Svedese classe 1954, attivista nelle file dei giovani comunisti nordeuropei, scrittore e
giornalista di successo, Stieg Larsson ha conosciuto la vera fama solo dopo la
sua morte improvvisa, avvenuta nel 2004. Per più di vent’anni ha scritto
articoli contro fascismo ed estremismo di destra e nel 1995 ha fondato una
rivista trimestrale antirazzista "Expo"; ha tenuto conferenze in tutta Europa ed
è arrivato a collaborare con Scotland Yard. Per le sue decise prese di
posizione ricevette diverse minacce di morte ma non si arrese e continuò nel
suo lavoro. Nonostante fosse completamente assorbito dalle tante attività ed
iniziative legate alla politica, Larsson, poco prima della morte, consegnò ad
un’importante casa editrice svedese tre manoscritti, tre romanzi polizieschi
che costituiscono la “trilogia di Millennium”. In realtà lo scrittore aveva in
mente una
serie di dieci libri ma un infarto fulminante lo colpì prima che
potesse finire di scrivere il quarto. Alla loro uscita, avvenuta fra il 2005 e
il 2007, i tre romanzi ebbero subito un enorme successo e divennero in breve un
caso letterario, arrivando a vendere più di 8 milioni di copie. Ma di cosa si tratta? Millennium è il
nome di un mensile di Stoccolma, specializzato in indagini su grandi scandali
economici e politici, il cui giornalista più brillante è Mikael Blomkvist. A
causa delle sue indagini “scomode”, Mikael finisce spesso nei guai e nel primo
libro (Uomini che odiano le donne) dopo un processo che lo giudica colpevole di
diffamazione, per evitare il carcere ed allontanarsi per un po’ di tempo da
Stoccolma, accetta di lavorare per un miliardario, che gli chiede di far luce
su una vicenda vecchia di trent’anni. Ad aiutarlo, inaspettatamente, ci sarà
Lisbeth Salander, giovane ed enigmatica hacker dal torbido passato, con la
quale instaura uno strano e tormentato rapporto. Nel secondo libro (La ragazza
che giocava con il fuoco) l’attenzione si sposta su Lisbeth. Accusata di
triplice omicidio, ricercata dalla polizia e da nemici emersi dal suo passato,
la ragazza potrà fare affidamento solo su sé stessa e su Mikael, che cercherà
di aiutarla in tutti i modi per provare la sua innocenza. Per farlo, però,
dovrà scavare nella storia familiare di Lisbeth e quello che scoprirà sarà
davvero scioccante. Infine, nel terzo capitolo della trilogia (La regina dei
castelli di carta), è ancora Lisbeth che dovrà lottare per la sua vita. Con il
suo passato, infatti, sono emersi anche segreti che in tanti vorrebbero
lasciare sepolti. La giovane e tormentata hacker è diventata molto scomoda per uomini importanti, potenti e privi di scrupoli e Mikael potrà salvarla solo
pubblicando verità scottanti sulla sua rivista…ma così anche lui rischia grosso.
Ho letto i tre libri, uno dopo l’altro, divorando ogni pagina e rimanendo
sveglia fino a tardi, incollata alle parole scritte da Larsson con uno stile
semplice e scorrevole che ti impedisce di fermarti. La figura di Lisbeth
Salander è davvero affascinante ed ambigua: in un capitolo la adori e vorresti
aiutarla e nel capitolo successivo ti ritrovi a odiare alcune sue azioni ed a
dubitare di lei. In ogni caso sei talmente “immerso” nel libro che ti sembra di
farne parte! E anche la trasposizione cinematografica, con una fantastica Noomi Rapace ad interpretare la hacker svedese, è stata davvero incredibilmente fedele ai libri. Nonostante l’originalità e l’intelligenza introversa del suo personaggio, però, dal punto di vista del gusto Lisbeth è proprio negata! Mangia solo cibo surgelato e beve caffè a litri! Praticamente si riempie il freezer di “Billys Pan Pizza”, una sorta di pizza all’americana ricoperta di un’accozzaglia di ingredienti…povera ragazza…in tanti momenti, leggendo le sue avventure, avrei voluto correre nel suo appartamento e cucinarle qualcosa di “normale”, facendole capire che anche le papille gustative si meritano il meglio! Invece la leggevo (e la vedevo nel film) intenta a digitare furiosamente sulla tastiera del suo pc, con una tazzona di caffè e la pizza surgelata, passata dalla scatola al microonde al piatto e poi al suo stomaco insensibile! Beh! Come avrete già intuito stasera non vi proporrò una ricetta ma vi parlerò del successo che ebbe l’ideatore della pizza surgelata e che continua ancora oggi. Questa volta non si parla di gusto del delitto ma di delitto del gusto!
