27/12/2017

NATALE FRA GUSTO E DELITTO....


Natale è appena passato e sono sicura che se non tutti almeno la maggior parte di noi ha mangiato molto più del solito! I buoni propositi e le promesse alla propria linea sono stati accantonati insieme alla carta dei pacchetti sotto l’albero; “…tanto Natale viene una volta l’anno e qualche strappo si può fare”, è la tipica frase che ci ripetiamo per mettere a tacere il senso di colpa che ci prende dopo il panettone, il caffè e l’ammazzacaffè! Tranquilli, lungi da me il fare una ramanzina a qualcuno, anzi! Io a Natale, ultimamente, mi concedo proprio i piatti e gli sfizi che durante l’anno evito accuratamente...in questo periodo l’unica cosa che evito è la bilancia!!!! Ma veniamo a noi.
Pensando a quale autore e, quindi, a quale ricetta proporvi oggi…mi sono bloccata: dopo tutto quello che abbiamo mangiato (e i cui avanzi ci accompagneranno per i prossimi giorni!!) come potevo presentarvi una ricetta, anche solo quella di un classico consommé, senza nausearvi?!?!? E non solo...se anche avessi voluto scegliere avrei dovuto faticare non poco, perché gli autori che hanno ambientato almeno un romanzo o un racconto nel giorno di Natale e dintorni sono davvero tantissimi! Tutti, dai più grandi e famosi fino ai meno noti, hanno scritto di omicidi perpetrati a Natale o alla vigilia, magari commessi da un fantomatico assassino travestito da Babbo Natale o addirittura hanno raccontato di crimini che avevano come vittima proprio Santa Klaus…in molti casi, poi, era proprio una delle portate del pranzo ad essere l’arma del delitto! …insomma possiamo proprio dire che le festività natalizie hanno da sempre stimolato la fantasia dei giallisti di qualsiasi periodo e di tutto il mondo. 
Di Agatha Christie, di Poirot e del Christmas pudding vi ho appena scritto ma ci sono anche Rex Stout e Georges Simenon che fanno muovere rispettivamente Nero Wolfe e Maigret fra alberi addobbati e strenne natalizie. E ancora Conan Doyle fa cercare un’oca di Natale al suo Sherlock Holmes e Patricia Cornwell ha scritto addirittura un libro dedicato alle ricette di Natale della dottoressa Kay Scarpetta; per non parlare di James Patterson che intitola uno dei suoi libri “Buone feste Alex Cross” o di Camilla Läckberg che descrive il Natale svedese sullo sfondo delle indagini di Patrick ed Erika…. Come vedete le possibilità erano molteplici ma alla fine ho deciso di non pubblicare nessuna ricetta e di non parlarvi di nessun autore in particolare. Non potevo, però, lasciarvi senza un mistero, senza una domanda che ancora non ha risposta… Si tratta del mistero delle origini del panettone, che per noi milanesi è e rimane il dolce di Natale per eccellenza: come è nato e chi l’ha creato?!?  Le sue origini sfumano a tratti nella leggenda. Sono due le storie che godono di maggior credito. La prima narra di Messer Ulivo degli Atellani, falconiere che abitava nella Contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere dal padre di lei come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, miele e uva sultanina. Poi lo infornò. Fu un successo strabiliante, tutti vollero assaggiare il nuovo pane e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono e vissero felici e contenti.  La seconda, invece, è meno romantica! Il cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato per errore nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: «Con quanto è rimasto in dispensa – un po' di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola». Il cuoco acconsentì e, tremante, si mise dietro una tenda a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto parlando in milanese: «L'è 'l pan del Toni». Da allora è il "pane di Toni", ossia il "panettone". A voi decidere quale delle due può essere quella vera, la più credibile, quella che più vi piace. Io ci sto ancora pensando e nel frattempo mi taglierò un’altra fetta di panettone e la gusterò leggendo il prossimo libro di cui vi parlerò! Buona continuazione e al prossimo post!

24/12/2017

BUON NATALE!


Lo so, solitamente scrivo il mercoledì e vi parlo di un autore, di un personaggio, di una ricetta....sono moltissimi  gli autori che hanno scritto gialli ambientati nel periodo o nel giorno di Natale e avrei avuto solo l'imbarazzo della scelta...Ma oggi è la vigilia di Natale e voglio solo farvi i miei auguri....Vi auguro un Natale sereno, fatto di calore con le persone che amate vicine e lontane, fatto di preghiera e di solidarietà, fatto di momenti di silenzio e anche di risate, fatto di canti e di gioia, fatto di pensieri rivolti a chi non ha nulla e a chi ha troppo perché è questo il vero delitto!
E vi auguro anche un Natale più "leggero", un Natale che sia un momento di pausa vera dal caos e dalla routine, dal frenetico quotidiano che ci sommerge e spesso non ci permette di fermarci...
Regalatevi un momento per fermarvi e per guardarvi, per parlarvi e ascoltarvi, per stare in compagnia...o da soli...e se siete da soli scegliete la compagnia di una buona musica e di una buona lettura, magari di un buon libro...giallo ovviamente! Vi auguro un Natale con tante cose buone, per il cuore e perché no? Anche per il palato! Un Natale di gusto...ma senza il delitto stavolta!!!!

