fondamentale che lo porterà a ritrovarlo e a ritrovarsi.
Il ritmo narrativo di Ani va di pari passo con le ricerche di Süden e si
avvicina molto al “noir” tipico di tanti autori, quali Nesbo o Mankell, pur
mantenendo la sua originalità nel panorama del giallo tedesco d’autore. Nel libro
sulla ricerca dell’oste scomparso, Tabor Süden si spinge fino all’Isola di
Sylt, nel nord della Germania, dove si sono perse le ultime tracce di questo
strano personaggio. Tabor passerà l’isola palmo a palmo fino all’inaspettato
epilogo di una vicenda davvero bizzarra che lo coinvolge e un po’ lo sconvolge
ma che lo aiuterà a guardare anche la sua nuova vita con occhi diversi. Ho
intenzione di leggere anche altri libri di Ani perché questo mi è proprio
piaciuto. Süden è un investigatore fuori dalle righe, originale e molto umano e
mi ha coinvolto nelle sue indagini e nei suoi tormenti, quindi voglio
conoscerlo meglio! Nel suo
viaggio sull’isola di Sylt, oltre a continuare a
bere fiumi di birra, si concede una delle prelibatezze locali: i panini con le
aringhe affumicate. Ho cercato la ricetta originale, non quella svedese ma
quella tedesca, e ho scoperto che ne esistono molte varianti…l’importante è la
centralità dell’aringa. E allora vi propongo questi panini semplici e dal gusto
intenso.
Ingredienti per due panini: 4 fette di pane nero di segale – 100/150 gr
di aringa affumicata – 1 mazzetto di ravanelli – burro – erba cipollina – sale –
pepe
Mettete le aringhe a marinare in un po’ di latte per qualche ora e poi
lasciatele asciugare bene. Nel frattempo lavorate il burro con l’erba
cipollina, un pochino di sale e un po’ di pepe, fino ad ottenere una crema.
Lavate i ravanelli e tagliateli a rondelle fini. Tagliate le aringhe a piccoli
pezzettini. A questo punto potete assemblare i panini: spalmate una dose
generosa di burro aromatizzato all’erba cipollina su due fette di pane, farcite
con l’aringa e i ravanelli, sovrapponete le altre due fette dopo aver spalmato
il burro anche su di esse e…gustatevi i panini con una bella birra! Se poi
volete leggere un bel libro mentre mangiate vi consiglio quello di Friedrich
Ani. Buon appetito, buona lettura e alla prossima settimana!
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01/05/2019
SIMON & SIMON: DUE FRATELLI CHE INDAGANO A SAN DIEGO
Facciamo un tuffo nei favolosi Anni Ottanta con una serie che non tutti
conoscono: “Simon & Simon”. Quando venne trasmesso l’episodio “pilota” nel
1978, la CBS aveva già in mente di spostarne l’ambientazione dalla Florida alla
California e così nel 1981 prese il via la prima stagione direttamente da San
Diego. Protagonisti sono Rick e A.J. Simon, appunto, che gestiscono un’agenzia
investigativa privata. I due fratelli non potrebbero essere più diversi! Il
maggiore, Rick, è un veterano della guerra del Vietnam; pratico, scanzonato,
abituato alla vita di strada, uomo di azione e di poche parole, attinge dalla
sua esperienza e dal suo addestramento militare la capacità di affrontare anche
i casi più pericolosi. A.J., al contrario, è l’intellettuale di famiglia.
Laureato, posato, affascinante, attento alle regole ed al rispetto della legge,
usa spesso la sua fluente oratoria per estorcere le informazioni necessarie
alle indagini o per “distrarre” i sospettati mentre Rick ne perquisisce la casa
o l’ufficio. Nonostante le continue discussioni fra i due titolari, la “Simon
& Simon investigation” funziona e soddisfa i clienti. I loro differenti
caratteri, infatti, portano Rick e AJ dapprima ad affrontare le indagini con
due diversi approcci e poi ad unire le forze per risolvere i casi che vengono
loro sottoposti. Accanto ai nostri eroi troviamo anche altri personaggi, due
dei quali vanno obbligatoriamente citati. La sempre presente madre, Cecilia,
pronta a tirarli fuori dai guai, a riprenderli quando le loro liti superano il
limite o a consolarli quando devono affrontare dubbi,
problemi o sconfitte, ed
il tenente Marcel Proust "Downtown" Brown, poliziotto atipico che
molte volte aiuta i Simon o viene aiutato da loro. Una simpatica presenza, infine,
è Marlowe, il cane di Rick, spesso protagonista di salvifici interventi. Anche
l’ambientazione non è secondaria: oltre alla città di San Diego, infatti,
spesso lo “sfondo” si sposta oltre confine, in Messico, dove i Simon arrivano
per seguire una pista o un sospettato. La serie, andata in onda in Italia fra
il 1983 ed il 1989, non ha avuto successo da subito ma ha dovuto pian piano
farsi strada fra le tante che arrivavano sui nostri schermi dagli Stati Uniti.