Breve storia della pizza surgelata
Come tutti sappiamo (e come vi ho già scritto nello scorso mese di
aprile) pur essendo la pizza nata
alla fine del XIX° secolo, solo nel 2017 l’Unesco
ha dichiarato patrimonio dell’umanità l’”arte tradizionale dei pizzaiuoli napoletani”e
fin qui tutto bene, anzi! Ovviamente in questa “arte tradizionale” la pizza
surgelata non solo non rientra ma è proprio tutt’altra cosa…tanto che molti dicono
che non si dovrebbe nemmeno usare il termine “pizza”. Ma, si sa, è il mercato
che comanda e i surgelati hanno sempre riscosso un enorme successo. Negli Anni
Trenta, negli Stati Uniti, un certo Charles Birdseyes aveva presentato in diversi
negozi alcuni tagli di pesce e di carne surgelati, contribuendo alla diffusione di
questo nuovo tipo di conservazione e consumo di generi alimentari. Una ventina
di anni dopo Joseph Settineri, figlio di immigrati italiani che insieme al
fratello Cyrus vendeva ravioli ed altri prodotti di origine italiana, ebbe un’idea
che lo avrebbe reso ricco. Il lavoro andava abbastanza bene, visto che,
allora come oggi, i prodotti del Belpaese riscuotevano il favore dei
consumatori statunitensi. Per aumentare il suo giro d’affari, Joseph creò la prima
pizza surgelata, un prodotto che non rispecchiava la ricetta originale ma
voleva andare incontro ai gusti dell’americano medio. Il punto però è che, a
parte il nome, la pizza made in USA e quella made in Italy avevano, e hanno tuttora, ben poco in comune, perché le pizze di oltre oceano sono “troppo”: troppo ricche, troppo condite, spesso con un affastellamento di ingredienti privo di apparente logica. Sono, insomma, lontane anni luce dalle pizze create, preparate e consumate nel nostro Paese. Ciò nonostante inspiegabilmente piacciono! Alla fine degli Anni Sessanta, poi, questo prodotto sbarcò anche da noi e…incredibile a dirsi ebbe successo anche qui! Puntando tutto sulla praticità e nulla sul sapore, riuscì ad occupare una buona fetta di mercato e continua a farlo. Inutile negarlo, tutti prima o poi l’abbiamo assaggiata e, anche se non è in alcun modo all’altezza della “vera pizza”, rimane comunque un prodotto “comodo” da gestire e da consumare, soprattutto con i ritmi frenetici che ci incalzano. Chi è pro chi è contro…ciascuno decida da che parte stare. Io rimango dell’idea che la pizza sia qualcosa di unico. Quella verace dei pizzaioli, quella casalinga fatta dalla mamma, quella più semplice presa al volo dal panettiere…ciascuna ha la sua consistenza, il suo sapore e la sua bontà e il prodotto surgelato non arriverà mai ad eguagliarla. Quindi, mi raccomando, mentre siete presi dalla lettura di un bel libro giallo o vi preparate a vedere un bel film, se proprio non riuscite a cucinarla voi direttamente, fatevela portare a casa dal pizzaiolo più vicino…e gustatela fino in fondo!
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