20/12/2017

POIROT E IL CHRISTMAS PUDDING


Vi ho già parlato di Agatha Christie, il mio “primo amore” in senso letterario, colei che ha creato Miss Marple e, soprattutto, il mio “detective number one” per eccellenza: Hercule Poirot! Come nasce questo strano investigatore che compare sulla carta stampata nel 1920 e continua ad essere famosissimo ancora oggi dopo quasi un secolo? All'epoca circolavano parecchi personaggi: Sherlock Holmes, Arsenio Lupin, Raffles, Rouletabille… Ma Agatha Christie vuole qualcosa di completamente diverso. L'ispirazione arriva dalla presenza, nella sua regione, di un gruppo di rifugiati belgi. Ed ecco Hercule Poirot: un funzionario di polizia belga in pensione. "Doveva essere un ispettore per avere una buona conoscenza del crimine." - come dice la stessa scrittrice - "...doveva essere molto ordinato e meticoloso. Un omino preciso con la mania dell'ordine, della simmetria e una netta propensione per le forme quadrate piuttosto che per quelle rotonde. E poi molto intelligente, con il cervello pieno di cellule grigie…Poirot era un ometto dall'aspetto straordinario. Era alto un metro e sessantacinque, ma aveva un portamento molto eretto e dignitoso. La testa era a forma di uovo, costantemente inclinata da un lato. Le labbra erano ornate da un paio di baffi rigidi, alla militare. Il suo abbigliamento era inappuntabile." Non ha famiglia, anche se le donne lo affascinano e apprezza i complimenti da parte del gentil sesso. Vanitosissimo, al limite del detestabile, soffre se non gli vengono riconosciute le sue capacità superiori. È un solitario e ha pochi e fedeli amici: tra gli altri, il capitano Hastings, suo fedele collaboratore, Miss Lemon, la segretaria, George, il suo maggiordomo, e l’ispettore Japp, con il quale c’è un rapporto di sana rivalità. I romanzi e i racconti con Poirot come protagonista sono tantissimi e non saprei proprio dire quale possa essere il migliore. Li ho letti e riletti tutti…ad eccezione di “Sipario” l’ultimo libro di Poirot, in cui Agatha Christie scrive la sua morte: non ho proprio il coraggio di leggerlo! Altrettanto numerosi sono stati i film per il cinema e la televisione, con protagonisti fantastici, fra i quali spiccano a mio avviso David Suchet e Peter Ustinov. Avvicinandosi il Natale ho deciso di scegliere uno dei racconti più simpatici e in tema con questo periodo: “Il caso del dolce di Natale” (“The adventure of the Christmas Pudding”). In questo breve racconto, Poirot si ritrova, suo malgrado, nella fredda campagna inglese a passare le festività con una famiglia tipicamente inglese, abituata a rispettare tutte le usanze inglesi, culminanti nello sfarzoso e pantagruelico pranzo di Natale inglese! Dapprima restio (Poirot soffre tantissimo il freddo e teme che il vecchio maniero non sia sufficientemente riscaldato e confortevole!), il nostro eroe sembra poi riuscire a rilassarsi e a farsi coinvolgere dall’atmosfera festosa…ma il piacere non dura a lungo: una minaccia aleggia sul Natale in casa Lacey. Poirot riceve un biglietto anonimo prima del pranzo: “Non mangiate il dolce!” Si tratta di uno scherzo o sta davvero per succedere qualcosa? E cosa farà Poirot quando gli verrà servito il golosissimo Christmas Pudding, preparato secondo le antiche tradizioni britanniche?

Si narra che fin dal quindicesimo secolo questo dolce venisse preparato a partire da due/tre mesi prima del Natale e pare sia un vero classico della tavola inglese, tanto che nel 1714 Re Giorgio I lo introdusse come piatto obbligatorio del pranzo di Natale e nel 1843 anche Charles Dickens ne descrisse la trionfale entrata in tavola in una scena di “A Christmas Carol”. Quando ho scelto questo piatto non avrei mai pensato di imbarcarmi in un’impresa del genere! Sapete? Su alcune cose sono anch’io un po’ “precisina” come Poirot e quindi ho cercato la ricetta più classica del Christmas Pudding, quella di Anton Mosimann di Londra, chef al quale la Corona inglese ha affidato eventi indimenticabili come la cena del Royal Wedding del principe William, duca di Cambridge, e Kate Middleton, il giubileo della Regina Elisabetta II e il compleanno del Principe Carlo. La preparazione è lunga e laboriosa ma vi assicuro che ne vale la pena!  


CHRISTMAS PUDDING Ricetta per 4/6 persone Si consiglia uno stampo da budino della capacità di un litro non scanalato ma liscio. In caso non abbiate i liquori elencati nella ricetta, potete utilizzare solo il Cognac o il Brandy, mantenendo comunque le dosi indicate.

Ingredienti e preparazione del Golden syrup*(facoltativo):1,2 kg di zucchero -  650 gr di acqua bollente - 50 ml di succo di limone Prendete una pentola antiaderente e dal bordo spesso e mettete 200 gr di zucchero e 50 gr di acqua, mescolate bene e poi cuocete a fuoco dolce fino a ottenere un composto dalla consistenza e dal colore simile a quello del caramello. A questo punto aggiungete l’acqua bollente, il succo di limone e lo zucchero rimasto, mescolate con un cucchiaio e poi cuocete a fuoco dolce per un’oretta. La consistenza finale deve essere un po’ più liquida del miele, ma sempre piuttosto viscosa.

Ingredienti fase 1: 112 grammi di uva sultanina - 112 grammi di ribes (o altri frutti rossi disidratati) - 112 grammi di uva passa - 25 grammi di ciliegie glassate - 25 grammi di frutta candita - 30 grammi di prugne secche - 35 ml Cognac - 35 ml Madeira - 53 ml Rum Scuro

Ingredienti fase 2: 35 grammi di mele Granny Smith grattugiate - 25 grammi di carote grattugiate - scorza d’arancia e succo di mezza arancia - scorza di limone e succo di mezzo limone - 2 grammi di cannella in polvere - 2 grammi di spezie miste - 1 presa di sale marino - 15 ml di Golden syrup* (facoltativo-in alternativa 20 ml di acqua calda zuccherata) - 15 ml di birra Guiness Stout - 10 ml birra tipo Bitter Ale

Ingredienti fase 3: 45 grammi di farina - 20 grammi di mandorle macinate - 65 grammi di pane sbriciolato - 70 grammi di burro

Ingredienti fase 4: 1 Uovo (55 grammi) - 45 grammi di zucchero di canna

Ingredienti fase 5: 30 ml di Cognac

Fase 1: Fate marinare tutta la frutta nei liquori per una notte.

Fase 2: Mischiate tutti gli ingredienti e aggiungeteli alla frutta marinata.