Dopo otto stagioni, però, “Simon & Simon” chiuse definitivamente i
battenti. Nel 1995 venne trasmesso un film per la TV che vedeva i due fratelli
di nuovo insieme dopo tanti anni, ma rimase un evento a sé stante e non ebbe
seguito. I due attori si divisero e si dedicarono ciascuno alla propria
carriera: Gerald McRaney, Rick, ha continuato ad avere successo e recita
tutt’oggi, mentre Jameson Parker, AJ, ha smesso di recitare e da una decina di
anni si è dedicato alla scrittura. Non ho visto tutte le stagioni di “Simon
& Simon” ma mi piacevano le avventure dei due fratelli; in particolare mi
piaceva l’umanità che emergeva in tutti gli episodi e l’affiatamento che si
coglieva fra Rick e AJ, anche se litigavano spesso. A parte qualche tazza di
caffè o una birra gelata bevuta qua e là, i fratelli Simon non si dedicano
molto al loro stomaco né al loro palato. È più facile vederli ingurgitare un
hot dog o un hamburger oppure cercare di gustarsi una bistecca o uno dei tanti
succulenti piatti messicani. Per questo voglio proporvi una ricetta messicana
semplice e saporita: le fajitas! Le fajitas sono un piatto tipico della cucina
messicana, un classico street food che si è diffuso anche negli USA. La fajita
è una sorta di piadina farcita preparata con la “tortilla de harina” che
racchiude un delizioso ripieno, tipicamente di carne di manzo o pollo, verdure
e salse piccanti. Quelle di pollo sono sicuramente le più comuni. Solitamente vengono
preparate facendo marinare il pollo tagliato a straccetti con succo di lime,
birra (o Tequila) e varie spezie: in questo modo la carne oltre ad acquistare
un buonissimo sapore, diventa anche molto tenera e piacevole mangiata
all'interno della piadina. Ecco a voi le FAJITAS DI POLLO
Ingredienti per 4 tortillas (potete farle o acquistarle già pronte o
sostituirle con delle piadine): 250 gr di petto di pollo - 1 peperone (o 2
piccoli di colore diverso) - 1 cipollotto (o una cipolla rossa) - Olio evo –
sale – pepe – peperoncino – erbe aromatiche - lime
Marinare il pollo per una notte (o almeno 12 ore) in frigorifero con
olio, lime, peperoncino, qualche fettina di cipolla, delle erbe aromatiche. Se
vi piace aggiungete anche una testa d’aglio. Lavate il peperone e tagliatelo a
listarelle, non troppo lunghe, cercando di farle dello stesso spessore, così
cuoceranno in modo più omogeneo. Lavate anche la cipolla e tagliatela a fettine
sottili. Scaldate una padella antiaderente (o un wok) e iniziate a cuocere i
peperoni, aggiungendo solo un pochino di sale e un filo di olio. Quando saranno
arrivati a metà cottura, aggiungete anche il pollo, precedentemente tagliato a
listarelle come i peperoni, insieme alla sua marinatura. Mescolate ogni tanto,
tenendo la fiamma medio-bassa e facendo attenzione che la carne e il peperone
si cuociano ma senza bruciarsi: il pollo dovrà dorarsi un po’ in superficie e i
peperoni dovranno stufarsi. Per ultime aggiungere le cipolle e aggiustare di
sale e pepe, a vostro gusto (a me piacciono piccanti!). Non appena sarà pronto
dovrete servire il tutto ben caldo, con le tortillas anch’esse calde. Ogni
commensale
può riempirsi la tortilla autonomamente attingendo dalla padella o,
se ce l’avete, dalla piastra di ghisa bollente. In alternativa potete
confezionare voi le tortillas, dividendo il ripieno equamente, arrotolandole e
servendole già pronte. Io preferisco la prima opzione perché è più conviviale e
divertente! Ovviamente dovete servire anche le salse di accompagnamento e birra
rigorosamente ghiacciata! Per quanto riguarda le salse, ormai si possono trovare
già pronte in molti supermercati ma io preferisco quelle home made e così vi
propongo le “mie” salse.
SALSA AL POMODORO PICCANTE - Ingredienti: 1 o 2 pomodori ramati –
peperoncino o jalapenos – sale – olio evo – origano –
basilico Tagliate a metà i pomodori, privateli dei semi e tagliateli molto
piccolo a coltello (in alternativa potete usare un frullatore ma il risultato
non sarebbe lo stesso!). Conditeli con gli aromi, sale, olio e peperoncino.
Questa salsa solitamente è davvero piccante! PANNA ACIDA - È molto semplice: unite alla panna (fresca o a lunga
conservazione) del succo di lime o di limone. Si abbina perfettamente alla
salsa piccante, perché smorza un po’ il gusto intenso del peperoncino. Volendo si può preparare anche la salsa guacamole, fatta con avocado…io personalmente la sconsiglio perché l’avocado è oleoso e va a “disturbare” i
sapori forti e decisi del ripieno! Ecco fatto: gli ingredienti li avete e ora
non vi resta che provarli! Buenas tardes y hasta pronto!
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