Fase 3: Mescolate tutti gli ingredienti secchi e poi aggiungeteli al composto di frutta ottenuto al termine dalla fase 2.

Fase 4: Sbattete l’uovo con lo zucchero e mescolate con la frutta. Mettete il composto così ricavato in uno stampo da budino, coprite con un telo di mussola o con pellicola trasparente e chiudete con un coperchio. Lo stampo deve essere praticamente sigillato, quindi potete anche legare il telo al bordo dello stampo con uno spago da cucina. Inserite lo stampo in una grande casseruola piena d’acqua fino a circa metà dell’altezza dello stampo ino e cuocete a bagnomaria per 6 ore. (É anche possibile cuocere il pudding in forno, a circa 150°, avendo sempre l’accortezza di aggiungere acqua calda, mantenendo il livello costante).

Fase 5: Quando sarà pronto, raffreddate il pudding, poi bagnate la parte superiore con il cognac, rimettete un nuovo coperchio e lasciatelo in un luogo secco e fresco. N.B.Se avete preparato secondo tradizione il Christmas pudding con largo anticipo, ricordatevi di bagnarlo con un cucchiaino di Brandy una volta alla settimana, rimuovendo la pellicola e poi di risigillarlo nuovamente.

Fase 6: Prima di servire il pudding, ricuocetelo a vapore per altre due ore.

Fase 7: Capovolgete lo stampo, mettete il pudding al centro di un piatto da portata e decorate a piacimento con un rametto di agrifoglio. Servite il Christmas Pudding tiepido con il burro al brandy (Lavorate un po’ di burro morbido e a temperatura ambiente con del brandy e dello zucchero a velo). In molte famiglie inglesi si usa servirlo “flambato” con del brandy…a voi la scelta.
L’importante è che non lo facciate mangiare ai bambini e che non vi mettiate al volante dopo averlo mangiato! Buon Natale a voi e ai vostri cari: che sia per tutti un Natale sereno e…gustoso!


13/12/2017

ADAMSBERG, PARIGI E LE BAGUETTES



Fred Vargas, pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau (classe 1957), è una scrittrice francese.  Ricercatrice di archeozoologia presso il Centro nazionale francese per le ricerche scientifiche (CNRS) ed esperta in medievistica. Lo stesso anno 1997 in cui inizia a collaborare con il CNRS scrive il suo primo polar “Le jeux de l'amour e de la mort”. Non è entusiasta del suo libro ma con questo vince un premio e comincia una brillante ed originale carriera, specializzandosi nella letteratura poliziesca e scrivendo anche sceneggiature per la televisione. I suoi romanzi vengono scritti con una tecnica particolare: mentre lavora inizia a “pensare” il libro, che poi scrive durante le ferie estive; durante quelle invernali lo rilegge, lo sottopone alla lettura e alla critica della sorella gemella (pittrice contemporanea) e poi lo pubblica. Uno all’anno, con regolarità. Ha uno stile unico, alla ricerca della precisione, della “sonorità” delle parole e i suoi personaggi sono altrettanto atipici, logorati dalla vita ma sempre al loro posto, pronti a battersi per la giustizia. La Vargas li descrive e quasi li “dipinge” con tratti sempre diversi, curando ogni particolare esteriore e interiore, creando loro una storia, un passato vero, credibile, quasi tangibile che porta i lettori ad amarli o odiarli e comunque a provare delle emozioni verso di loro. Anche Parigi, la città in cui li fa muovere, diventa parte fondamentale della loro vita e del loro quotidiano. Il suo personaggio per eccellenza è il commissario Jean-Baptiste Adamsberg. "Spalatore di nuvole", è commissario di polizia del 13° arrondissement di Parigi, uomo lento, riflessivo, che, alle prese con casi intricati e apparentemente irrisolvibili, sembra brancolare nel buio finché non viene folgorato da una delle sue intuizioni geniali (in genere durante una delle sue camminate riflessive o mentre scarabocchia), lontane dal rigore della "classica" logica dell'investigatore, che lo conducono alla soluzione. Adamsberg vive, apparentemente, in un mondo tutto suo, nel quale non c’è posto per orologi, redazione di verbali, rispetto delle regole, rapporti interpersonali…Non si cura di ciò che indossa, del fatto che faccia caldo o freddo, dell’orario di colazione, pranzo o cena…ma sa che deve vestirsi, sa che deve coprirsi e, soprattutto, mangia per sopravvivere! Durante le sue camminate per le vie di Parigi, si ferma a comprare una bottiglietta d’acqua e il necessario per uno spuntino e mangia passeggiando o seduto su una panchina. Lo so, Adamsberg non è proprio un detective “gourmet” ma ho letto qualche libro di Fred Vargas e mi è piaciuto molto seguirlo nelle sue indagini e in questi suoi “vagabondaggi” nella Ville Lumière. Del resto ho sempre amato Parigi e cosa c’è di meglio del profumo delle baguettes appena sfornate, croccanti, accompagnate da uno dei tanti formaggi francesi dal sapore deciso, come il Roquefort o il Mont d’Or, e da frutta o verdura di stagione? E poco importa se siamo nella culla della “haute cuisine” perché l’importante è il buon cibo, anche e soprattutto nella sua semplicità…e anche se Jean-Baptiste sembra non prestare attenzione a ciò che mangia, è pur vero che indaga con tutto sé stesso e con tutti i suoi sensi, gusto compreso, quello del delitto ovviamente!!!
Questa settimana non pubblico una semplice ricetta ma la ricetta della vera baguette francese. La baguette è un tipo di pane caratterizzato da una forma allungata, da una crosta croccante e da una mollica soffice e sviluppata che viene realizzata con una lievitazione lenta e naturale. La classica baguette francese è lunga circa 65/70 cm larga 5 o 6 cm e alta circa 3 o 4 cm. E allora cosa aspettate?!? Au travail!

BAGUETTE FRANCESE

500 gr di Farina 00  - 350 ml d'acqua - 10 gr di lievito di birra  - sale - olio extra vergine di oliva

Mischiare la farina ed il sale con l'acqua in un contenitore abbastanza capiente da contenere il tutto e, dopo aver mescolato per bene, aggiungere il lievito precedentemente sciolto in poca acqua calda. Impastare con le mani fino ad ottenere un prodotto omogeneo e compatto. Coprire e lasciare riposare per circa un'ora. Cospargere il piano di lavoro (o la spianatoia) con della farina, prendere l'impasto e impastarlo con le mani infarinate. Questa operazione può essere svolta anche piegandolo ripetutamente su sé stesso per 5 o 6 volte. A questo punto è il momento di tagliare l'impasto in quelle che diventeranno le baguette vere e proprie. (Come abbiamo detto la tipica baguette è lunga circa 65/70 cm e larga 5 o 6 cm, ma si potrebbe provare a realizzare delle mini baguette più corte rispetto alla lunghezza classica per poterle sistemare meglio in forno. L’importante è che siano tutte uguali). Scaldare il forno a 240°. Con un coltello fate dei taglietti (non troppo profondi), lungo gli impasti delle baguette preparate, in senso trasversale alla lunghezza e con le dita bagnate d'olio passare sopra i tagli in maniera da ungerli. A questo punto inserire gli impasti nel forno abbassandolo subito a 220°. Mettere nel forno una ciotola d'acqua che provvederà a creare il vapore necessario. Lasciar cuocere per circa 20/25 minuti finché la superficie delle baguettes non risulta bella dorata. La vostra baguette originale è pronta per essere servita in tavola. Sicuramente sarebbe molto meglio andare a Parigi e gustare l’originale all’ombra della Tour Eiffel…ma nel frattempo provate a farla e ad accompagnarla a ciò che preferite…et bon appetit!





06/12/2017

SQUADRA SPECIALE MINESTRINA IN BRODO


Roberto Centazzo, nato a Savona nel 1961, fin da piccolo sa che farà lo scrittore. Non avendo ben chiara, però, la strada da percorrere, inizia diverse esperienze che lo porteranno a scrivere romanzi polizieschi. Si laurea in giurisprudenza, esercita la pratica forense, consegue l’abilitazione all’insegnamento e poi, per conoscere da vicino le tecniche investigative, si arruola in Polizia. Attualmente è Ispettore Capo e anche la sua carriera di scrittore è ben avviata. Dopo i notevoli successi ottenuti con i suoi primi romanzi pubblicati con uno pseudonimo, decide di dare vita al personaggio del Procuratore della Repubblica di stanza a Savona, Lorenzo Toccalossi, protagonista di una serie di libri di successo firmati con il suo vero nome. Nel 2016 pubblica “La prima operazione della squadra speciale minestrina in brodo”, romanzo davvero originale con tre protagonisti destinati al successo di Toccalossi. Ma chi sono? Sono poliziotti, o meglio, lo sono stati; adesso sono in pensione. Ma hanno ancora un bel po’ di conti in sospeso con delinquenti e farabutti sfuggiti alle maglie della giustizia. Ferruccio Pammattone, ex sostituto commissario e vice dirigente alla Squadra mobile, Eugenio Mignogna, ex sovrintendente alla Scientifica, Luc Santoro, ex assistente capo all’Immigrazione, hanno molte cose in comune: sono amici da una vita, si sono arruolati insieme nel lontano 1975 e sono appena stati congedati per raggiunti limiti d’età. Alla pensione, però, non possono e non vogliono abituarsi. Si annoiano. Così, mentre chiacchierano sul lungomare di Genova, pensano che potrebbero rimettersi subito in azione, per dedicarsi finalmente a tutti quei casi che, per un motivo o per l’altro, non hanno mai potuto affrontare quando erano in servizio. Adesso, finalmente, non devono rendere conto a nessuno, soltanto alla loro coscienza che li spinge a indagare, al loro stomaco che s’infiamma alla vista di un würstel e alla loro prostata che reclama una sosta ogni tanto. E così Pammattone, alias Semolino (se mangia pesante si riempie di macchie rosse ed è costretto a una dieta durissima), Mignogna, alias Kukident (per festeggiare la pensione si è regalato una smagliante dentiera) e Santoro, alias Maalox (soffre di atroci bruciori di stomaco) diventano la «Squadra speciale Minestrina in brodo». E, pur combinandone di cotte e di crude, riescono a risolvere un caso molto difficile, aiutando il giovane commissario Lugaro che ha sostituito Pammattone e tiene in alta considerazione il suo predecessore e la sua grande esperienza. Durante le loro indagini, i nostri tre pensionati mangiano diversi cibi (con effetti collaterali non sempre piacevoli!) ma ho preferito scegliere il piatto che dà il titolo e il nome alla squadra: la minestrina in brodo. Certo non si tratta di una ricetta elaborata e non ho alcuna pretesa di insegnare come farla. Sicuramente in ogni famiglia se ne prepara una “versione” diversa, a seconda dei gusti e delle tradizioni. La ricetta che condivido oggi con voi è quella semplice, classica con un brodo di verdure (non fatto con il dado!) da mangiare la sera, quando fuori fa freddo, dopo una giornata pesante, per scaldare lo stomaco e il cuore...magari leggendo o guardando un bel giallo!

Per gustare un’ottima minestra l’importante è preparare un buon brodo fatto in casa bello saporito, perché con il brodo di dado non è la stessa cosa. (Diciamo che all’occorrenza va bene anche il dado, ma che sia almeno biologico!).  La minestra in brodo della ricetta è stata preparata con della comune pastina ma ci si può sbizzarrire e utilizzare un qualsiasi formato: stelline, quadrucci, capelli d’angelo, risoni, tempestina….

Ingredienti per 2 persone

una cipolla - due carote - due coste di sedano - mezzo porro - 2 pomodorini (e altre verdure a piacimento)
brodo q.b.
80/90 gr di pastina
parmigiano grattugiato q.b. - olio evo q.b.

Anzitutto preparate un brodo di verdure facendole bollire in acqua fredda per 20/30 minuti. Passate le verdure o frullatele (in base alla consistenza che preferite), versate la crema così ottenuta nel brodo, aggiungete la pastina e fate cuocere per 10 minuti aggiungendo acqua calda se serve. Servitela cospargendola con parmigiano grattugiato a piacere e un filo di olio extravergine di oliva. Ai bambini (e non solo!) piace anche con un formaggino. Buon appetito!

29/11/2017

ALEX CROSS E I MITICI PANCAKES DI NANA



James Patterson, statunitense classe 1947, è uno dei più prolifici e importanti scrittori di thriller contemporanei. (Si dice sia anche uno dei più ricchi, grazie alla vendita di oltre 300 milioni di copie dei suoi libri in tutto il mondo!). È famoso in particolare per i thriller ma ha scritto anche romanzi rosa e libri per ragazzi e diversi dei suoi thriller sono stati portati sul grande schermo. Ha creato le serie di Alex Cross, delle Donne del Club Omicidi, di Michael Bennett e di altri personaggi, tutti di grande successo, e continua a scrivere e a coinvolgere sempre più lettori nelle avventure dei suoi “eroi del quotidiano”, come lui stesso li ha definiti. Ho iniziato a leggere i libri di Patterson una decina di anni fa…a dire il vero li ho letteralmente divorati e mi piacciono tutti i suoi personaggi. Ho scelto di iniziare a parlarvi di Alex Cross, che al cinema ha avuto il volto di Morgan Freeman e di Tyler Perry, perché credo sia molto umano, capace di emozioni forti, a volte diviso fra il senso del dovere e la deontologia della sua professione. Infatti è uno psicologo, profiler e cacciatore di serial killer, lavora in Polizia e collabora con l’FBI. Vedovo, vive a Washington con i due figli, Damon e Jeannie, e la nonna Nana, personaggio solo apparentemente marginale, che l’ha cresciuto con forza, amore e sani principi morali, salvandolo dalla strada, e ora lo aiuta a crescere i suoi ragazzi. Fra un omicidio e l’altro, Alex cerca e trova rifugio e pace solo nella famiglia, nel calore della vita quotidiana, fatta di alti e bassi, con i figli che crescono e Nana che lo tratta spesso ancora come un ragazzino. È lei che cucina per tutti e conosce i gusti e le preferenze di ciascuno, riuscendo ad intuire quando fare cosa e come. E sa bene che tutta la famiglia ama iniziare la giornata (o semplicemente improvvisare una merenda) con i suoi mitici pancakes, accompagnati ogni volta da una serie di leccornie: miele, marmellata, gelatina, cioccolato, marshmallows, frutta fresca e secca... Insomma i Cross si riuniscono e si “ricaricano” intorno al tavolo imbandito e poi da lì ripartono, ciascuno con le sue piccole e grandi battaglie. Spesso è proprio stando a casa, a tavola, che Alex ha una delle sue intuizioni o idee che poi lo aiuteranno a risolvere il caso e ad assicurare alla giustizia l’ennesimo assassino. Del resto, come dice Nana, “Non si salva il mondo con lo stomaco vuoto!” Parole sante... E allora che pancakes siano!

PANCAKES DI NANA (Ingredienti per 4 persone)


100 g di farina
1 uovo
1 bicchiere di latte a temperatura ambiente
15 g di zucchero
1 cucchiaio di olio di semi
Lievito / burro / sale

Preparate la pastella: in una ciotola mescolate la farina setacciata, lo zucchero e un pizzico di sale, sgusciatevi un uovo e con una frusta sbattete con cura il tutto. Aggiungete un cucchiaio d’olio e il latte. Unite un cucchiaino di lievito setacciato e mescolate con una frusta. Coprite e lasciate riposare per 2 ore a temperatura ambiente. In un padellino antiaderente ben caldo lasciate fondere un fiocchetto di burro e versatevi un mestolino di pastella, lasciando che si stenda in un disco. Cuocete il pancake da entrambi i lati senza farlo colorire troppo, girandolo con una paletta. Proseguite fino a esaurimento della pastella. Servite i pancake ben caldi con vari sciroppi a piacere, di acero, di mele, di mirtilli, oppure miele, marmellata, cioccolato, frutta…l’importante è che li mangiate con gusto e allegria, perché Nana dice che a tavola si va con il sorriso!



22/11/2017

A COLAZIONE CON PHILIP MARLOWE


Raymond Thornton Chandler (1888 – 1959) è stato uno scrittore e sceneggiatore statunitense, il più importante autore di narrativa hardboiled. Nacque a Chicago, dal 1895 al 1912 visse in Gran Bretagna con la madre, separatasi dal padre, e rientrò negli Stati Uniti nel 1912. Iniziò a scrivere pulp fiction per vivere, lavorò per un breve periodo nel campo petrolifero ed infine si dedicò alla sua passione: nel 1933 pubblicò il suo primo racconto. Il successo, però, arrivò con il suo primo romanzo “Il grande sonno” del 1939, cui seguì il contratto come sceneggiatore con la
Paramount. Alternò la scrittura di romanzi e di sceneggiature ma non sempre il suo lavoro ottenne il successo sperato. Fu sempre molto critico verso il “giallo classico”, prediligendo la narrativa hardboiled iniziata da Dashiell Hammett. Visse una vita tormentata, segnata dall’alcolismo e dalla morte della moglie, dopo la quale tentò il suicidio, e morì per una polmonite, prima di riuscire a completare il suo ultimo romanzo, rimasto incompiuto. Riuscì a trasmettere la sua visione cupa e disincantata della vita nei protagonisti dei suoi romanzi, soprattutto in quello più riuscito e famoso: l’investigatore Philip Marlowe. Duro ma onesto, riflessivo e tormentato, contrariamente allo stereotipo del genere, Marlowe non è il classico uomo tutto d'un pezzo, bensì un individuo complesso, sentimentale, con pochi amici, colto (ha studi universitari ed è appassionato di scacchi e musica classica) e dai forti principi morali. Sul grande schermo è stato rappresentato da diversi attori come Dick Powell e Robert Mitchum ma l’interpretazione per eccellenza è stata quella di Humphrey Bogart, indimenticabile in “Il grande sonno” del 1946 accanto ad una altrettanto unica Lauren Bacall, nei panni della dark lady di turno. Ammetto di non amare molto l’hardboiled ma ho sempre cercato di essere aperta a tutti i diversi generi, per potermene fare un’idea, quindi ho letto alcuni libri di Chandler e da ragazzina ho visto Bogart nei panni di Marlowe, con il trench, la sigaretta “appesa” alle labbra e il bicchiere di whisky in mano...beh! Un gran bel vedere! Aveva un fascino particolare, pur non essendo particolarmente bello, ed era intrigante con quel suo sguardo triste e perso in chissà quali pensieri! Vi consiglio di leggere almeno “Il grande sonno”, appunto, giusto per capire di cosa si tratta e per trovare i passi in cui Marlowe afferma che a stomaco vuoto non si va da nessuna parte e non si può concludere niente. Essendo single non trova né pranzo né cena pronti a casa, anzi, non mangia mai a casa e predilige il pasto del mattino “…ora vado a far colazione nel caffè qui vicino: succo d’arancia, uova, pancetta, pane tostato, miele, tre o quattro tazze di caffè…” Del resto cosa potrebbe mangiare un tipico uomo “duro” americano se non una tipica colazione americana?!?  Quella che vi propongo di seguito è proprio una “american breakfast” che ormai, al giorno d’oggi, non è più un segreto per nessuno ma all’epoca di Chandler non era ancora stata del tutto importata dalle tavole americane in Europa (e men che meno in Italia).  Immaginatevi una delle classiche tavole calde dei film, rigorosamente in bianco e nero, con la cameriera che passa tra i tavoli a rabboccare le tazze di quello che viene chiamato caffè (e che per noi italiani non è degno di tale nome!) e alcuni avventori che mangiano seduti direttamente al bancone, leggendo le ultime notizie o chiacchierando fra loro…sentite i profumi? Il pane tostato, la pancetta sfrigolante, le uova strapazzate…



UOVA STRAPAZZATE (2 porzioni)


2/3 uova 
burro, sale e pepe

Esistono diverse tecniche per preparare le uova strapazzate, tutte sicuramente affidabili, ma l'importante è non dare per scontato il risultato finale, che deve essere cremoso, morbido e gonfio. La cottura delle uova strapazzate a bagnomaria (o alla francese) permette di tenere sotto controllo in maniera più agevole la temperatura e di scongiurare eventuali grumi dovuti alla parziale coagulazione dell'uovo. Per i più esperti è invece possibile cuocerle in padella sulla fiamma diretta. Io prediligo la prima soluzione. Rompete le uova in una ciotola e sbattetele brevemente con una forchetta per amalgamare tuorli e albume. Tagliate il burro a dadini e unitelo alle uova con una presa di sale.  Scaldate pochissimo una padella o, ancora meglio, posizionatela in una padella più grande contenente acqua calda in modo da effettuare una cottura a bagnomaria. Aggiungete le uova e mescolate lentamente con un cucchiaio di legno, fino a che il composto inizia a rapprendersi.
Proseguite la cottura, sempre mescolando, fino a che le uova diventano opache e risultano cotte, ma non asciutte. Servitele subito nel loro pentolino, ben calde, e, se vi piace, spolverizzate con una macinata di pepe. Solitamente vengono accompagnate da due o tre fettine di bacon, scaldato in una padella a fiamma viva, finché diventa dorato e croccante, e pane tostato. C’è chi, invece, le consuma con formaggio, prosciutto o verdura….scegliete voi l’abbinamento che più vi piace ma per favore se bevete anche il caffè bevete quello vero, altrimenti chiamatelo “bevanda calda all’aroma di caffè”!!!!!


15/11/2017

COTTAGE, COTTAGE PIE E INDAGINI PER AGATHA RAISIN




Marion Gibson, nata McChesney, scozzese classe 1936, inizia a lavorare come libraia, poi diventa giornalista, prima di moda e poi di cronaca nera. Dopo aver vissuto negli Stati Uniti, torna in patria e inizia a scrivere romanzi rosa e gialli, utilizzando diversi pseudonimi. Con uno di questi, M.C. Beaton, ha scritto finora una trentina di thriller con protagonista Agatha Raisin, una cinquantenne “tosta”, dal carattere difficile, attiva e spesso prepotente, abituata a gestire con rigore una società di PR a Londra. Quando decide di cambiare vita, vende la sua azienda e acquista un cottage nei Cotswolds, un'incantevole zona collinare nel cuore dell’Inghilterra. Dovrebbe essere una svolta positiva, l’occasione per riprendere in mano la sua vita e godersi il meritato riposo dopo anni di lavoro e sacrifici ma Agatha si rende presto conto che la tranquilla vita di campagna non fa per lei. Non conosce nessuno e gli abitanti del paesino in cui si è trasferita sembrano estremamente ostili nei confronti dei forestieri, in particolare se provenienti dalla metropoli. Come fare? In che modo può guadagnarsi stima e rispetto o almeno attenzione?!? Semplice: partecipando a una classica gara culinaria! Già...però Agatha non sa cucinare! E quindi?!? Va a Londra e acquista una quiche per vincere il concorso e diventare popolare...ma niente va come deve…peggio ancora…la sua quiche è avvelenata e il giudice di gara muore dopo averla mangiata! Ben presto Agatha si renderà conto che la sua frenetica vita londinese non era nulla a confronto con gli intrighi di un paese di campagna. Tutti nascondono qualcosa e la nostra eroina si ritroverà a investigare per risolvere il mistero e trovare il colpevole. Sì, perché solo una cosa è certa: l'assassina non è lei!! Fra scatoloni ancora da disfare e indagini da portare avanti, Agatha si rifugia spesso nel pub del paese, dove si siede in un angolo tranquillo e cerca di mettere ordine nei suoi pensieri. Come? Mangiando voracemente il tipico e gustoso cottage pie, un sostanzioso pasticcio di carne e patate, accompagnato da un bel bicchiere di vino. Io ve lo propongo nella versione originale, senza alleggerirlo in alcun modo…altrimenti non rispetterei i gusti di Agatha Raisin e questo sarebbe davvero imperdonabile!

Cottage pie (pasticcio di carne e patate)

Ingredienti per 4 persone:
560 gr. di carne bovina macinata 
4 rametti di timo fresco
4 dl di brodo di carne
olio evo, sale e pepe q.b.
120 gr. di burro
3/4 scalogni
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
1 bicchiere di vino rosso
salsa Worchestershire q.b.
600/700 gr. di patate (adatte per il purè)
125 ml di panna liquida

Scaldate una padella, versate un po' di olio e rosolate la carne macinata per 5/10 minuti. Fatelo aggiungendo la carne poca alla volta per cuocerla meglio. In un altro tegame a fuoco dolce fate rosolare lo scalogno tritato e il timo per 2/3 minuti. Unite il concentrato di pomodoro sciolto in poca acqua, cuocete ancora un minuto, e poi mettete nel tegame anche la carne. Deglassate la padella usata per cuocere la carne con il vino rosso, sciogliendo bene i succhi prodotti in cottura. Cuocete alcuni minuti o comunque fino a quando il vino sarà ridotto alla metà. Versate il vino e il brodo nel tegame con la carne e fate cuocere per 45 minuti, dovrete ottenere una preparazione morbida ma non troppo bagnata.  Aggiustate di sale e pepe condite con qualche spruzzo di salsa Worcestershire, e tenete in caldo.  Lessate le patate e preriscaldate il grill. Riducete le patate calde in purè usando uno schiacciapatate o il passaverdura, aggiungete il burro e la panna e sbattete per ottenere un composto omogeneo. Aggiustate di sale e pepe. Versate il composto a base di carne in una pirofila e distribuitevi sopra il composto di patate. Passate sotto il grill per 8/10 minuti, o comunque fino a quando si sarà formata una bella crosticina croccante.  Servite subito ben caldo con un bel bicchiere di vino rosso. Suggerimenti? Gustatelo lentamente, assaporandolo, magari in compagnia di amici: molto meglio che da soli nell’angolo di un pub!




08/11/2017

CRIMINI E RICETTE PER NERO WOLFE


Rex Todhunter Stout (1886-1975) è stato uno scrittore statunitense capace di unificare due fra i generi, tradizionalmente separati, della narrativa poliziesca: il giallo d’azione americano (hard boiled) e il più intellettuale giallo all’inglese (giallo deduttivo). Questi due aspetti si incarnano nei suoi personaggi più famosi, Nero Wolfe e Archie Goodwin.  Fra le pagine del mio blog Nero Wolfe, unico nel suo genere, non poteva assolutamente mancare. Intelligente ed infallibile investigatore privato, appassionato di orchidee, burbero, pigro, gran bevitore di birra e soprattutto eccellente cuoco e gourmet con un grande appetito e un palato estremamente esigente. Per lui lavorare è necessario solo per mantenere il suo alto tenore di vita. Nella sua mente non è neppure lontanamente pensabile saltare un pasto o concedersene uno veloce (o peggio ancora mediocre!) per “buttarsi” nelle indagini, anzi! Solo dopo aver gustato uno dei raffinati e abbondanti pranzi preparati dal suo cuoco personale, Fritz Brenner, si può dedicare all’analisi dei fatti per poi arrivare al colpevole.  Spesso è lo stesso Wolfe che si mette ai fornelli o dà indicazioni a Brenner per la realizzazione di uno o più piatti. E Archie Goodwin, suo fidato collaboratore e "io narrante" dei libri di Stout, deve adeguarsi e gustare a sua volta i vari manicaretti che escono dalla cucina della casa di Manhattan. Nei tanti romanzi che vedono come protagonista Nero Wolfe ci sono talmente tanti riferimenti al cibo ed alla cucina, che lo stesso Stout ha scelto, agli inizi degli anni Settanta, di dedicare al suo personaggio un libro, un vero e proprio manuale culinario che ci porta nell’eccentrico mondo dell’arguto investigatore, fatto di “Crimini e ricette”, che è appunto il titolo di questo scritto.  Ho letto e apprezzato diversi libri di Stout e credo che tantissimi appassionati del genere ne abbiano letto almeno uno. 
Ma ancora di più sono sicuramente coloro che hanno seguito le tante trasposizioni per la TV, a partire da quella più famosa trasmessa fra il 1969 e il 1971, con Tino Buazzelli, nei panni di Wolfe, e Paolo Ferrari, in quelli di Goodwin, fino alla più recente del 2012 con Francesco Pannofino e Pietro Sermonti. Devo essere sincera: ho letto tutte le ricette del libro e non ho la più pallida idea di quale possa essere quella che più rappresenta Wolfe…. Per non impazzire ho scelto quelle che lui chiama “brioches” e che mangia a colazione….. secondo me sono una sorta di piccoli panini al latte….a voi l’ardua sentenza!!!



Brioches alla Fritz
500 gr di farina 00 setacciata
1 cubetto di lievito di birra
100 ml di latte
1 pizzico di sale
2 cucchiai di zucchero
200 gr di burro morbido
2 uova (+ 1 tuorlo per spennellare)


Sciogliete il lievito nel latte intiepidito. Disponete la farina a fontana, versate il lievito, le uova, lo zucchero, il sale e il burro a pezzetti. Impastate amalgamando bene tutti gli ingredienti. Lavorate la pasta per 15/20 minuti, sollevandola e sbattendola più volte sul piano di lavoro, fino a renderla liscia ed elastica. Mettetela a lievitare in un luogo tiepido, per 30 minuti, coperta da un telo. Riprendete l’impasto, lavoratelo ancora un po’ e poi riponetelo in un contenitore capiente (lo deve riempire per un terzo). Copritelo con un panno umido e lasciatelo riposare nella parte meno fredda del frigorifero per 12 ore. 
Passato questo tempo, tagliate l’impasto in pezzi sufficienti a riempire fino a metà altezza degli stampi da brioches, meglio se scanalati (tenendo da parte abbastanza pasta per le palline da porre sulla sommità delle brioches). Modellate delle palle di pasta, mettetele negli stampi imburrati e incidetevi una croce in cima. Ricavate delle palline più piccole dalla pasta tenuta da parte e infilatene una in ogni apertura a croce. Lasciate lievitare a temperatura costante (25/30°) e al riparo dalle correnti d’aria per un’altra ora. Spennellate la superficie della pasta con il tuorlo battuto al momento di metterla in forno preriscaldato a 180°. (Se si fa in anticipo il velo di uovo si può screpolare). Cuocete per 15/20 minuti finché le brioches saranno belle dorate e servitele tiepide. E mi raccomando perché Wolfe non transige: si consumano a colazione con uova, formaggio e prosciutto o con burro e marmellata, accompagnate da una o due tazze di cioccolata calda… secondo lui è l’unico modo per cominciare bene la giornata….e se lo dice Nero Wolfe potete fidarvi, anzi dovete!!!!








01/11/2017

GLI SPÄTZLE DEL COMMISSARIO KLUFTINGER


Dopo aver approcciato i gialli tedeschi di Brigitte Glaser, ho voluto cercare altri autori editi da Emons-gialli tedeschi e mi sono imbattuta in “Spiccioli per il latte”. Già dalla copertina ho capito che si trattava di qualcosa di originale: il faccione di una mucca che ti guarda, il titolo che non fa minimamente pensare ad un libro giallo e come autore K&K.  ...preso!! Ho scoperto poi che si tratta della firma di Volker Klüpfel  e Michael Kobr, rispettivamente classe 1971 e 1973, soprannominati K&K appunto. Il primo è un giornalista e vive ad Augusta, mentre il secondo è un insegnante e vive in Algovia, zona meridionale della Baviera.  Ed è proprio in mezzo allo scenario incantato di questa regione, circondato da prati, montagne e animali al pascolo, che vive e lavora il commissario Kluftinger. Pacificamente abitudinario, tendente al tirchio, goloso, pantofolaio, apparentemente burbero e sempliciotto ma in realtà attento e scaltro, il commissario è una figura davvero spassosa che ti accompagna piacevolmente dalla prima all’ultima pagina.  Il libro inizia con
Kluftinger che si appresta ad affrontare i due avvenimenti importanti dei suoi lunedì: gustare il suo piatto preferito, gli spätzle alle cipolle preparati da sua moglie Erika, e, controvoglia e costretto dalla consorte, partecipare alle prove della banda del paese, in cui suona la grancassa. Ma oggi è un lunedì in cui tutto va storto: la sua segretaria lo chiama per dirgli che il chimico alimentare del caseificio del paese è stato ucciso e  il nostro commissario deve rinunciare alla sua amata routine per buttarsi a capofitto nelle indagini. Coadiuvato da una squadra originale e sgangherata quanto lui, nonostante i mille buffi imprevisti e i tanti colpi di scena, Kluftinger riuscirà a chiudere il caso e a tornare alla normalità….almeno fino al prossimo delitto.  “Spiccioli per il latte” è il primo libro di una serie che ha fatto impazzire i lettori tedeschi e reso i suoi autori “la coppia di scrittori più venduta del Paese”. Al momento è l’unico pubblicato in Italia e spero arrivino presto anche gli altri perché so già che li leggerò volentieri.Come avrete ormai capito la ricetta di oggi è quella degli spätzle bavaresi alle cipolle!


SPÄTZLE BIANCHI ALL’EMMENTALER E CIPOLLA DORATA

Ingredienti (2 persone):

-130 g farina 0;
-1 presa sale;
-noce moscata;
-1 uovo grande;
-70 ml acqua;
-burro;
-100 g Emmentaler DOP ;
-1 cipolla dorata (circa 60 g);
-1 mestolo d’acqua;
-1 cucchiaio colmo zucchero di canna;
-pepe;
-olio d’oliva.

Mettete una pentola d’acqua a bollire e accendete il forno a 180°. Con una grattugia dai fori larghi grattugiate l’Emmentaler DOP e tenete da parte. Sbattete leggermente l’uovo ed unitelo agli ingredienti secchi, quindi versate pian piano l’acqua e mescolate il tutto con una frusta. Salate l’acqua e preparate sopra alla pentola l’apposito attrezzo per gli spätzle. Versate all’interno del contenitore metà impasto, quindi fatelo scivolare pian piano avanti ed indietro, facendo cadere delle gocce di impasto nell’acqua finché sarà terminato. Scolate con una schiumarola e metteteli in una teglia unta con del burro o in piccole cocotte monoporzione e distribuitevi sopra metà dell’Emmentaler DOP. Procedete in egual maniera con il resto dell’impasto, e coprite sempre con il formaggio, ed una spolverata di pepe, quindi infornate.  
 In una ciotola unite la farina, il sale e qualche grattugiata di noce moscata.
Pulite e tagliate a fette sottili la cipolla, versate un filo d’olio in un padellino e fatela rosolare per un minuto, quindi versatevi un mestolo d’acqua (io quella di cottura degli spätzle) e lasciate ammorbidire a fuoco lento, finché non diventa traslucida. Unite il cucchiaio di zucchero di canna (ed un cucchiaio d’acqua se si è asciugata troppo) e lasciate caramellare per un paio di minuti. Accendete il grill superiore del forno. Prelevate la teglia (o le cocotte) con gli spätzle, adagiatevi sopra le cipolle e fate dorare il tutto sotto al grill per 3-4 minuti. Macinatevi sopra ancora del pepe nero e servite caldo e sfrigolante!
Kluftinger li mangia ogni lunedì ma non fatevi condizionare: sono buoni in qualsiasi giorno della settimana!